Il “digiuno” eucaristico imposto dall’espandersi del coronavirus dovrebbe portarci ad alcune riflessioni sul ritmo desiderabile dell’eucarestia.
Caro don Francesco,
qui non abbiamo problemi con il Coronavirus. Stamattina c’erano ancora persone alla messa: dove siamo noi sono vietati assembramenti di oltre cento persone e il nostro pubblico non le supera affatto. Però abbiamo chiuso la foresteria e il magazzino. Stiamo a vedere come evolverà la situazione. Nelle grandi città è diverso e vi sono le stesse misure come in Italia.
Ho letto il tuo articolo sull’eucarestia pubblicato su SettimanaNews. Sarà illuminante per i lettori. Le cose che scrivi dovrebbero farci riflettere maggiormente sull’eucarestia, al di là delle abitudini. Da tempo sono convinto che vi sia un troppo di eucarestia nella vita della Chiesa! Assueta vilescunt!
Le abbiamo moltiplicate a causa delle messe per i defunti e anche con l’idea sviluppata al concilio di Trento secondo la quale, dato che noi pecchiamo ogni giorno, serve un sacrificio quotidiano. La fede nell’unicità assoluta della croce di Cristo rischia di perdere la sua forza se vi è un eccesso di rappresentazione sacramentale.
Il nostro attuale “digiuno”, ovviamente eccessivo, dovrebbe portarci ad alcune riflessioni sul ritmo desiderabile dell’eucarestia. Perlomeno è ciò che penso in questo momento, e quanto tu scrivi mi conferma in tal senso!
Non sono un parroco; se lo fossi e se fosse stato possibile, mi sarei offerto, domenica, di andare in una famiglia per celebrare con essa un’“eucarestia domestica”.
Con amicizia, tuo frère Ghislain
Benissimo, avanti con queste riflessioni anche se un po’ shockanti.
Caro frère Ghislan, La ringrazio davvero di cuore per questa condivisione. Sono da sempre un lettore dei suoi testi e ho avuto modo di ascoltarla e conoscerla, qualche anno fa, in Gregoriana. Per dirla con la sua felice espressione, abbiamo bisogno di “immaginare la Chiesa Cattolica” in modo nuovo…speriamo che anche questo momento così duro aiuti la riflessione. Un caro saluto e grazie ancora.