Nei precedenti interventi ho cercato di delineare il profilo della nuova parrocchia (qui) e di coloro che, al suo interno, dovranno esserne i protagonisti (qui). Adesso vorrei entrare nel tema più spinoso, quello economico.
Ritengo che questo sia un ambito di grande importanza e il luogo dove si potrà misurare il coraggio di una Chiesa che vuole veramente ripartire e farlo con la determinazione di chi è consapevole di avere un ruolo decisivo nel futuro del nostro popolo.
È innegabile che la Chiesa abbia sempre avuto un rapporto ambiguo con tutto ciò che concerne il denaro e la “gestione economica”; c’è stata come una forma di paura di entrare in quel mondo, come se ci fosse il timore di venire travolti dalla potenza demoniaca di “mammona”! Se ai preti chiediamo qualità umane oltre che spirituali, non possiamo dimenticare questo aspetto che non è per niente secondario.
È possibile gestire il denaro in maniera pulita?
Io personalmente ho imparato a gestire il denaro senza paura anche grazie a una lunga esperienza in una Cooperativa sociale da me tuttora presieduta e fondata con un gruppo di amici nel 1984. Ho capito che è possibile e fattibile avere un rapporto trasparente e franco con tutto ciò che riguarda la gestione economica.
Oltre a questo, ho compreso quanto debba e possa essere evangelico anche il mondo dell’imprenditorialità allo scopo di portare a termine la propria missione. Quindi, non dobbiamo avere paura nell’affermare che la gestione delle parrocchie del futuro dovrà avere anche dei connotati imprenditoriali, per affrontare con spirito nuovo le sfide del domani.
In passato, la gestione economica delle parrocchie riguardava soprattutto la costruzione, la manutenzione e la conduzione degli edifici. Solo in casi sporadici riguardava la gestione di persone e di servizi. Nel futuro ci sarà da prendere in considerazione anche questa prospettiva e il prete dovrà essere sufficientemente formato e coadiuvato in questo compito così delicato.
Attualmente le entrate economiche provengono dalle offerte dei fedeli e dall’otto per mille. Queste due fonti non dovranno essere eliminate, anzi, dovranno essere semplicemente regolamentate in modo adeguato con parametri che anche il mondo economico sta cercando, dopo che ha capito che un’amministrazione etica porta a prospettive nuove e solide, anche se non permetterà quei margini di guadagno che una volta erano possibili e che adesso sono impensabili.
Come abbiamo anticipato nell’articolo riguardante gli attori della nuova parrocchia, dovremo assicurare uno stipendio dignitoso e giusto per chi presiederà le singole parrocchie (i/le curati/e) e per chi gestirà il Centro Comunitario (Oratorio). Le cifre per far fronte a tutto questo sono importanti, dai 60.000 ai 100.000 euro all’anno.
Certamente non sarà sufficiente l’offerta domenicale raccolta in chiesa e non basterà neanche andare a bussare alla cassa dell’Istituto per il sostentamento clero: bisognerà inventare qualcosa di nuovo, accessibile e attuale. In questo contesto non si può contare sui proventi delle sagre e delle manifestazioni varie. Queste sono occasioni straordinarie e non possono offrire quote standard. Al massimo, serviranno per la manutenzione degli edifici.
Per una corretta gestione economica
La prima cosa da fare dovrà essere la trasparenza! Senza questa non sarà possibile andare dalla gente a chiedere denaro. Dovremo abbandonare la pratica delle offerte sottobanco, la gestione in nero, i bilanci taroccati…
Persino la società civile è diventata più trasparente in questo e non è impossibile trovare un modo di raccontare il denaro per quello che è, senza secondi fini.
E anche la prassi (per fortuna in via di superamento) del tariffare i sacramenti deve essere dismessa.
Il secondo elemento dovrà essere il coinvolgimento dei fedeli, attraverso una buona sensibilizzazione e mettendo in luce la finalità di alcune elargizioni.
Dalla mia esperienza di 42 anni da prete, ho capito che la gente è generosa se vede frutti, se vede che quello che ha offerto è stato bene utilizzato, se si sente adeguatamente informata sia sulle decisioni sia sui resoconti economici.
Gli scandali di questi ultimi decenni non hanno fatto altro che ripercuotersi sulle entrate. Se continuiamo così, rischiamo di perdere anche l’otto per mille! In fondo, ci conviene cambiare anche per avere “la pagnotta”! Di modalità per permettere ai contribuenti di versare dei fondi sui conti delle parrocchie e insieme di beneficiare degli sconti fiscali ce ne sono diverse e non è difficile adottare questo modo di contribuzione.
Il terzo elemento è fare sinergia con l’Istituzione pubblica: comuni, regioni e Stato. Questo aspetto è nuovo nella scena, ma probabilmente è anche il più significativo ed è l’opportunità più importante che il presente ci offra.
Lasciare i centri dei paesi sguarniti, chiudere i Centri Comunitari, abbandonare chiese e canoniche, è qualcosa che riguarda tutti, compresa la società civile. Basti vedere come molte amministrazioni si stiano prodigando proprio per sostituire le parrocchie nell’organizzare il tempo libero dei giovani e dei ragazzi. I campi estivi, il Grest, le attività culturali erano pezzi forti delle parrocchie e adesso stanno per essere travasati ad altri referenti. Purtroppo con risultati nettamente inferiori!
Le nostre parrocchie hanno una storia e una cultura secolare in questi ambiti, hanno accumulato esperienze insostituibili.
Collaborare con le istituzioni
Perché allora non mettersi insieme? Perché non convocare un tavolo, dove il comune e la parrocchia si siedano insieme e progettino per arrivare alle stesse finalità (prevenzione, incontro, accoglienza, cultura, rispetto delle regole…)?
La parrocchia ha le strutture e la cultura. Il comune ha la possibilità di avere le coperture economiche. Attualmente i fondi stanziati dall’Europa per questo scopo sono enormi e spesso non vengono utilizzati. Ci vuole realismo e una buona dose di umiltà. Sono necessari la fantasia e il coraggio di inoltrarsi su strade tuttora inesplorate.
Un buon sindaco desidera solo che i ragazzi siano impegnati, che gli anziani possano vivere momenti sereni, che la prevenzione venga fatta non solo a scuola ma soprattutto nella gestione del tempo libero (il più a rischio).
Il buon parroco e il buon curato hanno gli stessi desideri, solo che hanno in mente anche un passo ulteriore: permettere che queste esperienze di comunione e di umanità possano produrre anche una nostalgia dell’Assoluto e quindi riuscire ad arrivare a Dio. Ma questo non è scritto nel protocollo tra comune e parrocchia, è scritto nei cuori di chi conosce quanto lo Spirito possa veramente incidere sulla vita. Ma per arrivare a questo bisogna prima aver frequentato la stanza del bene, insieme, credenti e non credenti.
Tra le altre cose, una proposta simile porta a creare nuovi posti di lavoro! Qualcuno potrà considerare questo un elemento secondario, ma così non è. Ci sono spazi per utilizzare il momento difficile che stiamo vivendo per inventare e creare. Questa è la forza di Dio quando diventa resilienza.
Ho cercato di raccontare una “visione”, una proposta di futuro, un’idea concreta e realizzabile. Ritengo che sia fondamentale che qualche diocesi possa prendere in mano una simile soluzione e che faccia un esperimento concreto. Solo così si potranno vedere i punti critici e quindi proporre eventuali modifiche.
Una cosa su tutte però: ci vuole tanto amore per questa Chiesa, che ci ha generati alla fede e che ci ha fatto anche soffrire per i suoi ritardi e le sue contraddizioni. È innegabile però, che la nostra Chiesa cattolica e apostolica ha ancora un futuro, deve avere un futuro. Questo futuro sarà negato solo qualora lo scenario rimanga quello attuale, Se così fosse, saremo costretti a soffrire e a vivere momenti drammatici.