Ringraziamento, difesa, confessione. Questo il ritmo della lettera resa pubblica oggi, in cui Benedetto XVI prende personalmente posizione sulle vicende collegate alla pubblicazione del Rapporto sugli abusi nella diocesi di Monaco di cui è stato arcivescovo per cinque anni.
Il suo grazie va agli amici e collaboratori che lo hanno aiutato a leggere l’enorme mole di documentazione inviata dallo studio legale bavarese, rispondere alle domande poste e redigere la memoria che è stata inviata a esso.
Difesa sua e di coloro che hanno lavorato con (per?) lui in questo frangente: l’affermazione presente nella memoria, che l’allora arcivescovo di Monaco non fosse presente a una riunione dell’Ordinariato in cui si discusse di un prete accusato di abusi sessuali, è stata una svista e non un atto di malafede.
La confessione riguarda l’intimità spirituale di Ratzinger, la persuasione della fede che si approssima all’incontro con Dio e il suo giudizio. La liturgia eucaristica – scrive il papa emerito – “mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso”.
Incastonato in questa confessione di fiducia nel sapersi perdonato da Dio, si trova un paragrafo dedicato ai sopravvissuti che hanno subito abusi e violenze per mano di personale ecclesiastico: “In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri, ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso”.
Legittima, quasi commovente, la confessione di fede di Ratzinger – che, finalmente, riesce a concedere alla misericordia del Figlio una sorta di primato sulla giustizia giuridica di Dio. La vita spirituale non cessa mai di far crescere l’uomo interiore, ma quanto avrebbe aiutato anni addietro questa nuova disposizione raggiunta quando ne va di sé – ad esempio, quando la censura della Congregazione per la dottrina della fede, sotto la sua guida, si accaniva in una battaglia impari con la teologia della liberazione latino-americana.
E poi, come risuona questa confessione di fede per i corpi che sono stati violentati da uomini di Chiesa? Perché questa è la domanda decisiva, anche per l’intimità della fede e la sua salda persuasione. Il peccatore, non importa quanto smisurata sia la sua colpa, è perdonato “perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito)”.
E per la dismisura della violenza, commessa nella Chiesa “durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi”, cosa abbiamo di altrettanto risolutivo, pacificante, definitivo? Nulla, se non parole ritrite, senza efficacia e senza operosità – appunto, senza grazia. E quando manca la grazia, la soglia fra fiducia nel perdono e autoassoluzione si fa drammaticamente impalpabile.
L’articolo è forte e preciso e solleva questioni “dure”. Sono più colpita dai commenti così oppositivi, così schierati, ognuno sicuro della sua parte. E trascuro il linguaggio. Come partecipe del Popolo di Dio mi vergogno terribilmente per questi fatti (la pedofilia e le giustificazioni) e assisto impotente alle parole vuote, ripetute alla nausea a cui non corrispondono cambiamenti. E’ un grande dolore.
Il poveretto pensava che dimettersi sarebbe stato sufficiente.
Invece no bisogna proprio distruggerlo a livello morale.
Rendere impresentabile la sua memoria e, quindi, il suo pensiero.
Veramente un’operazione squallida.
I suoi commenti, un fiume che inonda questo blog, sono talvolta curiosi; questo più di altri. La distruzione morale, psicologica e fisica dei tanti che hanno sofferto è primaria rispetto al resto. Non si può soprassedere alle responsabilità civili e non si può soprassedere alla responsabilità morale, visto che l’istituto sotto il cui cappello si sono svolte le nequizie in oggetto fa della morale una delle sue cifre. Il pesce, peraltro, puzza sempre dalla testa. Secondo lei sarebbe stato opportuno non svolgere Norimberga o non perseguire ex post Priebke o altri come lui. La giustizia degli uomini può essere superficiale, ma qualche logica la deve seguire. Dio poi giudicherà il giudice ed il giudicato, ma su in che modo questo avverrà meglio asetenersi dal dire sciocchezze.
Concordo al 100%
Ho capito.
Ma se uno è innocente di cosa deve chiedere scusa?
Le accuse contro Ratzinger sono una montatura.
Chi ne trarrà beneficio lo vedremo.
Perdoni. Lasciamo che si faccia il corso delle indagini per quanto concerne il tratto civile. Per quanto riguarda quello morale soltanto il diretto interessato, se ha piena coscienza di cosa è avvenuto, in che tempi ed in che modi, potrà in caso ritenesi innocente. Personalmente, certezze non ne ho; lo dico più generalmente, non soltanto per la questione in oggetto, ben si intende. Lei assume per dati di fatto cose che non sono assunte tali da nessuno non sia schierato su di una barricata a difesa di un qualche castello; se è credente converrà con me che la verità la saprà Dio. O che lei non si sovrapponga? Nel caso saremmo in dialogo telematico con il creatore, pensi che onore.
Credo che per capire certe cose occorra provarle sulla propria pelle. Queste scuse dai confini sfumati verso l’al di là sembrano dire: ormai ho ben altri pensieri che questi. Alle orecchie di chi ha subito violenza e che vorrebbe giustizia umana prima che divina, mi pare suonino come una beffa.
Questo sito attira nostalgici di Ratzinger (credo per reazione alla, per lo più, intelligente apertura che dimostra) ma lei non si faccia intimidire. I più concorderebbero con lei.
L’autore fa un resoconto sereno e pacato di una notizia che per qualche ora ha fatto impazzire le testate giornalistiche italiane (estere non saprei). Di fronte ad una mole impressionante di prove e di fronte ad un Papa che si affida al Signore la sospensione del giudizio è doverosa. So che di errori se ne fanno anche talvolta di immissione senza volerlo con malizia.
Che ci sia un problema sistemico nelle comunità ecclesiali lo sappiamo tutti, che questo articolo trabocchi di astio personale ai limiti della diffamazione è altrettanto evidente…l’importante è non fare come Giuda che con il pretesto di aiutare i poveri intendeva rubare i soldi perché era ladro! Allo stesso modo lucrare sulle povere persone abusate per regolare i conti interni o battere cassa come sta facendo la Chiesa tedesca con il suo percorso sinodale è davvero meschino (ma davvero c’è ancora chi crede che a tali figure gliene importi qualcosa delle persone omosessuali, della condizione delle donne nella Chiesa o dei bambini abusati?)…chissà un giorno anche l’autore dell’articolo – come ciascuno di noi – dovrà comparire davanti al Giudice di tutti e speriamo che, come ha fatto ora Benedetto XVI, sappia confidare anche lui nella grande Misericordia del Signore perché quando vedrà con i suoi occhi l’enormità del male che sta commettendo attraverso queste insinuazioni impallidirà di orrore davanti al proprio peccato (comunque il rancore che c’è tra preti è davvero sconcertante, poi vi chiedete perché non ci sono più vocazioni! Ma chi è quel folle che vorrebbe condividere la propria vita con “fratelli” del genere?!)! Piuttosto che sparare a zero gli uni sugli altri perché non incominciamo a pregare gli uni per gli altri, come ci ha suggerito Qualcuno?
In generale ormai è tutto astio,, rancore e politica, sia in parte tradizionalista sia in quella più o meno progressista. Di evangelico c’è veramente nulla in tutti questi siti, mai una parola gentile e di conforto. Pare che essere cristiani faccia solo male …
Non valuti un sito solo da un articolo o da alcuni commenti, e forse scoprirà che qualcosa di evangelico c’è – nonostante la nostra incapacità di parlarci con rispetto. Una parola gentile e di conforto è dovuta, ma a chi? Quando si tratta di abusi sessuali nella Chiesa cattolica, la norma del nostro dire e scrivere dovrebbero essere sempre i sopravvissuti alla violenza subita. E anche quando lo si fa, non è mai facile trovare il registro e il tono giusto – ma almeno ci si deve provare. Cordiali saluti, Marcello Neri
Magari non si approfitta dell’occasione per togliersi i “sassolini teologici” dalle scarpe (vedi teologia della liberazione e misericordia) dei quali – credo – le vittime degli abusi non hanno neanche contezza.
Ho apprezzato le sincere scuse di Joseph Ratzinger, un atto di umiltà che poteva essere ancora più profondo e voglio comunque credere alla sua sincerità. Lui è sincero, ma l’abitudine clericale a considerarsi giusto gli ha un po’ sfocato la vista, al punto che chiede perdono, ma senza riconoscere platealmente nessun suo errore. Ipotizza che questo potrebbe “eventualmente” aver avuto luogo sotto la sua naturalmente “ignara” grande responsabilità, e “noi”- non “io”- notate il plurale assolutorio… vi avremmo potuto essere “trascinati”, cioè una richiesta di perdono senza una sufficientemente convinta ammissione di colpa, una sorta di autoassoluzione, come Marcello acutamente afferma. Il card. Marx ha riconosciuto apertamente gli errori, Benedetto XVI ha fatto un giro di parole, senza riuscire a dire: chiedo perdono perchè IO ho gestito con leggerezza casi scottanti. Solo plurali maiestatis collettivi e ipotetici- convinto fino in fondo di dover difendere la Veritatis Splendor della sua innocenza. E chi più di lui che ha scomunicato mezzo mondo e ha scritto encicliche sulla carità è capace di conciliare gli opposti con eccellenti finezze dialettiche? Aldilà della presunzione di sincerità del dolore di Papa Benedetto XVI, cui auguro ogni bene, dolore e vergogna immensi che non gli impediscono però di correre gioioso e tranquillo verso il Padre, mentre le vittime cercano a fatica di sopravvivere e a stento riescono ad avere ancora fede in Dio, vorrei far notare quanto le giustificazioni fornite dai suoi legali nella memoria difensiva siano discutibili.
Cito: “Gli atti mostrano anche che nella riunione in questione non si trattò del fatto che il sacerdote aveva commesso abusi sessuali”. Gli atti, cari legali, non significano niente perché come si sa bene, secondo la prassi ecclesiale certe cose in una riunione ordinaria non si scrivono per la tutela della buona fama della persona, specialmente se sacerdote, al massimo qualcosa va a finire nell’archivio segreto della curia…pronto per essere fatto sparire dal vescovo a cui dovesse dare noia.
Per quanto riguarda gli altri tre casi, insistono i legali, “in nessuno dei casi analizzati dalla perizia Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario….anche riguardo al caso del sacerdote X, lo stesso perito – durante la conferenza stampa del 20.01.2022, in occasione della presentazione del rapporto sugli abusi – ha affermato che non sussiste alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza”.
Ci rendiamo conto di quanto questo sia ridicolo? Ognuno potrà sempre dire “io non lo sapevo, e non c’è ragione per dimostrare il contrario”. Il tutto assomiglia ad un vero pugno in faccia per coloro che hanno subito abusi. Il concetto è chiaro: se non ci sono prove evidenti e scritte di una abuso di qualsiasi tipo, è assolutamente inutile denunciare, il colpevole negherà, gli basterà dire: io non lo sapevo. Nel 99% degli abusi, di potere, di coscienza, sessuali, non vi è alcuna prova che consenta di stabilire la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio. Lo stabilire la colpevolezza si basa sulla testimonianza della persona abusata, contro la testimonianza di qualcuno che è enormemente più potente e credibile di lui…e non di rado è pure il suo superiore diretto.
Questo equivale a dire che per le vittime che non hanno prove denunciare è una specie di suicidio-per nulla assistito.
Grazie Marcello, perché hai saputo leggere tra le righe quello che a quasi tutti è sfuggito.
Leggendo questo articolo si comprende che abbiamo di fronte un temibile inquisitore, che scandaglia le coscienze e ne comprende i dettagli più reconditi.
Dall’altra parte c’è Benedetto XVI, nella sua mestizia
Non credo di essere andato oltre le parole scritte da Benedetto XVI, parole che lui ha voluto rendere pubbliche. Il dramma degli abusi nella Chiesa riguarda tutti, e facciamo fatica a trovare modi adeguati per farvi fronte. E dall’altra parte c’è un uomo che in questa Chiesa ha avuto responsabilità e potere – su questo si può parlare. Cordiali saluti.
Posto che tra preti è ora di porre fine ad ogni omertà colpevole, leggo nel suo articolo un mesto senso di ideologica rivalsa che ravviva in me il sospetto – sempre più forte – che la questione pedofilia stia diventando il randello da usare nelle lotte intestine di Santa Madre Chiesa.