Ricordo ancora con stupore le foto che il giovedì santo, in pieno lockdown, mi arrivavano sul cellulare da parte di amici e fedeli che immortalavano gli altari preparati sulle loro mense dove ogni giorno consumano i pasti tra condivisioni, litigi e carezze.
Quei tavoli domestici trasformati in altari per un giorno mi donarono l’impressione di case diventate chiese: una fede che si può celebrare nella vita di ogni giorno e si incarna nella sacralità delle relazioni affettive.
Questo richiamo alla preziosità della famiglia è strettamente connesso al rinnovamento della catechesi dei ragazzi che, soprattutto in quest’ultimo anno, ha subito una notevole fase di criticità: quali proposte per evitare di ricadere nella trappola di una catechesi scolastica e dottrinale finalizzata al raggiungimento di un sacramento?
Nonostante la famiglia, per così dire, tradizionale stia attraversando un periodo di instabilità e di evoluzione, custodisce ancora una riserva spirituale e sociale da non sottovalutare nella complessità delle vicende e delle relazioni domestiche. La famiglia è infatti soggetto attivo chiamato a testimoniare «la genuina natura della Chiesa»[1] in virtù del sacramento del matrimonio che la fonda rendendo pienamente idonei i coniugi a vivere un ministero ecclesiale.
Bisognerà ricorrere ad un accompagnamento costante e sincero delle coppie per far scoprire il dono della vocazione che hanno ricevuto: la loro ministerialità, infatti, giova non soltanto alla crescita dei loro figli, ma dell’intera comunità.
È all’interno delle relazioni familiari che si insegna «un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso»[2]. Una ministerialità che serve all’evangelizzazione in relazione sinergica con tutti gli altri soggetti costituenti il poliedro ecclesiale: diaconi, presbiteri, consacrate, catechisti, volontari ecc.
Le ferite della pandemia riguardano non solo l’economia e la salute, ma anche il mondo sommerso degli affetti e del contatto umano duramente provato dal distanziamento e dalla paura del contagio. Si potrà tornare a riconoscere la vitalità di queste dimensioni grazie all’aiuto prezioso della famiglia, forma primordiale di tenerezza e di affettività. Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana potrebbe considerare l’opportunità di coniugare con maggiore attenzione la ministerialità degli sposi e la dimensione affettiva: «La linea d’onda lungo la quale il cristianesimo può incontrare il mondo non è più quella filosofica degli anni ’50, segnati dall’esistenzialismo e dalle domande sul senso della vita, né quella politica degli anni ’70, segnati dall’impegno militante e ideologico del marxismo, ma trova la sua possibilità in una sensibilità nuova che caratterizza l’ora presente. […] L’uomo di oggi è, nella sua fragilità, particolarmente ricettivo alla dimensione affettiva. Nel “mondo senza legami”, nella società liquida, il tema del senso della vita non rappresenta la conclusione di un ragionamento logico quanto l’esito della scoperta di sentirsi amati, voluti bene»[3].
La proposta catechetica della comunità cristiana non può evadere queste sfide ricorrendo all’ossessione per i contenuti di carattere morale, liturgico o dottrinale, che richiedono una comunicazione capace di radicarsi nell’umanità concreta di Gesù di Nazareth, colui che ha amato con tenerezza il mistero della vita e dell’altro[4].
Se è vero che la tenerezza è una realtà di ordine teologale integrante le diverse dimensioni della vita del credente facendola diventare segno espressivo dell’amore trinitario[5], allora il cammino dell’iniziazione cristiana illuminato dalla grazia contribuisce a far maturare uomini e donne liberi di amare ed essere amati. La dimensione affettiva infatti costituisce la chiave d’accesso dell’intero dinamismo umano aperto al mistero del Dio diventato carne: si cresce nella fede quando si sviluppa un’affettività capace di scegliere liberamente e di amare senza possesso[6].
Le proposte catechetiche destinate ai bambini e ragazzi non potranno dimenticare di sviluppare particolarmente questa dimensione con e non senza le famiglie: favorendo così non ulteriori incontri in parrocchia ma momenti intensi di condivisione comunitaria attorno ad un pasto, un film, un gioco, un pellegrinaggio ecc.
In tal senso vanno alcune proposte già sperimentate: momenti di convivialità tra alcune famiglie vicine, coinvolgimento delle coppie di sposi come catechisti/e, alternare momenti di preghiera in famiglia e attività in parrocchia (evitando il parcheggio parrocchiale), l’animazione attiva della liturgia domenicale attorno all’eucaristia e alla Parola di Dio, altro pilastro da recuperare come vedremo nel prossimo articolo.
[1] Gaudium et spes, 48.
[2] Amoris laetitia, 283. Alcune volte le relazioni familiari rischiano di insegnare (segnare dentro) in maniera costruttiva, altre volte distruttiva proprio a causa di ferite affettive e psicologiche importanti.
[3] M. Borghesi, Le chiese vuote e l’alibi della secolarizzazione, in L’Osservatore romano, 15 maggio 2021.
[4] M. Neri, Gesù affetti e corporeità di Dio. Il cuore e la fede, Cittadella, Assisi 2007; G. Barbaglio, Emozioni e sentimenti di Gesù, Edizioni Dehoniane, Bologna 2009.
[5] C. Rocchetta, Teologia della tenerezza. Un «vangelo» da riscoprire, Edizioni Dehoniane, Bologna 2000, 376.
[6] Per un approfondimento personale e comunitario del tema rimando a G. Cucci, La forza dalla debolezza, AdP, Roma 2011; Id., La maturità dell’esperienza di fede, Elledici, Torino 2010.