«Il coraggio dei passi»: le due parole del titolo della prima lettera pastorale di Ivan Maffeis, vescovo di Perugia-Città della Pieve, sono la sintesi del percorso offerto al lettore.
Il primo sguardo è contemplativo, sui tanti educatori presenti («quanti don Milani conosce questa nostra Chiesa!») e sulla ricchezza della presenza cristiana sul territorio («la comunità cristiana rimane un anticorpo all’isolamento»), insieme all’augurio per il nuovo anno scolastico.
La lettera nasce dall’ascolto dei gruppi sinodali: «Sono riconoscente alle nostre comunità, che hanno preso carta e penna e mi hanno condiviso i limiti e le fatiche che appesantiscono il cammino e, nel contempo, le risorse, i progetti e i frutti che le arricchiscono. (…) Ho scritto le pagine che seguono intingendo nel calamaio di questo ricco materiale».
La citazione di uno di questi contributi dà il taglio del documento, che invita le comunità a «ricercare i modi adeguati all’annuncio, tali che tocchino e provochino la risposta di vita e rifiutino o modifichino quanto ne è di ostacolo». Si tratta, in altre parole, di superare una «ripetizione stanca e rassegnata che non riscalda il cuore né di chi annuncia né di quanti si vorrebbero coinvolgere», per assumere la scelta missionaria offerta da Evangelii gaudium n. 27.
L’analisi della situazione è sintetizzata con questa frase: «se la fede s’allontana dalla sorgente». Campanilismo, sottovalutazione del ruolo degli organismi di partecipazione, distanza dalla vita delle famiglie, pastorale affannata e autoreferenziale, analfabetismo biblico e liturgico, ripiegamento su ciò che si è sempre fatto, difficile dialogo con i giovani, peso delle strutture immobiliari rendono la parrocchia, da tenda piantata in mezzo agli uomini, «accampamento periferico, nei confronti sia di un contesto che vive ignorandola, sia delle comunità cristiane limitrofe». E questo si accentua nelle zone più lontane dalla città.
I punti forza
Quali punti di forza? Prima ricchezza è quella delle persone; poi i tanti luoghi a servizio dei giovani; l’investimento sulla carità e sui servizi ai più fragili; la testimonianza delle famiglie; la liturgia; le Associazioni e i Movimenti ecclesiali; la collaborazione tra parrocchie e realtà civili.
Tutto questo non esula da una domanda fondamentale: «Ci chiediamo cosa significhi abitare da credenti il cambiamento d’epoca nel quale siamo immersi e ripensare, quindi, le modalità della presenza ecclesiale sul territorio».
Fa da riferimento il discorso di papa Francesco ai vescovi nel maggio 2023, riassunto in tre punti: «Continuate a camminare, lasciandovi guidare dallo Spirito, per essere una Chiesa preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo; siate Chiesa insieme; siate una Chiesa aperta».
Il vescovo Ivan declina questi inviti in alcune indicazioni circa la catechesi dei bambini e le famiglie, il numero delle celebrazioni eucaristiche, la carità senza spiritualità, le attività pastorali senza fraternità, l’attenzione alle unità pastorali e alle piccole comunità, anche con l’aiuto di associazioni e movimenti.
Molti hanno chiesto un aiuto per i presbiteri, perché siano liberati dal peso della burocrazia. Che cosa è emerso dagli ascolti sinodali, in particolare sul prete? «Si cercano preti “normali”, capaci di relazioni amicali, di vicinanza umana, di accoglienza priva di giudizio; uomini di Dio, educatori con la preghiera, la Parola e la testimonianza della tenerezza materna della Chiesa». Si invoca il riconoscimento della corresponsabilità laicale, anche alla luce dei recenti documenti sui ministeri istituiti. La richiesta diffusa di formazione deve trovare nella Parola di Dio e nel Concilio le sue fonti, così da rinnovare il linguaggio, sia delle omelie sia della catechesi. Le iniziative diocesane sono chiamate a decentrarsi maggiormente, per stare lì dove sono le comunità; «alla Curia si chiede, in particolare, di ripensarsi non più secondo la ripartizione degli uffici, ma in agili aree pastorali e di interloquire maggiormente con il territorio e le sue effettive necessità»; si chiede la trasparenza in ambito amministrativo; la prossimità, come prima testimonianza di vita, è ciò che permette di dialogare anche con il mondo del lavoro, della cultura e delle povertà.
L’attenzione alle piccole comunità
Si chiede una riflessione ulteriore ai consigli diocesani, in merito ad una scelta precisa: «Avverto l’importanza che le comunità più piccole non si sentano semplicemente destinate a venire accorpate a quelle più grandi»; anche dove ci saranno esperienze pastorali unificate, deve restare la presenza ecclesiale nella piccola comunità. Per questo «credo opportuno costituire sul territorio delle équipes di persone, sapientemente formate e cordialmente legate al vescovo, che lavorino in sintonia con il sacerdote che le presiede».
Si tratta di una sperimentazione, che coinvolge le risorse presenti: circa 40 diaconi permanenti, con alcuni candidati; le centinaia di catechiste; i collaboratori nella liturgia e nei servizi di carità; gli animatori degli oratori e tutti quanti vorranno unirsi. Allo stesso tempo, «andrà precisato il servizio con cui la Curia è chiamata ad accompagnare e a sostenere la vita delle nostre unità pastorali».
Le date di anniversario di alcuni appuntamenti importanti della vita di san Francesco chiudono la lettera, come affidamento e preghiera perché tutto sia sotto la forma del Vangelo.
Grazie mille per aver scritto che la fotografia è stata scattata da me, lo apprezzo molto. Buon lavoro!
Qualcosa si sta muovendo in Italia. Primi timidi segnali di cambiamento: dopo Torino, anche Perugia.