Anche nell’ultimo, più recente e autorevole commento alla Dichiarazione Fiducia supplicans, firmato da Alberto Cozzi e pubblicato su Avvenire del 6 gennaio (si può leggere qui), una giusta valutazione del documento sul piano «pastorale» sembra lasciare nel non detto il ruolo che la benedizione svolge nella vita della Chiesa, proprio con la sua forma rituale. Negare la natura rituale della benedizione, in effetti, rimane un modo vecchio di pensare, che esige alcune puntualizzazioni. Forse proprio questa dichiarazione, che coglie con lucidità la sfida attuale, ma che la affronta con categorie un po’ forzate, mi pare possa essere la occasione per un chiarimento importante.
Da un lato, infatti, si è notato, fin dal primo apparire della Dichiarazione, che essa comportava un superamento esplicito e dichiarato del noto «Responsum» del 2021: qui vi è una discontinuità disciplinare importante, a cui non corrisponde però una altrettanto chiara esposizione teologica. I punti deboli sono tre:
a) la continua riaffermazione che la «dottrina resta immutata», il che è vero solo in parte;
b) una nozione di «benedizione non rituale e non liturgica», che appare piuttosto paradossale;
c) una ridefinizione necessaria dei soggetti che chiedono la benedizione (che non sono semplicemente peccatori che occorre imparare ad accogliere).
Provo a fermarmi su ognuno di questi punti critici:
Dottrina immutabile?
L’orizzonte della «dottrina sul matrimonio», che la Dichiarazione richiama fin dalla sua introduzione, fissa una nozione di benedizione che, nella storia del matrimonio cattolico, appare estremamente problematica.
In effetti lo specifico sviluppo moderno della dottrina cattolica del matrimonio ha estromesso la benedizione dalla sostanza del sacramento. A partire dal Decreto Tametsi (1563) la benedizione non svolge più una funzione sostanziale nel darsi del sacramento, che si fonda semplicemente sul consenso dei coniugi, ricevuto dal ministro ordinato secondo la forma canonica.
Questo, tuttavia, non riesce a far dimenticare alla Chiesa che per circa 1500 anni è stata proprio la benedizione a «congiungere» formalmente gli sposi, almeno sul piano sacramentale. Questa storia complessa ha introdotto nelle preoccupazioni dottrinali attuali, l’esigenza di una continua distinzione tra «benedizione liturgica» e «benedizione informale», che non ha di fatto precedenti storici.
Si comprende bene l’esigenza di «non abbandonare alla maledizione» tutte le unioni «senza regola», ma la predisposizione di uno strumento «non rituale» sembra mettere al riparo l’istituzione dalla responsabilità profetica di un riconoscimento effettivo e non clandestino. In questo modo, si riapre una dimensione «clandestina» delle unioni che Trento aveva cercato di superare.
Se capisco e apprezzo il fatto che questa Dichiarazione costituisca una discontinuità rispetto al «divieto di benedizione» precedente, non capisco perché si possa pensarla soltanto «senza regole previe», senza libri, senza rituali, forse anche senza spazio e senza tempo. Una dottrina della benedizione, come forma originaria del pregare cristiano e della benevolenza di Dio, chiede che anzitutto nel benedire ci sia spazio, tempo, uso del linguaggio verbale e non verbale.
Qui, a mio avviso, la preoccupazione di «salvaguardare la dottrina» confonde le benedizioni con i sacramenti e per questo le ridimensiona fino all’inverosimile di una puntualità senza pubblicità. La benedizione è atto che investe non solo il vescovo o il presbitero o il diacono, ma l’intera comunità, che lo si voglia o no.
Che cosa è una benedizione senza rito?
Proprio sull’«essenza della benedizione» mi pare che il magistero liturgico dell’ultimo secolo sia stato largamente ignorato o frainteso. Qui si trova ancora, nella Dichiarazione, l’eredità del fraintendimento presente nel Responsum del 2021: ossia quello di equiparare benedizione e sacramento.
La benedizione, storicamente, è stata compresa come «sacramentale», non come «sacramento»: ciò significa che discende da un’istituzione ecclesiale, non è istituita da Cristo; che è efficace ex opere operantis, non ex opere operato.
In origine, questa categoria è stata inventata all’inizio del XIII secolo, per dare dignità alla benedizione con cui veniva consacrato il vescovo. Non essendo pensato come sacramento, l’episcopato era un sacramentale! Per questo oggi potremmo essere molto meno preoccupati di assicurare la natura «non liturgica» e «non ritualizzata» della benedizione.
Questa esigenza rivela un disagio delle categorie fondamentali con cui pensiamo la tradizione. Proprio perché «profezia ecclesiale», riconoscere le diverse forme della «comunione di vita e di amore», senza negarne differenze e limiti, può e deve avere forme ritualizzate, anche se non sacramentali.
Dire benedizione implica un regime formale, verbale e rituale, che non si deve confondere con la «regolamentazione giuridica». Su questo ha ragione la Dichiarazione, che identifica bene la discontinuità, ma la elabora con categorie vecchie. Resta in qualche modo imbrigliata nella pretesa moderna, tipica del Decreto Tametsi, di un regolamento ecclesiale totalizzante, che copre contemporaneamente le forme del consenso, della benedizione e della regolamentazione matrimoniale.
“Liturgico” diventa da allora, soprattutto nel matrimonio, sinonimo di «ufficiale». E allora un prete che si identifica troppo con un «pubblico ufficiale» faticherà ad essere profeta, non nascostamente o brevemente, ma apertamente e con tutto il tempo necessario. Mentre il Responsum glielo vietava, ora la Dichiarazione glielo consente, e quasi glielo raccomanda, ma come in segreto e con tempistiche accelerate. «As soon as possible» (= il più presto possibile) non può essere la regola di una svolta pastorale, ma solo quella di una soluzione diplomatica e provvisoria.
Il disordine e le forme di vita
Le famiglie irregolari sono «disordinate». Secondo il Responsum, questa è la ragione per cui non possono essere benedette; per la Dichiarazione, questa è la ragione per cui possono essere benedette. Ma è questa definizione di «disordine» a non essere più adeguata.
Essa viene dalle tassonomie del peccato, che pensano le forme del male secondo grandi categorie. Essere «contro Dio» e «contro il prossimo» fa sì che non si possa benedire il bestemmiatore in quanto bestemmiatore, o il ladro in quanto ladro. Se il bene del matrimonio è la generazione, una unione che non può generare per natura, diventa «intrinsecamente malvagia».
Queste categorie classiche, che possono arrivare alla sequenza troppo rozza del Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, quando mette insieme masturbazione, stupro e omosessualità come vizi della castità, devono essere riviste, perché si possa benedire, nelle coppie cosiddette irregolari, una «comunione di vita e di amore» che merita il riconoscimento anche ecclesiale.
La pastorale, qui, richiede una nuova lettura della dottrina, che usi categorie aggiornate che non abbiamo ancora elaborato pienamente: non perché siano imposte dalla moda, ma perché possiamo onorare i fenomeni reali, offrendo veri chiarimenti.
Le coppie di divorziati risposati e le coppie omoaffettive non sono «intrinsecamente malvagie» perché non rispettano la legge oggettiva della «riserva della sessualità al matrimonio legittimo». Le dimensioni di peccato, che il limite delle storie personali intreccia inevitabilmente (l’ingiustizia verso la prima unione, l’incapacità di generazione biologica) sono limiti che devono essere riconosciuti, ma che non impediscono la forma di vita e di amore che è la «seconda unione» o l’«unione omoaffettiva».
Uscire dalla prospettiva che giudica queste forme di vita prima di tutto per ciò che negano e saper maturare una visione che sappia riconoscere ciò che in quelle comunioni di vita e di amore viene affermato, chiede alla Chiesa cattolica una dottrina aggiornata.
Lo scandalo dello scandalo
La tradizione è più ricca di quanto pensiamo a partire dal mondo moderno. La tradizione sa bene che la benedizione è il linguaggio più libero della Chiesa, che non deve essere previamente sottoposta al giudizio dogmatico, come se si trattasse sempre di «formule sacramentali».
La benedizione conserva la sua libertà se resta narrazione di vita, contestualizzazione spaziale e temporale, atto corporeo, profezia comunitaria, vera accoglienza. Per questo il criterio dello scandalo, che spesso viene utilizzato come norma normans delle benedizioni che hanno per oggetto «relazioni affettive e sessuali», deve ricordare che era scandaloso, per il medioevo e per l’età moderna, affermare che le nozze fossero «atto dei coniugi» e non «dei padri e delle famiglie».
La grande lotta che ha attraversato l’Europa a partire dalle teorie dei canonisti medievali è stata un vero «scandalo». La Chiesa ha saputo riconoscere che la volontà dei nubendi era superiore alla volontà delle famiglie di provenienza. Abbiamo saputo essere scandalosi e ne siamo stati orgogliosi e ancora potremmo e dovremmo esserlo.
Non dovremmo essere troppo preoccupati di uscire dalla società dell’onore, che colpevolizza ogni comportamento «omoaffettivo», temendo che quella «mancanza di generazione» sia una minaccia per la società. L’abominio contro natura e contro Dio è fondato su questa arcaica riduzione del matrimonio a «generazione», cosa di cui Gesù non dice assolutamente nulla.
Il «legame indissolubile» tra uomo e donna può emergere, forse inatteso, ma reale, nel legame tra uomo e uomo, tra donna e donna. Con il limite dell’assenza di generazione biologica, ma non senza fedeltà, non senza vincolo perenne, non senza fecondità sociale, contestuale e personale.
Paradossi e confusioni
Gli atti amministrativi possono essere puntuali, fuori dallo spazio e dal tempo. Le benedizioni sono narrazioni, che chiedono spazio e tempo. Per questo una assoluzione o una crismazione o un battesimo può durare 10 secondi, mentre una benedizione del crisma, dell’acqua o del pane e del calice richiedono tempo e spazio, gesti e memorie, immagini e commozioni.
La scissione tra amministrazione dei sacramenti e narrazioni benedicenti è uno dei nostri problemi più profondi. In realtà, ogni sacramento vive di benedizione: si benedice l’acqua, si benedice il crisma, si benedice il pane e il calice, si benedice l’olio degli infermi, si benedice il candidato al ministero e si benedicono gli sposi. Anche il penitente non è semplicemente assolto, ma entra nella benedizione del fare penitenza nel cuore, sulla bocca e nel corpo.
Una rilettura dei sacramenti in relazione al benedire è assai istruttiva. Evita soprattutto di capovolgere le prospettive e di cadere nella trappola di giudicare le benedizioni con il metro di un «atto amministrativo sacramentale» e non invece il sacramento alla luce della narrazione delle benedizioni di Dio.
La Dichiarazione Fiducia supplicans apre uno squarcio decisivo nella totalizzazione amministrativa della Chiesa: lascia uno spazio alla profezia. Che però non è e non può essere semplicemente uno «spazio aliturgico», perché è proprio la «liturgia di benedizione» lo spazio originario di questa vocazione pastorale. La pastorale più profetica non è al di qua o al di là della liturgia, ma proprio nel suo cuore più antico.
Prudenza profetica
Questo implica, tuttavia, una relazione complessa tra dottrina e pastorale: la pastorale non è semplicemente una «umanizzazione» della dottrina, ma è anche «fonte» di una revisione dottrinale. In questo, rispetto all’analisi di A. Cozzi, mi pare che la provenienza della Dichiarazione dal Dicastero della fede sia un segno importante.
Che possa esservi un cambiamento della dottrina sulla guerra o sulla pena, non sembra turbare nessuno. Sembra che invece, nel regolamento delle relazioni sessuali, ci dobbiamo impegnare a stare di fronte a 2000 anni di uniforme fedeltà.
Nessuno considera esagerata la condanna della guerra o della pena di morte, anche rispetto a culture belliciste o giustizialiste. Le differenze culturali hanno bisogno di coraggiosa e paziente pedagogia. Ma sul rispetto per l’omoaffettività si pretenderebbe, da alcuni, una totale sintonia dei vescovi con le tradizioni più intolleranti. Come se fosse compreso nel Vangelo il pregiudizio contro l’omosessualità. Come se le ataviche logiche dell’onore dovessero prevalere contro le logiche della dignità.
La differenza di trattamento delle questioni dipende dal fatto che i peccati di superbia e di ira sembrano irrilevanti, mentre il peccato sessuale si è ingigantito a dismisura, diventando quasi il peccato per antonomasia. Qui c’è una reale perdita di identità, presentata come resistenza e purezza. Qui, a me pare, dire «pastorale» implica un lavoro sulla dottrina che non può essere né sottaciuto né sottostimato.
Lavoro sulla dottrina non significa «cambiare dottrina», ma tradurre le forme dottrinali espresse nella «società dell’onore» nelle forme dottrinali «della società della dignità». Una Chiesa che non si senta disonorata dai divorziati risposati che la frequentano e dalle coppie omosessuali che la abitano evita di assumere, anche ufficialmente, quelle forme del nascondimento e del riserbo imbarazzato che sono lo strascico di una concezione totalizzante e totalitaria della società e della Chiesa. Ci vuole prudenza, questo è certo: ma essere prudenti in qualche caso significa frenare, in altri casi significa schiacciare decisamente sull’acceleratore.
- Pubblicato l’8 Gennaio 2024 nel blog: Come se non
Nella vita di fede penso che sia essenziale che quando ci si trova ad affrontare le tematiche bisogna farlo considerando le spinte centrifughe della ragione e quelle della fede( spirito) il pensiero guida deve condurre ad una Divina e proficua mediazione o armonia fra i due enti insiti nel nostro essere. Penso inoltre che non possiamo in alcun modo cosiderare la omosessualità come una disgrazia capitata all’uomo… la vera disgrazia è l’atteggiamento o il giudizio che diamo alla diversità. L’interpretazione che la pagina del vangelo riguardante il ns Signore nei confronti della donna prossima ad una lapidazione non da spazio a dubbi opinioni, perplessità. Ogni essere su questa terra ha pieno diritto e titolo di incontrarsi o avvicinarsi al suo Dio che risiede già nelle sue profondità; è nessuno nè deve sbarrare la strada ma facilitarne e favorire questo Divino percorso. Questo mi ha insegnato la fede questo è il vivere compiutamente la fede, questa è la fede
[Mi sembra che il senso della frase debba essere espresso nella seguente forma: «era scandaloso, per il medioevo affermare che le nozze fossero «atto dei coniugi» e non «dei padri e delle famiglie». Per l’età moderna, vale il contrario]
Leggendo l’inizio del capitolo 1 della Lettera agli Efesini si viene a conoscenza di una benedizione trinitaria costitutiva della nostra persona e finalizzata alla nostra santità. La comprensione di questa benedizione e della frase successiva: “In lui (Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo”, a mio avviso, fa da fondamento a tutte le benedizioni, anche alla “benedizione semplice” e solo “invocativa” e non “costitutiva”, perché è la benedizione trinitaria fondamento del nostro essere, del nostro esistere e del nostro “essere in Cristo Gesù”, perché detti nel Verbo e generati nel Figlio, che la Dichiarazione ha esteso anche alle singole persone, che pur vivono in relazioni oggettivamente peccaminose, senza per questo ratificare le relazioni stesse. Quindi il richiamare l’importanza pastorale di questo tipo di benedizione radicale (purtroppo ignorata dai più e sempre meno praticata) è il primo merito della Dichiarazione. Avere poi esteso questa benedizione semplice invocativa a tutti, specificando in modo particolare situazioni\unioni irregolari, per quanto scioccante, non è che una conseguenza secondaria, cioè dipendente da quanto affermato con una intensità nuova. La Dichiarazione è il primo documento ufficiale, che sappia io, che si sofferma sull’importanza pastorale di queste benedizioni e questa è la vera e più importante novità.
Caro Padre, lo vada a dire a tutti i vescovi africani.
Evidentemente non hanno capito nulla.
Interessante ipotesi la sua sig. Adelmo. Da tenere in considerazione.
Menomale che ci sono i vescovi africani!
Forse il sangue dei martiri africani ( sangue che noi cattolici occidentali abbiamo dimenticato e snobbato ,in Nigeria centinaia di morti cristiani dimenticati ) fa si che il Cristo veramente sia vivo fra questi cattolici !
Fra noi cattolici europei e’ viva solo la nostra superbia e incredulita’. La nostra aridita_ . E vogliamo impancarci a insegnare agli altri ! Dovremmo vergognarci come Chiese , siamo tiepidi, mediocri, vili . A chi vogliamo insegnare , a quelli che muoiono per Cristo ?
Beh… Se abbiamo bisogno di martiri occidentali si faccia avanti lei. Così morendo per Cristo impedirà le benedizioni ai gay.
I cristiani nigeriani hanno tutta la mia stima per la violenza che subiscono, ma hanno molte pecche: ricordiamoci che i preti di una diocesi locale si sono opposti per ANNI all’ingresso del vescovo eletto perché di una tribù diversa!
O il caso del vescovo anglicano nigeriano negli USA che ha assaltato una parrocchia dell’ACNA assieme ad altre persone per impadronirsene… durante un battesimo!
La benedizione divina non riguarda cose evidentemente contrarie alla sua Legge, quindi non sono benedette da Dio e non possiamo benedire noi realtà intrinsecamente peccaminose come film porno, associazioni a delinquere etc.
Evidentemente non tutti le ritengono contrarie alla legge. Si faccia qualche domanda e lasci perdere i film porno e le associazioni a delinquere che non c’entrano un fico secco con quello di cui stiamo parlando.
Appunto fra Bernardino, se Iddio ci ha scelto prima del caos, allora con la omosessualità si sta benedicendo qualcosa di caotico, senza direzione, perché la pratica omosessuale volendosi anche in estremo definire “peccaminosa” quanto di più in questi tempi è una azione inutile perciò caotica.
Quello che si rimprovera specie all’Ordo Predicatorum con la sua tradizione scientifica è che neanche ultimamente sia padre Giorgio Maria Carbone od anche il Card. Christoph Schönborn (solo per citare qualche ultima pubblicazione) hanno teologicamente definito che cosa la omosessualità sia, lasciandola quindi nel caos, come ancora sta accadendo con il Card. Fernandez.
Ora, è sintomatico come stiamo, anche con divertimento, assistendo ad opposta disputa per opposta visione dello stesso fenomeno tra le conferenze episcopali africane e germaniche, ma in ambedue le realtà la incomplementabile forma mentis dovrebbe; con questo vigore; manifestare (come è stato già scritto e si trova pubblicato) una maggiore percentuale di omosessualità all’ interno delle reciproche popolazioni, che non alle storiche latitudini mediterranee. Quindi la omosessualità (se è questa)dovrebbe essere affrontata con criterio più scientifico secondo la tradizione della religione romana (e specialmente domenicana) perché è vero che l’uomo attuale è stato creato da “materia” biologica precedente come riconosce Papà Pio XII ma che in inizio era fango ed al quale l’uomo ritorna in forma di polvere, ma poi altre affermazioni nella Genesi sulla creazione dell’ uomo sono vere al contrario, e la omosessualità è il fenomeno divino che lo suffraga.
L’omosessualità un abominio stante a Levitico 18:22. Ma che succede se osserviamo rigidamente le scritture ? Possiamo vendere i nostri figli come schiavi, come prevede Esodo 21:7. Giusto ? Rischio di essere messo a morte se lavoro di sabato come è scritto in Esodo 35:2 ? Compio un abominio se mangio crostacei (Levitico 11:10). Meglio non mangiarli. Levitico 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all’altare di Dio se ho difetti di vista. La mia vista deve per forza essere 10 decimi o c’ è qualche scappatoia alla questione ? E se mi taglio i capelli alle tempie ? E’ espressamente vietato dalla Bibbia (Levitico 19:27). Attenzione. E devo dire al contadino di non seminare due diversi tipi di ortaggi nello stesso posto, perchè va contro Levitico 19:19. E come devo organizzare la lapidazione di uno che bestemmia ? Faccio come prescrive Levitico 20:14: do fuoco alla casa mentre dorme. Ed infine devo protestare con l’insegnate di mio figlio: si ostina a violare quanto scritto nelle scritture. é convinto che sia la terra a girare attorno al sole, mentre in Giosuè 10:12 si afferma chiaramente che è il sole che gira attorno alla terra.
Questo sarebbe un discorso serio?
Questo sarebbe un ragionamento articolato allo scopo di dare un contributo onesto alla discussione?
Siamo arrivati al punto di utilizzare in maniera strumentale la Bibbia?
State facendo sul serio?
Veramente il desiderio di autodistruzione è arrivato a questo punto?
E allora Gesu’ non ha forse detto :Se il tuo occhio ti e’ di scandalo cavalo ?,Se la tua mano ti e’ di scandalo tagliala ?
Vorreste censurare anche i Vangeli.per tutte le espressioni non “politicamente corrette” e non in linea con l’ ideologia woke ?Non si capisce in cosa credete,voi modernisti , credere sfrenatamente e senza spirito critico nella “modernita’” come unica categoria positiva e tutto quello che e’ nuovo e’ giusto Pensate che prima di oggi nessuno avesse capito nulla ? E che con un colpo di genio Fernandez e Bergoglio abbiano fondato la vera chiesa cattolica, mentre generazioni di santi e di martiri erano dei poveri idioti ?
E se a dare scandalo è la tastiera? Cosa tagliamo?
Sarebbe il caso di passare dall’antico (ops, primo) testamento al nuovo. Almeno per onestà intellettuale.
Buffonate che non meritano commenti. Saranno tutti spazzati via dal cuore vergine e Immacolato di Maria nella perfetta comunione con la Santa Trinità.
Cuore Immacolato di Maria => apocalitticismo mariano non biblico
Suona come una bestemmia.
Guardi che la trinità è fatta di tre persone, non di quattro…
Ma perchè i commenti sono fatti da persone che non si firmano con nome e cognome, o che addirittura usano pseudonimi? Non si capisce mai se si tratta di persone che parlano con competenza della questione….
Perché vogliamo essere giudicati perché la stupidate che diciamo, non per chi siamo o cosa facciamo
Se per scrivere un semplice commento dobbiamo accludere il CV allora siamo proprio alla frutta. Le argomentazioni dovrebbero essere valutate per la loro logicità e coerenza con le fonti cui si riferiscono. Per quanto riguarda le “auctoritates” non ne vedo, ahimè, neanche tra i titolati.
se però il commento diventa una lezione di teologia allora un minimo di informazione su chi lo scrive sarebbe doverosa…
Legga, valuti, argomenti in modo contrario se lo ritiene e, infine, formi un suo giudizio.
Mi dispiace dire che sono completamente in disaccordo. La Dichiarazione apre al porta ad una situazione di caos nella Chiesa che non sappiamo dove condurrà, ammenoché Dio (come vogliamo credere) metta Lui stesso fine a tutto questo. La Sacra Scrittura, la Tradizione e la retta ragione concordano nel condannare gli atti omosessuali, che presumibilmente avvengono in una “coppia” omosessuale; non si tratta di “onore” (anche se questo non è da sottovalutare, quando è fondato sulla verità) ma di presentare e difendere nella società il progetto di Dio nella creazione dell’uomo, della donna e della famiglia. L’evoluzione del concetto negativo di guerra, è il risultato di uno sviluppo logico dai presupposti del Vangelo (tuttavia non toglie il diritto alla legittima difesa) ma questo non vale per la vita sessuale. Basta leggere la Sacra Scrittura – tutta – senza estrapolarne delle parti. Sul fronte dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso tutto ciò è un disastro, specialmente in rapporto alle Chiese ortodosse.
Può anche affermare che la Tradizione e forse anche la Sacra Scrittura concordano nel condannare gli atti omosessuali. Ma la retta ragione proprio no: dal punto di vista naturale e razionale, gli atti omosessuali in quanto esistenti sono naturali e razionali. Possono non piacerle e può condannarli: ma la condanna è morale e storica, ed eventualmente di fede. Ma certo non dettata dalla ragione (se così fosse, la condanna sarebbe universale: cosa che non è).
Anche l’omicidio è esistente e quindi non si può condannare.
Un modo di argomentare veramente inattaccabile.
Complimenti.
Il solito modo di ragionare che crea divisione e odio. Paragonare l’omosessualità che esiste all’omicidio che esiste e con questo ragionamento per estremi far passare il concetto che se si accetta l’omosessulità perchè esiste allora occorrerebbe accettare anche l’omicidio in quanto esistente, come se l’omicidio poi rispettasse la retta ragione tra l’altro, toglie ogni credibilità al suo parlare. Lei le spara grosse solo per creare caos. Il divisore lavora bene con lei. Stia dunque attento che alla fine non sia lei a dover rendere ragione a Qualcuno dell’odio diretto e indiretto che ha riversato sul prossimo.
Il commento del sig. Giancarlo mi pare equilibrato, rispettoso e lontano da ogni violenza verbale. Piuttosto mi pare violento e illiberale il tono del suo di commento. Un commento che ci fa ben comprendere che rischio abbiamo corso con la proposta di legge Zan. Una proposta di legge profondamente illiberale che dietro lo spauracchio dell’hate speech avrebbe inaugurato la persecuzione del dissenso e la morte della libera espressione nel nostro paese.
Non ho detto che non si può condannare! Ho scritto che non si può condannare l’omosessualità sulla base di principi di natura o di ragione.
Una cosa esistente si può valutare come giusta o sbagliata: ma questo giudizio è storico. E non per questo meno valido.
Tra l’altro, anche mettere sullo stesso piano fenomeni diversi, come l’omosessualità e l’omicidio, non mi sembra un modo di argomentare inattaccabile.
Ragione: cfr. 1731-1751-1758-1767 etc. del Catechismo della Chiesa Cattolica. Che esistano dei fenomeni come l’omicidio, lo stupro, il genocidio (sono sempre esistiti!). Per alcune popolazioni il sacrificio umano era ovvio, per altre il mangiare il proprio vicino. Possiamo definirli “razionali”? Per chi crede la risposta ultima è nel peccato originale , per chi non crede… è solo una presa d’atto di ciò che accade, forse definendoli fenomeni di un evoluzionismo cieco in cui ciò che comanda è la legge del più forte, del più adatto.
Esistono anche cose belle in natura. Non capisco perché omosessualità deve essere messa a conforto con comportamenti omicidi o terribili. Grondate pregiudizio.
Esistono in natura cose buone fra cui l’amorfe di cui l’omosessualità è una declinazione.
Proprio non lo vuole capire che questo suo argomento è insulso e ne deve trovare altri. Se ne faccia una ragione, il fatto che una cosa esista in natura, di qualunque cosa si tratti, non implica che sia moralmente buona. È un ragionamento semplice, ovvio, evidente.
Immagino che per la Chiesa cattolica di quattro secoli fa, mettere al rogo Giordano Bruno fosse assolutamente razionale. Per noi non lo è. Segno che il giudizio di razionalità è sempre storicamente determinato.
Ne capisco poco ma molte culture locali condannano gli atti omosessuali. Sarà per ragioni di ordine o per ragioni legati alla necessità di procreazione. Piuttosto di che ragione parla? La ragione dovrebbe essere così intesa universale da condurre a conclusioni universali condivise. Stiamo parlando di ragione naturale forse? Eppure nonostante la razionalità abbiamo solo un ” ama i tuoi amici ed odia i tuoi nemici” oppure mors tua vita mea, entrambi universalmente adottati. La ragione non illuminata dalla Fede non porta molto lontano dall’indifferenza su
questi argomenti. La ragione “atea” non condanna semplicemente perché riconosce un diritto ad un limitato piacere individuale. E non lo discute. Se questo ” piacere” esorbita e minaccia un ipotetico ordine individuale o collettivo lo condanna. Come può una ragione “pura” discutere di liceità del piacere omosessuale? E scusatemi se ho fatto un intervento che molti considereranno ridicolo.
Caro sig. Guido, nella Tradizione cattolica per “retta ragione” si intende non una ragione “naturale” ma una ragione illuminata dalla Rivelazione (Scrittura e Tradizione). Quindi bene fa il sig. Giancarlo a richiamarla nel suo post. Piuttosto trovo difficilmente difendibile la sua posizione secondo la quale degli atti per il solo fatto che siano “naturali” (esistano in natura) siano razionali ed etici “secondo ragione”.
In natura si osservano, tra i primati ad esempio, frequentemente lo stupro e l’assassinio ma non per questo li riteniamo etici “secondo ragione”. Così un economista o un sociologo potranno facilmente confermarle che nelle società umane sono molto più frequenti (naturali) la guerra, lo sfruttamento e la discriminazione che non il loro contrario. Possiamo dire che per questo siano cose moralmente buone secondo la retta ragione?
In ogni caso, non capisco in che modo l’omosessualità sia contraria alla ragione.
E se semplicemente non piacesse a Dio, e Lo offendesse gravemente?
O questo non è contemplato?
Le chiese ortodosso sono più disastrose di quella cattolica. Quindi pace.
Gesù non ha mai condannato nessuno tranne i farisei. Quindi occhio.
hanno i loro pregi e i loro difetti, come li ha la Chiesa Cattolica
Il punto critico di queste posizioni è la loro pretesa dimensione profetica. Il profeta, nell’accezione guidaico-cristiana, è principalmente colui che annunzia la parola di Dio (Così dice il Signore…). Qui, financo nella sintassi e nel lessico, la presenza di Dio e della sua parola sono quasi inesistenti. Tutto è orientato allo scopo di “battezzare” alcune condotte, unioni ed usi affettivo-sessuali. La Scrittura latita e la Tradizione (nei pochi topoi utilizzabili allo scopo) viene estrapolata, destrutturata e rielaborata per i fini ideologici precostituiti. È ovvio che alla fine l’autore si smarrisca non riconoscendo più le “tassonomie del peccato” che pure innervano la rivelazione cristiana.
Non sentire un’eco?
Si può spiegare meglio? Grazie.
Una chiarezza esemplare.
Perché quando si tocca il sesso si toccano le sensibilità di persone che lottano contro i propri impulsi da sempre e pretendono che anche gli altri abbiamo lo stesso supplizio. È l’invidia verso la felicità e la libertà altrui. Sono i figli maggiori che hanno fatto sempre ciò che era il dovere senza amare Dio e odiano l’amore con cui padre accoglie il figlio che torna a casa.
Un intervento discutibile teologicamente ed ecclesiale te. Ma è ovvio: l’autore ha ben poco di Cattolico. Grazie a Dio non è consultore del Dicastero per la Dottrina della Fede o di quello per il Culto. Non si rende conto che la sua linea teologica non è sposata dalla stragrande maggioranza del clero, specie quelli più giovane. Deo gratias.
« Si jeunesse savait, si vieillesse pouvait »
Forse il clero che conosce lei….