Se il discorso di papa Francesco al corpo diplomatico del 2018 privilegiava la memoria della Carta dei diritti fondamentali dell’uomo e quello del 2019 invitava a riprendere la via del dialogo diplomatico (multilateralismo) rispetto alla logica della forza, quello di quest’anno (9 gennaio 2020) è strutturato attorno ai viaggi apostolici. Una rete narrativa (Panama; Emirati Arabi; Marocco; Bulgaria – Macedonia; Romania; Mozambico – Madagascar – MaurizIo; Thailandia – Giappone) che permette di rilevare i punti critici e prospettici della vita internazionale.
Più teologia e più diplomazia
A partire da eventi ecclesiali che incrociano e alimentano la dimensione politica e istituzionale. È il caso del «patto educativo globale» (il prossimo maggio) e il documento sulla fratellanza umana, sottoscritto ad Abu Dhabi (4 febbraio 2029).
’incontro coi giovani a Panama in occasione della giornata mondiale della gioventù apre la considerazione del ruolo pubblico delle nuove generazioni e di un’alleanza educativa fra istituzioni, personalità mondiali e correnti di pensiero «per superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna». Un processo che unifichi esperienze di vita e apprendimento per una rinnovata solidarietà intergenerazionale.
Il caso “politico” è quello della sensibilità ecologica. I giovani ci impongono «di proteggere la nostra casa comune», sia davanti ai fallimenti (Conferenza sul cambiamento climatico, Madrid 2-13 dicembre 2019), sia alla rinnovata coscienza di una conversione ecologica (sinodo sull’Amazzonia, Roma 6-27 ottobre 2019).
Il documento di Abu Dhabi costituisce una denuncia del fondamentalismo religioso e sviluppa il tema della cittadinanza che, nei territori islamici, è ancora fragile. In particolare là dove si utilizza in forma discriminatoria il riferimento alle minoranze come popolazioni o gruppi religiosi che non hanno i pieni diritti civili. Connesso a questo la conferma, attraverso l’appello congiunto con il re del Marocco, Mohammed VI, in cui si ripete la vocazione di Gerusalemme ad essere una (non divisa) e sacra alle religioni monoteiste.
Conflitti congelati e aperti
Proseguendo nella ricognizione dei viaggi, si colgono i punti critici nei vari contesti mondiali. Anzitutto il moltiplicarsi di «crisi politiche in un crescente numero di paesi del continente americano, con tensioni e insolite forme di violenza che acuiscono conflitti sociali e generano gravi conseguenze socio-economiche e umanitarie». Il riferimento obbligato è il Venezuela.
Altri focolai pericolosi sono la Siria, lo Yemen e la Libia. Nell’ambito dei territori caucasici e balcanici si indicano i «conflitti congelati» che attendono soluzione, a partire dalla Georgia. Anche l’Ucraina attende la pace nelle sue aree orientali.
Segni di speranza nel contesto africano: dal Mozambico al Madagascar, da Mauritius alla Repubblica Centroafricana. Senza ignorare le violenze fondamentaliste in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria.
Il papa esprime la speranza di un viaggio in Sud Sudan assieme all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e al moderatore presbiteriano scozzese, John Chalmers. Un modo originale di svolgere un primato petrino nel contesto cristiano.
Le potenze e i protagonisti multilaterali
Non espressamente indicati i grandi poteri. Per gli USA vi è un cenno all’attuale tensione con l’Iran, mentre si tace della Russia (potenza militare ma non economica) e alla Cina. Emergono, per contrasto, i riferimenti a due protagonisti oggi in difficoltà: da un lato l’Europa e dall’altro l’ONU. Come a sottolineare il ruolo delle istituzioni che non rinunciano al multilateralismo.
L’Europa è onorata in ragione dell’azione del Consiglio d’Europa sui diritti umani e dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) che è stata importante per superare senza guerre la divisione del continente europeo. Ma più in generale si sottolinea l’importanza del progetto europeo. Esso «continua ad essere una fondamentale garanzia di sviluppo per chi ne fa parte da tempo e un’opportunità di pace, dopo turbolenti conflitti e lacerazioni, per quei paesi che ambiscono a parteciparvi.
L’Europa non perda, dunque, il senso di solidarietà che, per secoli, l’ha contraddistinta, anche nei momenti più difficili della sua storia. Non perda quello spirito che affonda le sue radici, tra l’altro, nella pietas romana e nella caritas cristiana».
L’ONU festeggerà il 75° di fondazione. Le sue finalità rimangono ancora valide. Tre le sottolineature specifiche. Anzitutto, l’uguale dignità degli stati e la sollecitazione a non annullare con i “nuovi diritti” quelli riconosciuti dalla Carta del 1948 e a non nascondere in formulazioni fumose (come i “diritti riproduttivi”) orientamenti estranei all’ethos di molti popoli. «Il tale contesto appare urgente riprendere il percorso verso una complessiva riforma del sistema multilaterale, a partire dal sistema onusiano, che lo renda più efficace, tenendo in debita considerazione l’attuale contesto geo-politico».
Infine, due sottolineature.
La prima è relativa al riconoscimento dei diritti verso gli sfollati interni ai singoli paesi. «Il risultato è che gli sfollati interni non ricevono sempre la protezione che meritano».
La seconda è la riaffermazione di operare per un mondo senza armi nucleari. Non è il loro possesso a rendere il mondo più sicuro, è la loro assenza. «Il 2020 offre un’opportunità importante in questa direzione, perché dal 27 aprile al 22 maggio si svolgerà a New York la 10ª conferenza d’esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari».