Mi rendo conto solo adesso che sono passati più di tre anni da quando sono parroco qui a S. Agata. Sono anni volati via, come succede a tante delle mie giornate di prete. Forse oggi è stato il primo giorno in cui mi sono fermato davvero. Non mi capita spesso di avere qualche ora libera di fila. Mi ha fatto bene guardare la parrocchia ad occhi chiusi ed ascoltarla senza rumore. Niente citofoni, niente telefonini, nessun messaggio o altre diavolerie a turbare la pace del cuore. E mi sono reso conto che in una parrocchia succedono cose straordinarie! Non sono anzitutto i grandi eventi, le celebrazioni le iniziative o le opere che stanno sotto gli occhi di tutti. Ci sono attimi di luce, briciole di grazia che rischiano di andare perdute con lo scorrere del tempo.
L’altra sera mi era capitato per caso tra le mani il vecchio “liber chronicon” scritto con paziente grafia da amanuense dal parroco fondatore nei suoi lunghi quarant’anni di permanenza a S. Agata. Ho provato nostalgia per un tempo nel quale ci si poteva fermare ogni giorno a raccontare la vita, ed anche non poca ammirazione per il puntiglio con il quale i vecchi parroci lo sapevano fare. E oggi, ripensandoci, mi viene la voglia di seguire la scia dei miei predecessori. Mi piacerebbe riprendere l’abitudine di scrivere qualcosa, di raccogliere frammenti di vita della gente raccolta attorno alle mura della nostra chiesa. Ma mi chiedo: per chi scrivere? A chi interessa la cronaca frammentaria e confusa di una parrocchia qualunque?
Serve a me anzitutto. Mi fa bene ringraziare, raccontare, raccogliere, fare da testimone oculare dell’opera di Dio nella vita della mia gente. Lo faccio anche – non si sa mai – per qualcuno che un giorno forse leggerà quanto vado scrivendo, e magari vi troverà qualcosa di buono o di bello, che fa bene al cuore. Lo faccio per Dio. Non per un dovere nei suoi confronti, ma per il piacere di rendergli lode restituendogli con le mie povere parole qualche traccia della vita dei suoi figli che ama. Forse lo faccio perché mi capita spesso di leggere articoli e libri sulla parrocchia. Mi servono: trovo intuizioni teologiche, imparo qualche nozione sociologica, apprendo nuovi stili pastorali, ma sento sempre che manca qualcosa.
Io cerco l’anima della parrocchia, vorrei sentire il cuore che batte, percepire l’azione dello Spirito. Le idee, i concetti teologici, i numeri e le istruzioni non riescono a dare il colore della vita. Ma io questa la vedo ogni giorno, anche se a volte con sguardo distratto; mi passa sotto gli occhi, la tocco con le mani, ne sento la musica e le grida, mi torce le viscere con le sue ferite e mi cura come un balsamo. E allora ho deciso di provare a raccontarla come si racconta un affetto. Il mio non è certo uno sguardo distaccato, sono di parte, “partecipe”; mentre parlo della mia gente parlo di me, mentre scrivo le mie grazie e le mie fatiche penso alle loro.
Proverò a scrivere il mio “chronicon”. Non so ancora come sarà, mi lascerò guidare dalla vita. Non ce le farò a scrivere ogni giorno, ma mi impegnerò a non tralasciare le cose importanti. Baderò soprattutto a lasciar cadere nel mio scritto la grazia di una benedizione.
Tu, Signore, custodisci il mio sguardo e la mia vita, e regalami la tua benedizione.
don Giuseppe