Il Lago di Garda, il maggiore bacino d’acqua dolce dell’intera penisola italiana, luogo di raccordo fra tre realtà geografiche come Lombardia, Trentino e Veneto, è frutto di una complessa storia geologica che risale al periodo Triassico quando l’intera zona costituiva una vasta piattaforma marina con fondale poco profondo e sedimenti carbonatici nettamente distinti tra facies lombarda e facies veneta (detta bellunese), emersa in epoca successiva e quindi ricoperta dai ghiacciai testimoniati dall’ampio anfiteatro morenico würmiano.
Conosciuto anche col nome di Benaco – nome di origine celtica che indicherebbe “cornuto” per via della sua forma – registra il toponimo prevalente fin dal Medioevo come derivazione dalla voce dell’antico tedesco «warda» che significa «luogo di guardia». Il territorio che si affaccia sulle sue rive gode di un clima mite con precipitazioni invernali piuttosto scarse (raramente a 0°C) e temperature estive decisamente favorevoli. Se a questo si aggiunge la presenza di una vegetazione lussureggiante caratterizzata da un’ampia biodiversità, (elemento comune anche per quanto riguarda l’avifauna e il patrimonio ittico) e il paesaggio ondulato delle montagne circostanti, non stupisce affatto la proposta partita dal rettore della sede di Brescia dell’Università cattolica, Maurizio Tira, di avviare la richiesta per fare del Lago di Garda un sito Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO alla stregua delle Dolomiti appena più a Nord (sono ben 51 i nostri siti-patrimonio, il che fa dell’Italia, secondo l’ultimo censimento del 2016, il 1° paese al mondo seguito dai 50 della Cina e dai 45 della Spagna e poi 42 in Francia e 41 in Germania).
4 diocesi a confronto
La proposta è venuta la settimana scorsa nell’ambito di un incontro promosso dalle tre diocesi le cui comunità si affacciano sul lago: Brescia, Trento e Verona. Un evento non nuovo, ma che costituisce ormai una tradizione ben radicata che ha preso le mosse ancora nell’Anno santo del 2000 e successivamente nel 2001 per l’anniversario vigiliano. E quest’anno, dopo cinque incontri, l’orizzonte si è ampliato fino a comprendere anche la diocesi di Mantova, il cui territorio, non lambito dal lago, lega comunque la sua storia secolare a quello gardesano per via dell’unico emissario, il fiume Mincio. Così nel Municipio di Limone si sono incontrati il vescovo di Brescia Luciano Monari, di Trento Lauro Tisi, di Verona Giuseppe Zenti e di Mantova, Marco Busca (il che ha fatto subito ribattezzare l’evento come il «G4 pastorale»).
Un incontro tutt’altro che a porte chiuse, al quale erano invitati anche i delegati pastorali delle rispettive diocesi (perlopiù presenti) e gli amministratori locali (in buona parte assenti), oltre che operatori turistici e culturali, parroci e i rappresentanti delle altre Chiese (che hanno accolto l’invito con calore).
All’insegna di «Lago di Garda casa comune, attese di oggi e prospettive future» – un titolo che richiamava da vicino l’enciclica sociale di papa Francesco ampiamente citata – il mini-summit del Garda ha costituito un momento di confronto e di dialogo, una sorta di chek-up sulle condizioni pastorali e sociali dell’intero territorio. Un territorio caratterizzato da una forte vocazione turistica coi suoi tanti punti di forza, ma altrettanti di debolezza (cementificazione sfrenata a scapito del paesaggio, orari “turistici” che impediscono alle famiglie ritmi di vita sereni soprattutto nei finesettimana) tanto che l’arcivescovo di Trento usava l’espressione di un Lago di Garda che chiede a tutti di tornare ad essere «pescatori di uomini e relazioni».
Luogo di incontro e dialogo
È possibile far tornare il Garda un luogo di “relazioni sostenibili” sia per l’ambiente sia per i suoi abitanti? Era la domanda che aleggiava in Sala del Consiglio. «Casa Comune – ricordava il vescovo Monari – deve coinvolgere tutti, prendere coscienza e trasformare l’attenzione all’ambiente in sofferenza personale per quello che sta accadendo nel mondo: solo così nascono reazioni. Dipende dal nostro cuore il sussulto di coscienza che ha bisogno di essere provocato con le riflessioni e l’impegno personale. Se ciascuno di noi fa qualcosa di migliore anche gli altri ne guadagnano». «La ricchezza del Garda è la sua bellezza, ma c’è preoccupazione per la repentina trasformazione di un ambiente che fino a mezzo secolo fa era dominato da contadini e pescatori. Ora il turismo è preponderante e si riflette anche nella diminuita partecipazione ai riti religiosi della domenica» sottolineava il suo collega di Verona.
Ma un sussulto di coscienza veniva richiesto anche agli amministratori e alle scelte della politica locale per voce del rettore Tira – di formazione ingegnere ambientale e residente a Desenzano – che puntava l’indice contro la sfrenata antropizzazione e il consumo di suolo e risorse, l’eccessiva frammentazione amministrativa, e la presenza di strutture incompatibili con la realtà lacustre, quale ad esempio la nutrita serie di parchi di divertimento e attrazioni varie in particolare della sponda Sud-Est. «È possibile trovare il coraggio di demolire?» era la sua provocazione, che ipotizzava invece la costituzione di una sorta di “laboratorio ambientale” prototipo al mondo.
Ma il progetto avviato al G4 dovrebbe prevedere una forte sinergia tra tutti i soggetti coinvolti (e da coinvolgere) al fine dell’individuazione di un cammino condiviso, fatto anche di piccole tappe intermedie, ma continuo e soprattutto unitario, senza particolarismi. «Abbiamo un patrimonio che non appartiene a nessuno, se non al Creatore; dobbiamo saperlo valorizzare per consegnarlo ai giovani», ammoniva l’assessore alla cultura della Provincia autonoma di Trento, Tiziano Mellarini.
«Il Lago di Garda ha una sua peculiarità legata al turismo, ma non solo: è anche un luogo di incontro perché la presenza turistica proviene da ogni parte d’Europa – commenta a SettimanaNews il decano di Riva del Garda e docente di pastorale, don Dario Silvello (parroco delle 3 parrocchie della cittadina e anche di Pregasina) che aggiunge: «In questo contesto la Chiesa ha qualcosa da comunicare: non esistono solo bellezze naturali, ma anche una Bellezza che viene dall’alto. E in più si tratta comunque di una bellezza che è “per tutti”: non solo per quanti vi giungono da lontano, ma anche per chi vi abita. Senza dimenticare che un luogo di incontro è luogo di dialogo, anche ecumenico, ed è altamente significativo che la giornata si sia conclusa con un momento di preghiera nella parrocchiale di Limone alla presenza della pastora luterana Anne e di padre Gabriel».
Sul sagrato della chiesa dedicata a San Benedetto, con lo sfondo del golfo di Limone, la preghiera ecumenica ha registrato la riflessione del vescovo di Trento a commento di Romani 8,19-24 («La creazione geme in attesa del parto, ma non dimentichiamo – come dice Paolo – che già possediamo le primizie dello Spirito») e di Luca 5,1-11, il brano della pesca miracolosa dove monsignor Tisi sottolineava come il creato e, in fin dei conti noi stessi che ne facciamo parte, si collochi sempre tra i due poli del gemito e dello stupore.