La profezia di Francesco non si rivela solamente in ciò che quotidianamente ci dice, ma emerge soprattutto nel fatto che il papa non smette di parlare. Evidentemente è cosciente di vivere in un’esposizione costante, che riserva ai suoi pronunciamenti l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, divisa tra assensi incondizionati, feroci dissensi o mute, maggioritarie, paludi indifferenti o opportuniste.
Decide di comportarsi secondo l’ispirazione della sua biografia, con le sue grandezze e i suoi limiti, e appare così agli occhi di molti come un originale e indisciplinato latino-americano.
Credo, però, che questa apparente disattenzione agli esiti delle sue frequenti esternazioni, al contrario, attacchi intenzionalmente e deliberatamente la fissità dogmatica e dottrinale delle teologie malate, che poco o niente riescono a dire agli uomini e alle donne di oggi, in questo tempo di crisi.
È frutto della Provvidenza dello Spirito la lotta di papa Francesco, che pare intendere i segni dei tempi e la crisi di un edificio millenario che ormai fa acqua da tutte le parti. E sceglie di affrontare la crisi della civilizzazione occidentale – e del cristianesimo con cui l’Occidente è tessuto – con la radicalità resa necessaria dalle tensioni teologiche e politiche che segnano questa stagione della storia.
Egli si comporta come se non fosse papa, come se non fosse un Capo di Stato, come se non esistesse la Curia. Con il suo comportamento si rifiuta di ripetere il copione secolare del pezzo fondamentale dell’ingranaggio istituzionale, sempre più distante dal Vangelo di Gesù.
Le cose, però non sono così semplici e la dialettica carisma-istituzione continua e continuerà ad accompagnare il cammino dei credenti.
È ovvio che i meccanismi ecclesiastici condizionano Francesco insieme ai nemici tradizionalisti che lo perseguitano. La contraddizione è inevitabilmente presente nella sua vita: non vive come un sovrano, ma, in contromano rispetto al cammino sinodale, è condotto a comportarsi come un sovrano monarchico, assoluto, solitario, indiscutibile. Il più delle volte vince la libertà carismatica, ma il peso dell’istituzione si fa sentire sempre, perché – che ci piaccia o no – è un aspetto ontologico costitutivo nella vita della Chiesa.
Avevamo, però, certamente bisogno, dopo la stagione di Giovanni XXIII e del Concilio, superata dalle successive restaurazioni, di una primavera carismatica. Ma, appunto, come per Francesco di Assisi, che ispira Giorgio Bergoglio, questa primavera del carisma, prima o poi si spegne, regolata dai canoni del diritto canonico e dalle reinterpretazioni moderate, ma sempre traditrici, degli stessi discepoli del carismatico, che, come il Santo di Assisi, vede tramontare e morire la profezia prima della sua stessa morte.
Può sfiorire la profezia, ma per chi legge la storia a partire dalla Croce, resta comunque la chiamata a comporre minoranze abramitiche, che, guidate dall’Agape, nonostante la loro piccolezza e irrilevanza, affrontano e vincono martirialmente gli inferni della storia.
Ringraziamo lo Spirito Santo per il dono di questo papa, come per tutti i papi del XX secolo. Papa Francesco dovrebbe però applicare la misericordia (continuamente citata) a tutte le persone. Non approvo il suo modo poco pastorale versi i preti, specialmente della sua diocesi. Non ha perso l’abitudine da Superiore religioso. Non sempre le persone che provengono da ordini religiosi hanno la mentalità adeguata per essere veri pastori a livello diocesano. Comunque i papi passano ma Cristo rimane.
Certamente papa Francesco è una figura che non passa inosservata.
Certamente se ne parlerà a lungo.
Senza dubbio ha fatto emergere tutta una serie di contraddizioni che i papati precedenti, più accorti e controllati, avevano tenuto sotto controllo.
Forse è un bene.
Forse, finalmente, si fa chiarezza.
Certamente la sua spontaneità, se fosse realmente tale, dovrebbe fare a meno del potere e della forza della legge.
Potere e legge che egli usa con decisione come e quando vuole.
Siamo sicuri che i tradizionalisti lo perseguitino?
A me pare il contrario.
Lui è il persecutore.
Quando parla sembra di sentire la Meloni.
Comanda e fa finta di essere all’opposizione.
Pazienza.
Auguro alla chiesa 100 di questi papi. Gloria a Dio per avercelo mandato. L’istituzione non è riuscita a spegnere in Bergoglio la sua attenzione per i discriminati. Grazie a lui termina la secolare demonizzazione dei gay.