Riprendiamo il quarto contributo (aprile 2022) della rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata su Settimana News.
Un ulteriore aspetto della nuova cultura che contraddistingue gli scenari contemporanei riguarda la rapidità con quale essa si è imposta nell’esistenza dei singoli e della collettività.
Rapidación
Per attirare l’attenzione sul tema, papa Francesco non teme di utilizzare un neologismo spagnolo particolarmente efficace: la «rapidación». Ecco le sue parole:
«La continua accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta si unisce oggi all’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro, in quella che in spagnolo alcuni chiamano “rapidación” (rapidizzazione). Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei sistemi complessi, la velocità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica. A ciò si aggiunge il problema che gli obiettivi di questo cambiamento veloce e costante non necessariamente sono orientati al bene comune e a uno sviluppo umano, sostenibile e integrale. Il cambiamento è qualcosa di auspicabile, ma diventa preoccupante quando si muta in deterioramento del mondo e della qualità della vita di gran parte dell’umanità» (Laudato si’, 18).
Queste considerazioni sono particolarmente significative nella misura in cui l’opzione Francesco ci chiede come credenti di prende atto del radicalmente cambio d’epoca che ci troviamo a vivere e dei suoi effetti sul nostro impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo.
L’avvento, infatti, delle nuove condizioni di vita che permettono oggi al cittadino medio di godere di un impensato benessere e di un larghissimo esercizio della propria libertà è stato così rapido da trovarlo in qualche misura impreparato e vulnerabile.
Dalla valle di lacrime al paradiso in terra
Giustamente Francesco ricorda la naturale lentezza dell’evoluzione biologica della nostra specie. Oggi ci troviamo, al contrario, dinanzi ad un passaggio, ad un salto: nel giro di pochi decenni, gli occidentali sono passati da una vita breve, sacrificata, frustrata, esposta alle malattie, alla fame, alle guerre, alla povertà e all’ignoranza ad una vita lunga, meno oberata di lavori manuali, ricca di possibili soddisfazioni, in buona salute, sazia, mediamente benestante e addirittura satura di informazioni.
Per usare un’immagine sufficientemente forte si può condensare tutto ciò dicendo che siamo rapidissimamente passati dalla valle di lacrime dei nostri genitori e nonni alla pianura lussureggiante del benessere. Un benessere che trova la sua espressione più eloquente in una libertà di pensiero, decisioni, azioni, godimento, esperienze, viaggi, in una parola di vita e di potenza che non possiamo non salutare come un vero e proprio salto evolutivo della specie. Una conquista per molti aspetti effettivamente mirabile.
Resta il punto delicato dell’impreparazione della specie a un tale «paradiso in terra» che non solo può dare alla testa, con effetti di sbilanciamento, ma che può risultare pure controproducente quando, come diceva prima il papa, non è orientato al bene comune e ad uno sviluppo umano, sostenibile ed integrale. Del resto – ed è qui che la questione diventa urgente per i credenti – chi per primo ha compreso questa nuova condizione umana, con tutti i suoi possibili talloni di Achille, è stato il capitalismo avanzato dei nostri giorni.
- Apparso su Vita pastorale, 4/2022 (www.vitapastorale.it)
La lettura, benché interessante, appare un filino occidentalizzante. C’è un umano che è comune e resiste alla dinamica descritta. Da questo umano bisognerebbe ripartire anche perché è un universale e non un particolare (= lettura occidentalizzante di cui sopra).