È sempre più chiaro che il passaggio a un nuovo incarico pastorale è un momento fondamentale, sia per i presbiteri interessati che per le comunità ecclesiali, oltre che per la vitalità di tutto il presbiterio.
Per questo la diocesi di Bologna ha avviato in questi ultimi due anni una riflessione che ha coinvolto in più occasioni i preti (sia negli incontri dei preti 0-20 di ordinazione, sia negli incontri plenari di Assisi del 2018 e 2019), da cui sono nate proposte raccolte dalla Commissione per la formazione permanente del clero e presentate prima al Consiglio Episcopale presieduto dall’Arcivescovo Matteo Zuppi (01.02.2021), poi al Consiglio Presbiterale diocesano (riunione del 25.02.2021).
È maturata un’ampia convergenza su alcune buone prassi pastorali e istituzionali da introdurre o rendere stabili, che si ritiene possano aiutare a vivere gli avvicendamenti in modo da favorire processi di crescita del presbitero, del presbiterio e delle comunità ecclesiali, evitando il rischio sempre incombente di indurre pericolose dinamiche puramente burocratiche o di sapore aziendalistico.
Gli snodi
1) Prevedere un tempo congruo tra il saluto e l’ingresso nella nuova realtà pastorale, in modo da permettere al presbitero in avvicendamento occasioni di riposo, di esercizi spirituali, di partecipazione a particolari esperienze formative o pastorali, che favoriscano una lettura sapienziale del passaggio di vita e un nuovo slancio.
2) Rendere stabile la proposta di un’iniziativa diocesana residenziale indirizzata a tutti i preti in avvicendamento in cui essere aiutati – in modalità laboratoriale e in un clima fraterno – a leggere l’esperienza passata, a elaborare con sapienza evangelica i distacchi e le nuove opportunità legate al cambiamento, a ripensare il proprio stile pastorale in vista di scelte più essenziali e generative e a confrontarsi con i responsabili diocesani per ciò che riguarda i principali aspetti economici, amministrativi e informatici da verificare all’ingresso nella nuova parrocchia.
3) Prevedere un passaggio delle consegne tra i due parroci alla presenza del vicario generale (o di altra figura da lui delegata, es. il vicario pastorale), da attuarsi in loco, in un clima di stima reciproca e sincero spirito di corresponsabilità, predisponendo una griglia di punti per aiutare a offrire una presentazione sufficientemente chiara della/e parrocchia/e, sia negli aspetti pastorali che in quelli amministrativi.
4) Prevedere che la comunità parrocchiale interessata venga coinvolta, non solo per organizzare il saluto di chi parte e l’ingresso di chi arriva, ma anche e soprattutto per fare il punto sul suo cammino, luci e ombre, punti forti e punti deboli. L’avvicendamento potrà essere allora un momento di crescita per la comunità, e si eviterà che il tutto sia vissuto in maniera puramente burocratica e passiva, oppure che il legittimo desiderio di essere ascoltati dall’autorità diocesana finisca per prendere forme puramente rivendicative.
Questo passaggio sarà da curare con grande attenzione, soprattutto quando il cambio di parroco coincide con un significativo cambiamento dell’assetto della/e comunità. È opportuno che sia il vicario generale (che poi può servirsi di altre figure) a prendere l’iniziativa di convocare un’assemblea parrocchiale preparata dal Consiglio Pastorale, o anche solo il Consiglio Pastorale, in quanto organo rappresentativo dell’intera comunità parrocchiale. Si ritiene sia più opportuno che a questa convocazione non siano presenti né il prete entrante né quello uscente.
Nel caso le comunità parrocchiali affidate siano più di una, prevedere che la lettura della situazione sia fatta in ogni parrocchia, e il tutto confluisca in una convocazione unica per tutte le parrocchie, anche come occasione per far crescere la conoscenza reciproca e lo spirito di collaborazione.
5) Prevedere un incontro del nuovo parroco con i preti della Zona pastorale di cui entra a far parte. La Zona pastorale a Bologna è l’unità pastorale di base costituita da più parrocchie con un prete moderatore. Tale incontro è bene sia previo all’ingresso insieme al vicario generale o al vicario pastorale. Può essere opportuno anche che a questo incontro partecipi il presidente del Comitato di Zona, che riunisce i referenti delle varie commissioni.
Si auspica che gli stessi avvicendamenti siano sempre più pensati nell’orizzonte delle Zone pastorali, così da discernere le opportune scelte pastorali e amministrative da consegnare a chi entra e alle comunità interessate.
6) Si auspica che al momento delle destinazioni si tenga presente l’opportunità di creare o mantenere in diocesi qualche esperienza di vita comune, con la condivisione regolare della mensa e la abitazione comune, come segni positivi per tutto il presbiterio.
Si tratta di far crescere quella fraternità missionaria che, attuata anche nelle forme più diverse e secondo uno stile diocesano, è un tratto costitutivo del ministero presbiterale e un segno di vangelo prezioso anche per la crescita della fraternità nelle comunità parrocchiali. Si chiede di rendere prassi stabile nelle Zone pastorali l’incontro regolare (meglio settimanale) tra preti, per un momento di preghiera, il confronto pastorale e il pranzo insieme
7) Si chiede che l’Arcivescovo, al momento del rito di ingresso in parrocchia del nuovo parroco, presenti alla comunità parrocchiale riunita quelle consegne pastorali che dovranno ispirare ed eventualmente rinnovare il cammino della comunità stessa, in modo che non siano considerate iniziative soggettivistiche del nuovo parroco. Per questo potrà avvalersi anche di quanto sarà emerso dal passaggio delle consegne tra i due parroci interessati all’avvicendamento (vedi punto 3) e dalla convocazione della comunità parrocchiale (vedi punto 4).
Queste indicazioni riguardanti gli avvicendamenti presuppongono la presa di coscienza che il necessario rinnovamento missionario della nostra Chiesa bolognese, come di ogni Chiesa particolare, impone con urgenza la necessità di ripensare la figura del parroco e del suo ministero e, più in generale, i criteri delle destinazioni pastorali.
E qui si apre evidentemente una questione molto più ampia e sinceramente non rinviabile. Queste indicazioni per vivere al meglio gli avvicendamenti vogliono essere un primo passo in quella direzione, un’occasione da non sprecare.
- don Luciano Luppi, parroco e responsabile Commissione Formazione Permanente di Bologna.
Si percepisce dietro al testo la mole di lavoro svolto. A merito di chi ha saputo farne sintesi.
Agli snodi problematici del “passaggio di consegne” vorrei aggiungerne una.
Non ho mai ricopertol’incarico di parroco e perciò faccio riferimento a un’esperienza indiretta.
Dalla quale ho ricavato che al momento dell’ingresso il nuovo parroco si trova quasi sempre di fronte al gruppo dei “maggiorenti”, cioè delle persone che godevano della fiducia del parroco precedente e che non sempre fanno spontaneamente “un passo indietro” lasciando al nuovo parroco di scegliere senza ostacoli o pregiudiziali il “team” al quale chiedere collaborazione. Il “team” precedente costituisce un prezioso anello che garantisce continuità, aspetto del quale il nuovo parroco ha bisogno di tener conto. Purché il team e i singoli componenti siano animati da spirito di servizio. A me sembra sempre incredibile, ma talvolta ho avuto l’impressione – e forse è solo malizia mia – che ci sia la tentazione di occupare (piccoli) spazi come (piccole) occasioni di potere.
La collaborazione dei laici è indispensabile e anzi costitutiva di una comunità cristiana e proprio per questo è altrettanto necessario che sia animata da spirito ecclesiale di servizio. Quello stesso richiesto al parroco.