Viviamo in una cultura nella quale il peccato, come mancanza o difetto, se raccontato con parole comprensibili, non può essere negato nemmeno oggi.
Il peccato esiste
La tradizione cristiana ha elaborato un’ampia dottrina, fin dalle primitive comunità, elencando mancanze e vizi. Già nelle Lettere di San Paolo sono dettati elenchi: «Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio» (Gal 5,19-20).
Un secondo elenco è simile al primo: «Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio» (1Cor 6,9-19).
Nella seconda metà del terzo secolo il monaco Evagrio Pontico (345-399) elenca otto vizi (che chiama pensieri) diventati nella tradizione sette vizi capitali, ancora oggi ripresi nel Catechismo della Chiesa cattolica: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e accidia (compresa la tristezza, prima indicata a parte e inserita poi nell’accidia).
Non solo: nella Bibbia si fa riferimento a quattro peccati che “gridano vendetta al cielo” (omicidio volontario, sodomia, depredazione dei poveri, frode al salario dell’operaio) e i sei peccati “contro lo Spirito Santo” (disperazione della salvezza, presunzione di salvarsi senza merito, impugnare la verità conosciuta, invidia della grazia altrui, ostinazione dei peccati, impenitenza finale), commentati da san Tommaso nella Summa theologica (II-II, 14, 2), ripresi nel Catechismo romano e in quello di san Pio X.
Queste distinzioni possono essere ridotte ai peccati contro Dio, contro sé stessi e contro il prossimo.
Contro Dio
Nel vecchio schema (non molto indietro negli anni), il peccato più grave contro Dio era la bestemmia, oggi fortunatamente meno pronunciata. Era un affronto diretto a Dio stesso, alla Madonna, ai santi, fino a diventare, non in rari casi, un intercalare.
Il problema serio dell’oggi è che Dio è semplicemente ignorato. Non incide più nei pensieri e nella condotta delle persone. In questo senso i sei peccati contro lo Spirito Santo, enunciati dalla teologia medioevale, possono essere riassunti nella sostanziale mancanza di fede.
Per due motivi: il primo, perché è negata ogni affidabilità a quanti, in nome di Dio, proclamano la sua esistenza e le sue indicazioni: siano le Scritture, la Chiesa, altri credenti. Rimangono vaghi riferimenti a qualcuno o qualcosa che può spiegare i numerosi misteri della vita. Dio è invocato nei momenti tristi della vita, per inveire o dubitare della sua esistenza a fronte al suo silenzio. Spiragli di spiritualità vagano nell’anima ad alternanza, molto dipendenti dai momenti della vita.
In secondo luogo, la fede è assimilata al rifiuto della filosofia, della scienza, della verità. Il Covid ha dimostrato che ciascuno si è adeguato alle differenti spiegazioni scientifiche, in base alle proprie convinzioni. L’assurdo è la scelta personale dei medicinali. Si è messa in discussione la scelta, per proporne una propria, senza preparazioni e conoscenze. Figurarsi con la fede che è «fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» (Eb 11,1): una scommessa e un investimento che non è materiale, ma spirituale.
Si apre il grande scenario dell’individualismo della cultura moderna, che accentra solo su di sé la responsabilità delle conoscenze e delle volontà.
Difficile risolvere il problema della colpa. Si è di fronte alla mancanza della piena coscienza e del deliberato consenso, condizioni necessarie per parlare di peccato? Chi invoca il peccato insiste per dare come assodate volontà e conoscenza.
L’altra strada è quella di raccogliere le briciole di fede rimasta, tollerando gli ambiti “grigi” dell’anima umana. In termini cristiani, si parla di misericordia.
Un grande problema si pone in termini pastorali: il distacco tra “fede proclamata” e comportamenti conseguenti. Le trasformazioni del sentire moderno (Europa e Nord America) non sono state ancora metabolizzate. I canoni della pastorale sono legati alla visione di battezzati che conoscono bene i fondamenti della fede (Parola di Dio, liturgia, morale, gerarchie ecclesiastiche); in realtà, una lettura più realistica dice che tali canoni o sono incomprensibili o sono disattesi.
I linguaggi dell’esegesi, delle celebrazioni, dei comportamenti non accennano alle mutazioni culturali e sociologiche, ma si limitano a interpretare marginalmente “il mondo moderno”. Così i tentativi della nuova evangelizzazione in realtà partono dalla convinzione di poter ravvivare la fede proclamata.
Probabilmente l’approccio dovrebbe dirigersi verso un neopaganesimo: difficile da comprendere e da affrontare, perché alcuni atti (battesimo, sacramenti, pratiche religiose) parlano di fede, con contraddizioni evidenti.
Gli esempi sono molti: che significa fare da padrino/madrina al battesimo o alla cresima? Di fronte a due conviventi o sposati civilmente che chiedono l’eucaristia come reagire? A due conviventi da trent’anni, oramai grandi d’età, si può dare l’assoluzione? Nelle sagre antiche, dove è prevista la benedizione di gonfaloni e bandiere, che senso ha la presenza del presbitero?
Si potrebbe continuare all’infinito. Si risponde di esaminare ogni singola storia. Dipende però dall’atteggiamento di fondo da assumere di fronte a tali situazioni.
Personalmente, la strada scelta è quella di convincersi che, trattandosi di un nuovo paganesimo, la tolleranza prevale sul rispetto della fede autentica. Le regole possono essere rispettate quando si è di fronte a persone che hanno assunto il messaggio evangelico come scelta di vita. Per chi oscilla è meglio appellare al “lucignolo da non spegnere” di evangelica memoria. Non si nega la verità, ma si considera la possibilità di una piena adesione alla fede: in parole esplicite, si spera nella “conversione”.
Contro sé stessi
Il peccato può essere identificato anche nell’inosservanza dei dettami evangelici nei confronti di sé stessi. L’elenco è lungo. Nella superbia si può considerare la vanità, le manie di grandezza, il giudizio, l’onnipotenza, il potere di sottomettere. L’invidia comprende la gelosia, il malaugurio, il confronto. La lussuria non comprende solo l’uso non corretto del sesso, ma il godimento di ogni piacere, assunto come occasione di vita. Fa seguito la gola che è cupidigia, spreco, avidità. L’accidia indica l’immobilismo, la noia, la tristezza, l’indifferenza.
Nella coscienza comune, alcuni di questi vizi sono effettivamente compresi come atteggiamenti errati. Il problema vero è che manca il senso di errore e la voglia di correggersi. La risposta personale prevale su ogni legge e indicazione. La libertà è criterio invalicabile.
Ad alcuni comandamenti sono contrapposti diritti che li contraddicono: gestire la propria vita dalla nascita alla morte (aborto e eutanasia), la formazione della famiglia (delle famiglie si dice), l’interpretazione del piacere libero, non dire falsa testimonianza (la pubblicità, le promesse elettorali).
In questo clima, l’unico giudizio che detta la verità è la legge civile e penale; il ritornello: “se non c’è rilevanza civile e penale, ognuno è libero di agire come crede”. Possibile che, in un’aggressione sessuale commessa da quattro-cinque maschi contro una ragazza, la discussione si riduca a dimostrare se lei era consenziente? L’atteggiamento irrispettoso verso una “donna” non è già immorale?
Il tutto, invece, si abbassa alla dimensione della legge umana. Si badi bene: alla cultura dominante, non certo alle indicazioni evangeliche.
Le beatitudini suggerite dal Vangelo di Matteo, al capitolo quinto, di essere umili, miti, consolatori, giusti, misericordiosi, sinceri, pacifici, fedeli, sfumano fino a diventare pie illusioni di un mondo che verrà.
Contro il prossimo
La coscienza religiosa occidentale è abituata alla dimensione interpersonale. Ciò vale per la fede, per i costumi, per l’impegno culturale, economico e sociale.
Il peccato sociale non esiste: inutilmente la dottrina sociale della Chiesa vi ha insistito. Prima di tutto, perché è stata prudente; in secondo luogo, perché è compromessa.
Esaminare l’elaborazione della dottrina sociale è complesso, perché deve tener conto delle epoche della storia della Chiesa in Europa e nelle Americhe.
Non è riuscita ad anticipare l’evoluzione delle vicende dei popoli. Ha dovuto sempre inseguire. Essendo coinvolta nelle trasformazioni, ha mediato, fino a diventare inascoltata.
Si è passati dall’indicazione dell’avere tutto in comune, come è scritto negli Atti degli Apostoli, alla costituzione dei diaconi. Dato il loro strapotere nel tempo, il monachesimo medioevale (san Benedetto, san Francesco…) ha richiamato le esigenze evangeliche. Nel Rinascimento è accelerata la pratica dell’elemosina, fino a creare lo Stato pontificio. Oggi non esiste una riflessione approfondita dei fenomeni della finanza, del metaverso, dell’hi-tech. La morale è ferma a sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
I cristiani si sono adeguati ai valori secolari del denaro, del possesso dei beni, del colonialismo, della gestione dei propri desideri. La secolarità delle vicende ha coinvolto scandali gravi nella Chiesa, con attori addirittura religiosi in alto grado, in temi delicatissimi (pedofilia, economia).
I movimenti di rinnovamento attuali, pur nel desiderio di santità, non hanno superato le soglie della propria identità, rischiando di essere vissuti come gruppi chiusi e autoreferenziali.
Il futuro
L’unica strada da percorrere è rendere efficace i richiami evangelici. Le elaborazioni teologiche raffinate non servono: le campagne di ascolto sono un palliativo. Lo stile deduttivo della pastorale (dalla verità alla condotta) non funziona perché mancano i presupposti di partenza.
L’ipotesi migliore è rendersi conto delle proprie contraddizioni, mostrarsi umili, chiedere a Dio e allo Spirito la forza di tornare alle indicazioni del Signore: con pazienza, tolleranza, raccogliendo indicazioni che si addicono alla fede.
Nessuna creatura è portatrice di salvezza: solo Dio, con la sua grazia, può illuminare la mente e il cuore di chi è disposto ad ascoltarlo.
I peccati sono sempre gli stessi. I dieci comandamenti e le Beatitudini sono la guida e l’orientamento per chi vuole seguire Gesù. Dio è sempre lo stesso,per fortuna Lui non cambia.
Chi vuole seguirlo deve passare per la porta stretta, che è qualcosa che agli uomini del 2023 non piace proprio….ma solo così avremo salvezza.
Se ne è accorta che per Gesù le beatitudini superano i 10 comandamenti? Il problema è il minestrone che i cattolici hanno in testa. Ma come pensiamo di riportare le persone al vangelo? È tutto uguale per molti di noi vecchio e nuovo, senza percepire la priorità del messaggio di Gesù sull’antico testamento. Questo impedisce al messaggio di Gesù di svilupparsi appieno. Poi però predichiamo di porte strette per gli altri ovviamente perché noi abbiamo la certezza di passarci.
La scomparsa, o meglio la decadenza, di una cultura e di una teologia amartiocentrica da un lato è una benedizione, dall’altro lato è una maledizione. Benedizione perché non è cristiano vedere la pagliuzza nell’occhio del proprio fratello quando non si vede la trave nel proprio occhio. Maledizione perché ora nessuno mi può e me deve giudicare, arrivando al paradosso di una coscienza ab-soluta, cioè sciolta da ogni vincolo verso l’umano che è in comune.
La seduzione più pericolosa non è quella della carne, facilmente individuabile, ma quella del mondo, in cui chiunque può cadere senza saperlo. Peggio ancora, credendo di rendere un servizio a Dio con esso. E la realtà è che il mondo ha inghiottito la Chiesa, e che i gerarchi della Chiesa, ormai senza remore, in modo aperto e rude, proclamano la loro collusione con il mondo e con i suoi dei. E, di conseguenza, insieme al mondo, si dedicano ad additare e perseguitare, e anzi in modo crudele, coloro che ancora resistono alla seduzione (“Caminante”). Fra poco saranno proprio alcuni cattolici a perseguitare giù zelantemente gli altri cattolici che non vogliono tradire la dottrina morale cattolica: vescovi perseguiteranno fedeli che non vogliono approvare le unioni gay, sacerdoti non daranno l’assoluzione a chi è contro l’aborto, dai pulpiti predicheranno l’eutanasia. In mondo rovesciato.
E piantiamola con sta storia che la chiesa non è nel mondo. Lo è eccome. Lei la vuole fuori dal mondo. Ci stia lei fuori dal mondo.
“Fra poco saranno proprio alcuni cattolici a perseguitare giù zelantemente gli altri cattolici che non vogliono tradire la dottrina morale cattolica: vescovi perseguiteranno fedeli che non vogliono approvare le unioni gay, sacerdoti non daranno l’assoluzione a chi è contro l’aborto, dai pulpiti predicheranno l’eutanasia”.
Sinceramente: dove vede tutto questo? nella mia parrocchietta il parroco ha predicato alcune volte contro l’aborto, anche in occasione delle assoluzioni collettive, e si è celebrata la Giornata della Vita con testimonianza di una volontaria con annessa Preghiera a Maria per la Vita (che è un discreto atto di accusa contro aborto ed eutanasia). Quindi cosa si sta inventando?
“E la realtà è che il mondo ha inghiottito la Chiesa, e che i gerarchi della Chiesa, ormai senza remore, in modo aperto e rude, proclamano la loro collusione con il mondo e con i suoi dei”.
Quindi la gerarchia ci ha tradito e forse ha apostatato. Quindi siamo senza guide. Le chiedo quindi: a che setta tradizionalista appartiene? la FSSPX? l’IMBC? i minutelliani?
Bisogna anche ammettere che è accaduto che quello la chiesa spacciasse per peccati gravissimi cose che non lo erano affatto… anche in questo senso si è giocata la reputazione. Rovinare l’esistenza alle persone perché si masturbavano o perché erano gay ha ridicolizzato la fede perché la pena rispetto alle colpe non era calibrata. Insomma ce la siamo giocata troppo male e per troppo tempo per poi scoprire che il peggio era dentro e non fuori. Di grazia se rimane qualcuno che va a messa e che si confessa. Non si può tormentare il prossimo per secoli e sperare che non te la facciano pagare. Detto questo come uscirne? Con umiltà e con l’esempio. Occorre far riavvicinare le persone senza sparare giudizi e sentenze che inevitabilmente si ritorcono verso chi le lancia. L’idea di avere a che fare con una società neopaganesimo mi piace e la trovo assolutamente coerente con la realtà. neopaganesimo che ha regalato anche una certa tolleranza e questo non va nuovamente dimenticato in prospettiva di una nuova evangelizzazione che non dovrà più essere fondamentalista.
2000 anni da archiviare…
Piaccia o no in 2000 anni di fesserie se ne sono dette e fatte tante.
Forse un bagno di umiltà non guasterebbe dinnanzi a quella che, piaccia o no, è la parola di Dio che ha viaggiato attraverso la storia giungendo fino a noi. Si chiama Tradizione. Non è fissità ma neanche tradimento del deposito della fede. Anche le nozioni di peccato e salvezza, piaccia o no, fanno parte di questo deposito di verità.
Se ne facciano una ragione i fautori della sinodalità in salsa “summer of love”.
Guardi che la tradizione non è sempre parola di Dio. Mi meraviglio molto di questa sua affermazione che denota una semplificazione. Serve un bagno di conoscenza non di umiltà. Scambiare il prendere coscienza degli errori con il mancare di rispetto alla tradizione mi pare una forma di clericalismo non più accettabile oggi.
La religione e buona parte della tradizione è il modo con cui l’uomo ha tentato di mettere in pratica la parola di Dio nella concretezza della vita, modalità quindi che cambiano come cambia la società (è sempre successo e sempre succederà) e che possono anche essere soggette ad errore (anche grave).
Poche volte ho letto così tante sciocchezze in una breve nota.
Non che la sua risposta sia particolarmente brillante.
Pur nel massimo rispetto dei pensieri di ognuno di noi, dissento profondamente dal pensiero di Pietro, con la consapevolezza che il mio pensiero resta un mio pensiero. La Chiesa siamo tutti noi, e sparare e uccidere la Chiesa in modo generico è come sparare sulla Croce Rossa, sul Ministero della salute, della giustizia, dell’istruzione etc.. Sono istituzioni che hanno costruito nel bene la società fondata su uomini e se alcuni uomini di ogni società o ministero si comportano male non per questo si distrugge disonorandolo tutto il Ministero. La Chiesa è Cristo e noi cristiani le Sue membra se un dito di tali membra è ammalato, con tanto amore, comprensione e pazienza, lo si cura non lo si distrugge. A meno che lei, in coerenza con quello che ha scritto se ha un piede che ammalato lo fa zoppicare, lo taglierà e butterà via.
Gentile Adriana,
do due riposte al suo gentile messaggio con le parole un po’ paradossali del vangelo: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile».
«E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna».
«E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
Grazie.