Lascio a voci più autorevoli considerazioni complessive sulla visita di papa Francesco a Milano, che sicuramente ha avuto un impatto sulla città e sulla chiesa milanese davvero significativo. Io vorrei raccogliere uno spunto sul filo della “storia degli effetti” che è un criterio interessante per valutare gli eventi.
Di ricadute, da parte dei miei parrocchiani, ne ho raccolte davvero tante, e quello che mi ha colpito è che, per tutti, l’incontro con Francesco «ha dato da pensare», ha lasciato una traccia, qualche domanda e qualche spunto di riflessione e non solo un semplice stato di benessere. Tra tutti i racconti ne scelgo uno che mi è parso emblematico.
Mamma, perché piangi?
T. è andata allo stadio con le sue due bambine, insieme a tutti i ragazzi del catechismo. Sta vivendo un momento difficile in famiglia a causa di una separazione in atto. La ferita è del tutto aperta. E mi dice: «Mentre ascoltavo papa Francesco non ho potuto trattenere le lacrime. Quando parlava del dolore che i bambini patiscono quando i genitori litigano, quando parlava di come è importante che i genitori giochino con i loro figli, io mi sono sentita venir fuori tutto il dolore di questi giorni. Tenevo in braccio C. la mia più grande che mi ha chiesto: “Mamma, perché piangi?”. Non sapevo cosa dirle. Non era solo dolore, era anche la sensazione di sentirsi capita, accolta da quelle parole, che non mi giudicavano, che sapevano leggere dall’interno il mio dolore. Sono tornata a casa felice e più leggera. Ecco, mi sento così: più leggera ma anche più responsabile».
Sono le parole quasi letterali – perché mi sono rimaste incise nella mente – del frutto di questa visita. Più leggeri e più responsabili. Mi pare una bella sintesi. Riuscire a dire cose difficili, ad entrare nel dramma della vita, delle relazioni e dei legami familiari, ma farlo non come chi carica gli altri di pesi impossibili, non moralisticamente, ma con la grazia di chi fa brillare una buona notizia, una possibilità di bene. Perché il Vangelo si comunica così: entrando nel dramma delle ferite della vita e favorendo la speranza di un bene possibile; riconoscendo l’angoscia, i prezzi che si pagano e si fanno pagare per gli errori, il dolore che ferisce i più piccoli e i più fragili; ma, insieme, entrare con fiducia nei drammi, portare una parola di speranza di futuro.
I bambini ci guardano
Vale la pena riascoltare le parole esatte del papa che hanno creato questa esperienza: «I bambini ci guardano, e voi non immaginate l’angoscia che sente un bambino quando i genitori litigano. Soffrono! [applauso] E quando i genitori si separano, il conto lo pagano loro. [applauso] Quando si porta un figlio al mondo, dovete avere coscienza di questo: noi prendiamo la responsabilità di far crescere nella fede questo bambino. Vi aiuterà tanto leggere l’esortazione Amoris laetitia, soprattutto i primi capitoli, sull’amore, il matrimonio, il quarto capitolo che è una davvero una chiave. Ma non dimenticatevi: quando voi litigate, i bambini soffrono e non crescono nella fede. [applauso] I bambini conoscono le nostre gioie, le nostre tristezze e preoccupazioni. Riescono a captare tutto, si accorgono di tutto e, dato che sono molto, molto intuitivi, ricavano le loro conclusioni e i loro insegnamenti. Sanno quando facciamo loro delle trappole e quando no. Lo sanno. Sono furbissimi. Perciò, una delle prime cose che vi direi è: abbiate cura di loro, abbiate cura del loro cuore, della loro gioia, della loro speranza. Gli “occhietti” dei vostri figli via via memorizzano e leggono con il cuore come la fede è una delle migliori eredità che avete ricevuto dai vostri genitori e dai vostri avi. Se ne accorgono. E, se voi date la fede e la vivete bene, c’è la trasmissione. Mostrare loro come la fede ci aiuta ad andare avanti, ad affrontare tanti drammi che abbiamo, non con un atteggiamento pessimista ma fiducioso, questa è la migliore testimonianza che possiamo dare loro. C’è un modo di dire: “Le parole se le porta il vento”, ma quello che si semina nella memoria, nel cuore, rimane per sempre».
Lo stesso effetto lo potremmo rileggere anche nelle parole che papa Francesco ha rivolto ai sacerdoti e alle religiose nel duomo di Milano, quando è entrato nel «dramma» della vita pastorale con le sue fatiche, o nel «dramma» che vivono molte famiglie religiose che vedono diminuire le forze. Senza nascondersi davanti ai problemi, le parole del papa sono state di incoraggiamento e di sprone, a non scoraggiarsi, a vivere con fiducia, certi che il bene anche se piccolo, proprio se fragile, è come il lievito nella pasta, come il sale della vita. Più leggeri e più responsabili!
Stanchezza e vigore
La credibilità delle sue parole mi sembra strettamente legata alla coerenza esistenziale che la sua figura è capace di trasmettere. Lo abbiamo potuto vedere nell’insieme stesso di questa visita. È stato un tour de force impensabile per un uomo di ottant’anni! Ad un certo punto, all’inizio della messa nel parco di Monza si vedeva nettamente l’affaticamento dell’uomo, che quasi non aveva più voce. Ma poi, sorprendentemente, lo si è anche visto riprendere forza, ritrovare vigore, come durante l’omelia e soprattutto a San Siro con i ragazzi.
Non c’è dubbio che sembrava trovarsi a suo agio più nelle situazioni meno formali, come nelle case minime che ha visitato o tra i ragazzi allo stadio. Ma anche questo ha colpito: la sua capacità di umanizzare anche i momenti più formali, di annullare le distanze. Sono particolari, ma sono significativi; come quando per due volte – in duomo e con i ragazzi – ha candidamente dichiarato che le domande lui le aveva già ricevute prima! Perché la formula domande e risposte, in raduni come questi, ha qualcosa di contraddittorio: si vorrebbe un dialogo, ma tutto sembra già scritto prima! Ed invece, con un pizzico di ironia e di disarmata sincerità, ecco che è riuscito a rendere familiare e diretto un dialogo che poteva essere ingessato dai protocolli e dalle forme.
Anche da questi particolari abbiamo potuto vedere in atto come vivere con leggerezza e familiarità la fatica di un viaggio certamente gravoso e difficile. Quasi una parabola: perché nella vita i pesi bisogna portarli, non ci si deve sottrarre alle fatiche; ma nel farlo serve grazia e stile, serve anche quella leggerezza che rende lieti anche e proprio nei drammi della vita. Anche così il «carico è dolce e il giogo leggero»: una pagina di Vangelo in presa diretta.