Oggi, ancora una volta, devo sopportare un aspetto complicato e non totalmente evangelico del mio carattere, quando, nei confronti di fratelli e sorelle toccati dalla morte ed elogiati, spesso senza restrizioni, dai sopravvissuti, non riesco a dimenticare i tratti, per me difficili da comprendere e da accettare, delle loro biografie.
Non so ancora se questa attitudine è frutto dell’obbedienza dovuta alla verità o, piuttosto, l’esito della durezza del mio cuore, che si chiude alla verità dell’altro. Sicuramente, però, non riesco ad invidiare i semplici che, con facilità, dimenticano e sopravvivono tranquilli e sereni, senza i problemi creati dalla memoria.
Così vi confesso che in quel 19 aprile del 2005, mentre ascoltavo in solitudine la radio che trasmetteva la conclusione del Conclave, esorcizzavo nella preghiera le mie preoccupazioni pessimiste: «che il nuovo Papa non sia Ratzinger. Che lo Spirito ci regali un papa di speranza e di novità evangeliche».
Avevo avvenimenti e argomenti latinoamericani per giustificare un’indiscutibile antipatia, condivisa, in Brasile, negli ambienti ecclesiali fedeli alla profezia di Medellin. Una profonda tristezza invase il mio intimo nel momento stesso in cui fu pronunciato il nome: Iosephum.
Devo, tuttavia, correggere chi potrebbe pensare a sentimenti di rifiuto e di odiosa polarizzazione. Infatti, nonostante le innegabili differenze, anche in relazione allo stile e all’ecclesiologia, tra Benedetto XVI e il suo predecessore, san Giovanni Paolo II, negli ambienti della teologia della liberazione e nei contesti, ben piú ampi, della pastorale della liberazione, non sono mai stati coltivati sentimenti e progetti scismatici.
Malgrado le tensioni e le punizioni della Congregazione per la dottrina della fede, in quei trentatré anni, che definimmo invernali, non abbiamo mai rinunciato a preservare il dono prezioso della comunione ecclesiale, nella ricerca di una spiritualità che sa discernere e insegna a vivere nel conflitto.
Oggi, purtroppo, questo clima è cambiato: ho l’impressione che la dimensione dialogica e conflittuale della verità, che è costitutiva dell’Antico e del Nuovo Testamento, norma normans dell’esegesi, sia sostituita dalla guerra civile che, a diversi livelli, attinge tutte le nazioni dell’Occidente e si riflette nell’ambito della Chiesa cattolica, minacciando l’unico bene divino che dovremmo testimoniare: la verità sempre alleata all’amore fraterno.
È bene ricordare ai fratelli e alle sorelle che continuano a usare indebitamente Benedetto XVI per benedire derive autoritarie – e frequentemente palesemente fasciste – per contrapporsi a papa Francesco, che mai dovremmo perdere il buon senso e la carità nell’eventuale preferenza e difesa di prospettive conservatrici e accettare il dovere di testimoniare il Concilio, per superare definitivamente l’idea di una Chiesa signora della verità, con il potere assoluto degli anatemi e delle condanne.
È riconosciuta da tutti la bontà, la semplicità, l’umiltà, l’affabilità e la capacità di ascolto delle persone da parte di Benedetto, ma queste innegabili e sante virtù non funzionarono nel dibattito ideologico, come se, in questo ambito, si trattasse solo di libri e di biblioteche.
In questo senso, fare memoria degli inquisiti dalla Congregazione per la dottrina della fede è comprendere che non esistono battaglie e guerre che si limitano alle idee, ma che, sempre, nelle condanne, sono coinvolti fratelli e sorelle, con la loro vita, la loro sensibilità, la loro umanità.
Segue un elenco, molto incompleto, di teologhe e di teologi perseguitati: Edward Schillebeeckx, Leonardo Boff, Ivone Gebara, Lavinia Byrne, José María Castillo, Juan Antonio Estrada, György Bulányi, Bernhard Häring, Marciano Vidal, Charles Curran, Thomas Reese, André Guindon, Tissa Balasuriya, Anthony De Mello (post mortem), Jeannine Gramick, Robert Nugent, Roger Haight, Jon Sobrino, Jacques Dupuis, Reinhard Messner, Matthew Fox, Margaret Farley e, insieme ai puniti, anche gli avvertiti e i censurati come Pedro Casaldáliga e il martire Óscar Romero, che dovette aspettare papa Francesco per essere dichiarato “santo”.
Nel 2001, la crudeltà assume aspetti retroattivi: si riesuma il pensiero di Antonio Rosmini (1797-1855) con un documento che non può definirsi di completa riabilitazione e ammissione di un grave errore di giudizio, nel 1854, quando gli fu imposto il silenzio e, nel 1899, quando Leone XIII condannò quaranta tesi dei suoi scritti. Rosmini, nonostante le reticenze della Congregazione per la dottrina della fede, fu beatificato nel 2007.
Bisogna dire che questo elenco è incompleto; infatti, molti altri teologi furono sospesi dall’insegnamento o perdettero la Missio Canonica: sono forse più di cento, nell’America del Nord, America Latina e Asia.
Se, nelle condanne anteriori al Vaticano II, prevaleva la difesa della teologia tomista e neotomista, come nel caso di Rosmini, o nella crociata di san Pio X contro i modernisti, nel caso delle censure postconciliari assume un’importanza non trascurabile l’identificazione del ministero petrino con la teologia elaborata da Joseph Ratzinger, con il rischio, non così remoto, che una sola teologia diventi l’unità di misura dell’ortodossia.
Molti commentano il nucleo agostiniano della sua teologia, radicalmente pessimista, in relazione alla condizione umana e alla storia dell’umanità, ma ho la presuntuosa e un po’ stupida impressione che la radice della crudeltà teologica di Benedetto XVI sia dovuta al valore teologico, quasi dogmatico, attribuito al pensiero greco come parte irrinunciabile della Tradizione cattolica.
È da tale prospettiva che questo papa tesse un’opposizione radicale al processo di de-ellenizzazione che iniziò con l’anti-tomismo occamista e con la Riforma Luterana. Insomma, in questa prospettiva, per essere coerentemente cattolici, non potremmo fuggire dall’identificazione metafisica dell’Essere parmenideo con il Dio della Bibbia.
La mia impressione è, allora, che, al centro delle tensioni teologiche e dottrinali, ci sia un’antica e costitutiva confusione in relazione al concetto di logos che, nella filosofia di Platone e di Aristotele, si identifica con la razionalità, la logica. Altro però è il significato di logos nella Sacra Scrittura. Logos traduce, nei LXX e nel Nuovo Testamento, l’ebraico dabar che è la parola come strumento di comunicazione.
La potenza teologica del logos appare fin dall’inizio, nel libro della Genesi, dove la creazione del mondo nasce dall’obbedienza alla parola divina. Logos, nel Vangelo di Giovanni, si identifica con Dio che si fa umano in Gesù di Nazareth. È Gesù il Logos, la Parola fonte di tutte le parole: parola, che, come le parole umane, non è il riflesso della realtà, ma, al contrario, è la forza creatrice di tutto ciò che esiste e che senza parole non esisterebbe.
È come se la Chiesa, nata a Gerusalemme e ad Antiochia, arrivata rapidamente ad Atene a e Roma, abbia rinunciato, già nei primi secoli, all’opposizione radicale alla razionalità greca (predicata da Paolo) e all’Impero Romano (denunciato da Giovanni).
È, a partire da questi due tradimenti – che diventarono Tradizione – che possiamo capire qualcosa della crisi attuale della Chiesa cattolica.
Condivido con l’articolista l’idiosincrasia per gli epitaffi edulcorati e apprezzo la sua franchezza critica. Tuttavia non posso esimermi dall’osservare che, tra i chiaroscuri del contributo ratzingeriano al pensiero cristiano, splende la sua critica a quello che lui chiamava “tentativo di deellenizzazione” della fede cristiana. Da questo punto di vista, al netto della imperitura e doverosa distinzione tra il dio dei filosofi e quello di Cristo Gesù, va riconosciuto che molte delle stesse pericopi gesuane dei Vangeli sono profondamente ellenizzanti. E questo neanche dovrebbe sorprendere più di tanto perché se è vero che Gesù fu (anche) un ebreo marginale, questa sua marginalità si collocò in quella “Galilea delle genti” che fu di molto più aperta agli influssi ellenistici della Giudea osservante che alla fine decretò la morte del Signore.
Molte grazie. Per quello che posso capire, trovo molto cogliente la prospettiva ellenizzata. Nel ventesimo secolo la lettura della società con categorie filosofiche classiche costituisce un errore, specialmente se disponiamo di chiavi evangeliche. Non usarle è drammaticamente imperdonabile
Cito l’enciclica Spe Salvi di Benedetto XVI:
> Ma non vi è neppure dubbio che Dio entra veramente nelle cose umane solo se non è soltanto da noi pensato, ma se Egli stesso ci viene incontro e ci parla. Per questo la ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa: ragione e fede hanno bisogno l’una dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione.
Credo Benedetto XVI si sia distinto proprio per il suo utilizzo delle chiavi evangeliche e per la sua teologia Cristo-centrica. Non per niente è stato apprezzato anche da alcuni evangelici (posso citare come fonti https://ilc-online.org/2023/01/05/on-the-death-of-benedict-xvi/ o https://lexhampress.com/product/175812/the-theology-of-benedict-xvi-a-protestant-appreciation o altre). Penso di poter riconoscere l’importanza data da Benedetto XVI al pensiero greco però bisogna anche ricordare che egli scrisse la sua dissertazione di laurea su San Bonaventura e che le sue posizioni durante il Concilio Vaticano II erano considerate riformistiche (che non vuol dire progressiste o moderniste, il Papa stesso ci ha insegnato spiegandoci l’ermeneutica della continuità). Insomma, il teologo Joseph Ratzinger non era affatto un purista dell’ellenismo, né lo è divenuto dopo come Papa.
La difesa del cattolicesimo da parte di Benedetto XVI proprio non è mai stata sopportata da alcuni settori della chiesa.
Ora che è morto l’astio e la mancanza di carità vengono fuori.
Benedetto XVI così si trasforma in un tiranno ellenizzante.
Che pena.
Suppongo che per voi la vista di un popolo di fedeli sinceramente affezionato al papa emerito, giunto a Roma per i suoi funerali ,sia stata un orrenda e insopportabile visione. Come ,il “pastore tedesco” da voi cosi’ osteggiato, ha provocato tanto affetto in semplici fedeli? Ma come ,i vostri campioni del progressismo invece stanno antipatici a tutti ? Ma come i fatti non fanno ragione alla vostra ideologia ?
Ma come tutti gli ideologi Ve ne infischiate dei fatti : che il fedele popolo di Dio amasse Benedetto e ami molto meno per non dire per nulla i vostri ineffabili campioni di modernismo,va voi non importa. Tanto come disse Brecht ,se la realta’ smentisce la teoria tanto peggio per la realta’ .
Ho seri dubbi che Benedetto fosse amato, e mi ricordo troppo bene i tempi in cui difendevo le sue decisioni discutendo con i miei coparrocchiani. Sicuramente aveva molte persone che gli volevano bene o lo stimavano, ma in generale molti provavano indifferenza o fastidio verso di lui; è stato un Papa non capito.
Oggi è l’azione impropria impiegata dall’inquisizione in un clima di alta tensione sociale. Alla base della corruzione ecclesiale vigente vi è la forte crisi economica, politica, istituzionale che ne ferisce e colpisce duramente le alte sfere della Chiesa e la popolazione civile in genere, sbriciolando e massacrando così i propri fedeli dall’interno delle Chiese stesse, messi a dura prova di un vile e abuso di potere. Testimoni martiri i molti giovani civili massacrati nelle loro carni. Oggi morti martiri e testimoni di Fede, per me già Santi in questa via della corruzione civile vigente in tutti i territori ecclesiali del planetario …
Carissimo Flavio,
ho ascoltato conferenzieri, durante un festival biblico, che poggiavano le loro argomentazioni, relative all’umano, attingendo, a piene mani, dai miti greci, mi sarei aspettato che almeno facessero un riferimento a Gesù Cristo, ma sono rimasto deluso…
Amici preti, non sopportano che si parli di Gesù Cristo e del vangelo durante viaggi, cene, incontri informali. Sono 2000 anni che siamo con Cristo, ma non siamo ancora sintonizzati con Lui e con la sua gioia. Facciamo fatica ad assumerlo come Unità di Misura di umanità piena. Mi consola il fatto che molte persone semplici focalizzino prima di molti “sapienti” dai molti studi…
Ratzinger sentiva, così vien detto, il compito di difendere la fede dei semplici e per questo ha perseguito da Prefetto della congregazione per la dottrina della fede tanti teologi e non dal pensiero eterodosso. Allora mi domando perché solo all’inizio degli anni duemila Ratzinger (prima da cardinale e poi da papa) ha incominciato la lotta contro la pedofilia nel clero per difendere la fede dei semplici? Perché non ha incominciato tale lotta nel 1981 quando fu nominato Prefetto della congregazione per la dottrina della fede? Penso che la Chiesa e con essa Ratzinger rimase schiava della lotta contro il comunismo e allora tutto passò in secondo piano, però quella Chiesa rocciosa si sta sgretolando di fronte alle urla silenziose degli innocenti. Magari in futuro succederà che qualche prete o teologo eterodosso perseguito da Ratzinger verrà canonizzato da un successore di Ratzinger. Ma questo è già successo in passato. I profeti si capiscono solo dopo.
È come se la Chiesa, nata a Gerusalemme e ad Antiochia, arrivata rapidamente ad Atene a e Roma, abbia rinunciato, già nei primi secoli, all’opposizione radicale alla razionalità greca (predicata da Paolo) e all’Impero Romano (denunciato da Giovanni).
È, a partire da questi due tradimenti – che diventarono Tradizione – che possiamo capire qualcosa della crisi attuale della Chiesa cattolica
Che meravigliosa sintesi. Grazie.
La teologia di un Sant’Agostino e la scolastica di un San Tommaso non mi sembrano proprio una opposizione alla razionalità greca. A questo aggiungiamo le più prestigiose università create dalla Chiesa nel corso dei secoli. Non a caso lo stesso Ratzinger sosteneva che le radici cristiane dell’Europa e la cultura occidentale, in senso lato, si devono proprio all’incontro fra Atene Roma e Gerusalemme.
Notevole contributo. Grazie
Potete anche non scrivere articoli su Ratzinger se proprio non lo sopportavate. E soprattutto ricordatevi che può legittimamente succedere anche con il suo successore. Anche per semplice antipatia personale.