Con la nomina dell’arcivescovo di Perugia cardinale Gualtiero Bassetti alla presidenza, la Conferenza Episcopale Italiana volta pagina. Non solo perché, per la prima volta nella sua storia, la nomina da parte del papa conferma la scelta fatta con votazione dall’assemblea, ma anche perché tale scelta assume un chiaro significato strategico tenendo conto della figura e delle qualità del neopresidente.
Bassetti infatti è stato il primo vescovo creato cardinale da Francesco rompendo l’automatismo per cui alcune sedi, in Italia ma non solo, per tradizione erano date come cardinalizie. Già il cardinal Martini in verità affermava che, per ringiovanire la Chiesa, sarebbe stato tra l’altro necessario rompere questa regola non scritta ma di fatto costantemente onorata scegliendo alcune figure «fuori dal mazzo»: pescando cioè tra persone autorevoli e significative per la loro testimonianza evangelica, per il loro servizio ecclesiale, per il loro orientamento pastorale, per la loro sensibilità sociale.
Così è avvenuto nel caso di Bassetti. Prete fiorentino formatosi in una stagione ecclesiale ricca di fermenti e di accenti profetici – da La Pira a don Milani a Bartoletti –, in evidente e non di rado sofferta sintonia con lo spirito del Vaticano II. Così che nel suo lungo e variegato ministero – di prete e di vescovo – ha incarnato con spontaneità, intelligenza, creatività il cammino di una Chiesa esperta in umanità, vicina a chi soffre, aperta al soffio dello Spirito e attenta nel discernimento dei segni dei tempi. L’uomo – ama egli ripetere riecheggiando le parole di La Pira – ha innanzi tutto bisogno del pane e della grazia.
Offrendo il nome di Bassetti al papa come il primo nella terna prevista per la nomina del presidente, i vescovi italiani, a maggioranza, hanno dunque voluto esprimere la loro convergenza non formale con la linea di riforma e di conversione pastorale indicata programmaticamente da papa Francesco a tutta la Chiesa nella Evangelii gaudium, declinata in specifico per la Chiesa in Italia nel discorso al Convegno di Firenze del novembre 2015.
A Bassetti è ora affidato il timone di questa operazione. Che senz’altro interpreta l’onda lunga e più profonda e vivace del movimento di rinnovamento evangelico e di riposizionamento culturale e sociale propiziato dal Concilio nella nostra Chiesa lungo il corso di questi decenni. Le qualità dell’uomo e del vescovo, la vasta esperienza che gli permette di coniugare sguardo profetico e prudenza pastorale, la sintonia col papa, il consenso di cui gode nell’assemblea dei vescovi così come la simpatia che unanimemente lo circonda, sono di buon auspicio.
«Insieme potremo fare qualcosa di bello» – si è augurato nella sua prima conferenza stampa. La quale, sia detto per inciso, se letta con attenzione, attesta con nitida chiarezza la sua pacata lungimiranza di visione nel decifrare le linee-maestre di un cammino condiviso e incisivo di Chiesa sulla lunghezza d’onda di ciò che lo Spirito oggi ci dice attraverso il ministero di papa Francesco.
Tutto, forse, è riassunto in una parola di quest’ultimo: «La Chiesa è il Vangelo». Per grazia. E tale ha da mostrarsi nella compagnia di tutti. A partire da chi in qualunque forma è scartato. Con semplicità, decisione, fiducia.
Il card. Bagnasco, suo infaticabile predecessore lungo un decennio per tanti aspetti non facile, ha saggiamente consigliato a Bassetti di essere se stesso. Ed egli subito è sembrato lasciarsi sfuggire un’espressione che ha suscitato la curiosità dei giornalisti, così offrendogli il destro d’illustrare in poche parole lo stile che lo anima.
«Nelle cose – ha detto – mi sento più spinto dal cuore che dall’intuito della ragione. Se vedo una necessità sento il bisogno di buttarmi. Ed è una scelta evangelica: il Signore raccomanda di saper cogliere i segni dei tempi. Dio non ci parla sempre con rivelazione diretta ma si manifesta, diceva il padre domenicano Lupi, tramite sole e tempesta, un prato fiorito e il terremoto, basta saper cogliere i segni e di conseguenza intervenire e agire».
E noi di cuore gli auguriamo di continuare a seguire questa strada, certo della nostra preghiera e della nostra collaborazione.
Bassotti è una figura totalmente insignificante. Un bonaccione, che tra l’altro fatica a fare un ragionamento compiuto in lingua italiana, se non ripetere a brevi slogan frasi scontate, pedissequamente ripetitive. Senza grinta propositiva. Occorrerebbe nella chiesa italiana una scossa tellurica che frantumasse la piramide clericale ! Ma i capi vescovi S ono stanza infamia e stanza lodo, cioè insipienti e mummificati !
Penso che la giovinezza non sia necessariamente legata all’età. Quando fu eletto Giovanni XXIII si pensò subito a un papa di transizione. Conosciamo tutti di quali gesti profetici sia stato capace un “giovane” quasi ottantenne. Un discorso analogo può essere fatto per papa Francesco. Nella logica dello Spirito un breve periodo di “governo” può essere sufficiente per ringiovanire la Chiesa. Ritengo pure che non costituiscano un ostacolo insormontabile i guasti operati da linee pastorali più sensibili alla logica socio-politica che al lievito evangelico.
Augurando ogni bene a Bassetti, alla CEI e alla Chiesa in Italia, impressiona un po’ il fatto che per un (auspicatissimo) rinnovamento si vada a pescare un 75enne… Adesione preventiva ai desiderata del papa? Mancanza di candidati adeguati fra i più giovani (anche solo sessantenni, magari…? Valutazione negativa su quanto /quanti il venticinquennio Ruini-Bagnasco ha fatto maturare? Ai posteri l’ardua sentenza… Intanto preghiamo lo Spirito Santo per la giovinezza della Chiesa!