A lato di un evento come la solenne riapertura della Basilica di Notre Dame a Parigi, carico di grande forza simbolica, storica e religiosa, si è sviluppata una marginale polemica circa l’assenza di papa Francesco all’evento (cf. qui e qui su SettimanaNews).
Dissenso di scarsa consistenza perché l’assenza era stata annunciata agli interessati in tempi non sospetti e sempre motivata dall’opportunità di non togliere centralità alla cattedrale e al suo rilievo per la storia del Paese e della Chiesa transalpina. Un collaboratore del pontefice me lo faceva notare già nel maggio scorso. E lo stesso vescovo di Parigi, mons. Laurent Ulrich, l’ha ricordato in un’intervista: «Per dirvela tutta lo sapevo già da tempo».
Anche il nunzio, mons. Celestino Migliore, lo ha ripetuto in un’intervista a Vatican News: «Lo abbiamo detto e ripetuto più volte, ma evidentemente il messaggio non è stato compreso. Alcuni sostengono che il papa non ami la Francia. Forse questo può far vendere sui giornali, ma non risponde alla verità […]. Se il santo padre fosse venuto a Parigi per l’inaugurazione, sarebbe stato lui il protagonista di quella giornata. Egli desidera che la protagonista sia Notre Dame […] il papa vuole che sia il vescovo del luogo a presiedere e celebrare questo grande evento».
Salutando i vescovi francesi in assemblea nello scorso novembre il papa, tramite il segretario di stato, card. Pietro Parolin, li invitava a essere forti delle ricchezze e delle esperienze del passato e pronti ad accogliere, senza paura, i segni dallo Spirito per affrontare le nuove sfide. Proprio la riapertura della cattedrale diventava immagine di una Chiesa forte della sua fede, orgogliosa della sua storia e del suo insostituibile contributo alla costruzione del Paese. Per questo chiamata a rinnovare l’annuncio della buona notizia di salvezza.
E il nunzio sottolineava il giudizio di coraggio e creatività che Francesco riserva alla Chiesa francese: «Sa che non ci sono solo abusi o una diminuzione della frequenza alla messa domenicale, ma anche ciò che i teologi hanno riassunto in due parole: il passaggio dal controllo alla generazione di nuova vita di fede. Se il controllo, l’inquadramento dei cattolici, oggi, in termini statistici, è molto più debole, la generazione è davvero viva».
Quanto alla prossima visita del papa in Corsica per chiudere il congresso sulla pietà popolare, essa risponde a un’altra logica: valorizzare la pietà popolare in ordine alla trasmissione della fede. E inoltre è coerente con l’indirizzo che il vescovo di Parigi così indica: «Andare dove non sono andati i suoi predecessori, vale a dire nei Paesi piccoli, Paesi dove ci sono pochi cristiani o pochi cattolici, dove vi sono situazioni difficili di guerra, di guerre civili, di tensioni interne e internazionali. Il papa vuole essere presente nelle situazioni difficili nel mondo».
Alquanto cestino i commenti precedenti, se Kamar avesse letto l’articolo di Lorenzo Prezzi capirebbe che la chiesa locale (intesa come gruppo di credenti) e non il loro luogo di ritrovo è il Corpo di Cristo, ben più importante, ben più importante del Pontefice che avrebbe catalizzato su di sé l’evento. Per Gian Piero non ho parole: non sa che la festa liturgica dell’immacolata prevale sull’Avvento e quindi anche i suoi paramenti viola lasciano il posto al candore (bianco) e ai colori della festa dell’Immacolata? Mi pare che sia il caso che rifletta su chi è il pagliaccio, zar invece è colui che non conosce queste cose e le strumentalizza solo per fare polemiche.
Aria fritta. Bergoglio se ne infischia dell’Europa. Visto che si occupa essenzialmente di politica (di sinistra) avrebbe ben potuto sforzarsi di recarsi in Francia, dove fortunatamente e nonostante tutto i Cattolici esistono e resitono.
La presenza del Papa sarebbe stata un bellissimo e importante segno. Non è che il Papa non ami la Francia, come ha osservato il Nunzio: in verità lui non ama affatto l’Europa!
Bravo Gian Piero! I paramenti dei celebranti erano vistosamente pacchiani, quasi arlecchineschi, ma anche al papa fanno indossare pivialoni pacchiani.
Tuttavia, Gian Piero, non credo che c’entri l’influenza del presidente Macron nel determinare la “linea” della moda liturgica dell’occasione; Macron è un poupon (bamboccio) più preoccupato della sua immagine che dei paramenti liturgici, e francamente credo che di quel rito non abbia capito una beata fava, ma c’era, era lì, accanto a Trump, a raccogliere il suo moment de gloire. Del resto, Notre-Dame de Paris ne ha visti di orrori in quasi sette secoli di vita!
Nessun complotto massonico dietro gli orrendi paramenti liturgici, bensì cattivo gusto, desiderio di sorprendere, inutile scialo di denaro dei fedeli, o forse voglia di strappare un sorriso amaro per compensare la forte emozione nel ritrovare Notre-Dame, rinata dalle ceneri per resistere nei secoli alla stupidità umana.
Snobbare la riapertura di Notre Dame nello specifico giorno di 8 Dicembre, e’ una mancanza che la dice lunga sul marxismo di bergoglio.
Il colore dei paramenti dell’ Avvento sono violetti.
Perche’ a Notre- Dame i celebranti erano vestiti da pagliacci con colori orribili e squillanti ? Possibile che si siano piegati ai diktat di Macron e della cricca massonica ?