Lettera aperta:
– alle autorità militari, civili e religiose
– ai parrocchiani della Valgraziosa
Ancora una volta – facendo memoria del tragico incidente aereo del 3 marzo 1977 sul Monte Serra in cui persero la vita 44 militari – nella Pieve di Calci di cui sono parroco vengono lette le preghiere del marinaio e dall’aviatore.
Ancora una volta, torno a manifestare, sia alla componente militare ed ecclesiastica delle forze armate presenti, sia alle autorità civili e religiose con cui mi relaziono abitualmente sul territorio, il disagio che io e altre persone proviamo in questa occasione.
Fatto salvo il rispetto per la buona fede di chi in tali preghiere si riconosce, appare a me evidente l’anacronismo di alcune affermazioni contenute in quei testi rispetto alle acquisizioni etiche, sia civili che religiose, maturate sui temi della pace e della guerra.
Il Concilio Vaticano II ha invitato i cattolici e l’intera umanità ad affrontare tali tematiche «con una mentalità completamente nuova». La Costituzione italiana ha dichiarato il «ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli».
Ebbene, parole come artiglio, gloria, guerra, forza, potenza, sacra nave armata, nemico, terrore, vittoria, soprattutto se usate al termine della celebrazione dell’eucaristia, ben poco hanno dello spirito evangelico (dal discorso della montagna all’inno alla carità di san Paolo) che dovrebbe animare ogni preghiera cristiana.
Da quelle parole e da ciò che evocano ogni cittadino – memore di che cosa hanno significato per l’Italia il fascismo, la seconda guerra mondiale e la resistenza – dovrebbe convintamente prendere le distanze.
Quel vocabolario e i relativi atteggiamenti sono legati a tempi e sentimenti che tutti speriamo ormai abbandonati da parte sia della Chiesa sia dello Stato, per lasciare il posto a espressioni più consone a una visione delle relazioni internazionali e della difesa militare che, nel tempo presente, appartengono a una Repubblica che si è data tra i suoi fini la pace tra i popoli e la soluzione dei conflitti privilegiando sempre – rispetto all’uso delle armi – il dialogo, il negoziato e la cooperazione internazionale, superando per sempre la “cultura del nemico”.
Dal momento che la Chiesa cattolica ha più volte modificato i libri liturgici ufficiali per essere fedele al messaggio di sempre con un linguaggio consono ai “segni dei tempi” e allo sviluppo della riflessione teologica e morale, ritengo siano maturi i tempi per aiutare i militari a pregare con testi rinnovati nello spirito e nel vocabolario.
Con fiducia affido questi pensieri a coloro che sono incaricati del servizio pastorale alle forze armate (vescovo e cappellani militari) e ai cristiani che ricoprono incarichi nella Marina e nell’Aeronautica, nella speranza che pongano mano a una riformulazione delle rispettive preghiere con concetti e parole fedeli sia al Vangelo che alla Costituzione.
Cordialmente
PREGHIERA DEL MARINAIO
A Te, o grande eterno Iddio,
Signore del cielo e dell’abisso,
cui obbediscono i venti e le onde,
noi uomini di mare e di guerra,
Ufficiali e Marinai d’Italia,
da questa sacra nave armata della Patria
leviamo i cuori!
Salva ed esalta nella Tua fede,
o gran Dio, la nostra Nazione,
da’ giusta gloria e potenza alla nostra Bandiera,
comanda che la tempesta e i flutti servano a Lei,
poni sul nemico il terrore di Lei,
fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro
più forti del ferro che cinge questa nave,
a Lei per sempre dona vittoria.
Benedici, o Signore,
le nostre case lontane, le care genti;
benedici nella cadente notte il riposo del popolo,
benedici noi, che per esso,
vegliamo in armi sul mare. BENEDICI !
PREGIERA DELL’AVIATORE
Dio di potenza e di gloria,
che doni l’arcobaleno ai nostri cieli,
noi saliamo nella Tua luce, per cantare,
col rombo dei nostri motori,
la Tua gloria e la nostra passione.
Noi siamo uomini,
ma saliamo verso di Te
dimentichi del peso della nostra carne,
purificati dei nostri peccati.
Tu, Dio, dacci le ali delle aquile,
lo sguardo delle aquile,
l’artiglio delle aquile,
per portare – ovunque Tu doni la luce –
l’amore, la bandiera, la gloria,
d’Italia e di Roma.
Fa’, nella pace, dei nostri voli il volo più ardito:
fa, nella guerra, della nostra forza la Tua forza,
o Signore; perché nessuna ombra sfiori la nostra terra.
E sii con noi, come noi con Te, per sempre!
Sono pienamente d’accordo con Antonio Cecconi. Come è già stato fatto presente, sarebbe bene cambiare una frase della preghiera dell’alpino che afferma: “rafforza le nostre armi”. Ho discusso per il cambiamento o nel tralasciare tale frase con gli alpini, ma ho trovato una chiusura mentale inammissibile. Affermano: siccome è nata così questa preghiera, non si può cambiare. Ho ribadito dicendo loro di prendere l’esempio dalla chiesa che ha cambiato la stessa liturgia che prima era in latino ed ora è in italiano. Irremovibili! L’altra questione dei cappellani militari e dell’ordinario militare: che senso ha avere tali ‘ministri’ nella chiesa? Comprendo la necessità di accompagnare i militari nel cammino spirituale, ma questo si può risolvere dando l’impegno alla parrocchia dove si trovano i militari. Ultimo aspetto, che purtroppo è entrato in vigore, è l’aver scelto papa Giovanni XXIII come patrono dell’esercito. E’ un’assurdità! Papa Giovanni XXIII l’autore dell’enciclica: “Pacem in Terris”! Sarebbe bene sceglierlo come patrono per tutti coloro che sono impegnati per ottenere la pace nel mondo.
Non è un bell’esempio quello da lei scelto, però gliene offro uno migliore: nel 1925 Pio XI compose una preghiera al Sacro Cuore, allegato a Quas Primas. Nella versione attuale sono assenti queste frasi, presenti in quella originale.
Siate il Re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni dell’idolatria o dell’Islamismo, e non ricusate di trarli dalle tenebre al lume e al regno Vostro. Riguardate finalmente con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto; scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione di vita, il sangue già sopra di essi invocato.
Non credo serve spiegare i motivi della rimozione…
Nella cosa che ho scritto ho evitato di fare il pacifista “senza se e senza ma” (come peraltro sono tentato di essere) ma semplicemente mi sono comportato da cattolico che si riconosce nell’evoluzione di una teologia morale in cui è avvenuto (quanto meno) il passaggio dalla “guerra giusta” alla “legittima difesa” dei diritti violati, e da cittadino di una repubblica che non ha più il Ministero della Guerra, ma della Difesa: anche armata, a ma certe condizioni. Ora il problema è questo: i cappellani militari sono disposti a educare i soldati che assistono spiritualmente a disobbedire qualora fossero richiesti di compiere azioni di uccisone indiscriminata di militari e civili? Perché le future guerre, se mai l’Italia ne dovesse combattere, sarebbero inevitabilmente queste (come sta avvenendo in Ucraina). E – tornando alla preghiere dei militari – una volta concesso che sia necessario che uno stato abbia un esercito, alla luce sia del Magistero della Chiesa che della Costituzione dovrebbe trattarsi solo di un esercito difensivo, in cui non si chieda a Dio dalla “sacra nave” che “doni vittoria” né che ci aiuti a portare dappertutto “la bandiere e la gloria d’Italia e di Roma”. Cose che rimandano alle guerre di aggressione e alle conquiste coloniali, anche perché mi pare che le preghiere in oggetto risalgano proprio a quei tempi.
Qui c’è un grave problema del cristianesimo. Una sorta di aporia pratica: “È giusto almeno difendersi oppure, come sembra indicarci il Signore, non dovremmo fare neanche quello?” Poi: “È giusto rimanere “miti” anche quando a subire la violenza ingiusta è un debole innocente, magari nelle nostre “vicinanze”?”.
Ovviamente questi interrogativi si possono trasporre a livello di ragion di stato, portando ad interrogarsi sull’esistenza o meno di una guerra “giusta”.
La Resistenza in armi dei nostri partigiani fu “evangelica”? E, se lo fu, perché la possiamo definire tale malgrado abbia comportato anch’essa una cospicua quantità di morti e violenza?
Penso che, al netto dell’aggiornamento delle varie preghiere del “milite”, qui risieda il nocciolo del problema e ritengo che la risposta non sia affatto semplice.
Soluzione semplice: lasciare le preghiere come sono, e inserire le parti più controverse tra parentesi, indicando che si possono omettere
Ribadisco che il problema delle preghiere del milite è il dito che punta alla luna. La luna è il rapporto tra il seguace di Cristo e la violenza. Le questioni formali (che in questo caso non risolvono affatto quelle sostanziali) le lascio agli esperti.
Probabilmente chi scrive dovrebbe andarsi a leggere i Salmi che recitiamo ogni giorno nella liturgia delle ore per capire che Dio è ben più complicato rispetto a quello burroso e figlio sei fiori che forse immagina lui…
Beh, tra i salmi e noi c’è stato un tale Gesù che chiamavano Cristo. Non possiamo certo leggere oggi i salmi nel modo in cui lo faceva Davide. Su questo, in quanto cristiani, dovremmo essere ben d’accordo. Questo, ovviamente, senza essere in grado di dare una risposta al problema della violenza che ho sollevato nel post del 15/3
Ma l’avete letta bene la, preghiera dell’Alpino?
Se le sue armi sono la fede e l’amore e lo spirito della preghiera è improntato alla difesa del paese mi sembra che lo spirito del concilio viva proprio in questa preghiera.
Caro Florio molti parroci oggi leggono solo Repubblica e i giornali di sinistra. Se il pensiero dominante di c’è che bisogna essere pacifisti ecologisti animalisti femministi ecco che li vediamo combattere per tutte le cause alla moda. E ipocritamente l’inganno appellandosi a un presunto Gesu’ rivoluzionario sociale che e’ solo bella loro ideologia e non bei Vangeli. Gesu’ e’ venuto per salvare tutti anche i soldati e esaudi’ la preghiera del centurione romano.
BRAVA!!! L’inno di Mameli NON é IL MIO INNO !! Leggete BENE TUTTI i versi dell’inno di Mameli e ragionateci un po’ sopra: vi vengono la forfora, l’orticaria e la nausea…
Io sono italiano del 20° e del 21° secolo e l’inno di Mameli non può essere il mio inno. Non può proprio appartenermi un inno che evoca, pur nella metafora, la barbarie di rendere schiava una donna; e come segno di ciò tagliarle per violenza i capelli. La schiavitù fu messa al bando dalle Nazioni Unite nel ’56 e prima ancora da una convenzione di Ginevra nel 1926. Il sessismo e la violenza sulle donne, poi…
E l’idea di bere il sangue dell’avversario non vi fa fa vomitare? È violenta, barbara, volgare e troglodita, oltre che vomitevole.. Non è il mio inno!!!
L’inno appartiene alla retorica risorgimentale dell’ottocento ma non al mio mondo; appartiene forse al vostro mondo? Non credo. Leggetevi una volta i versi; hanno toni patriottici, nazionalisti e guerrafondai nei quali non vi riconoscerete. Non è il mio inno.
Un pensiero di revisione simile lo hanno anche per i film Disney…
Non mi pare che dalla Bibbia sia stata tolta la donna tagliata in 12 parti… Oppure altre pagine non in linea con il pensiero dominante nelle varie epoche storiche…
Ma quando faremo pace con Dio, con la storia e con noi stessi?
Non mi pare che dalla Bibbia sia stata tolta la donna tagliata in 12 parti… Oppure altre pagine non in linea con il pensiero dominante nelle varie epoche storiche…
Perché non leggete anche il testo completo dell’inno nazionale? E magari anche un’occhiata alla Marsigliese?
Sono pienamente d’accordo con lo scrivente. Si aggiunga anche la preghiera dell’Alpino… Testo del tutto superato sia per contenuto sia per stile sia per anacronistica d’attualità’. Si devono emendare, non azzerare. Gli Alpini peraltro sono persone lodevolissime, assai attive nel sociale e sempre disponibili a supportare tantissime iniziative. Detto questo la preghiera dell’Alpino, anacronistica SR non antistorica, va assolutamente emendata.
Perfettamente d’accordo. Io andrei anche oltre, nel chiedermi se abbia senso ancora (se l’ha mai avuto dal punto di vista evangelico) avere un ordinariato militare con le relative cappellanie. Forse sarebbe l’ora di compiere il grande passo. Se non ora, quando?
Concordo sul senso che possa ancora avere l’ordinariato militare. Da quando non esiste più la leva generalizzata, ma cittadini italiani che scelgono di fare il “mestiere” del soldato, gran parte dei militari di professione abitano a casa propria, vanno in caserma come altri vanno in ufficio e quindi per la loro vita di fede possono fare riferimento alle rispettive parrocchie. Tutt’al più si potrebbe prevedere un piccolo contingente di preti disponibili ad accompagnare i militari italiani incaricati di missioni all’estero in quei paesi dove non è presente la chiesa cattolica. In ogni caso, finito il tempo delle caserme, l’assistenza religiosa anche delle realtà stabili residue (come le accademie militari) potrebbe essere affidata al clero della diocesi in cui sono ubicate, stabilendo apposite convenzioni col ministero della difesa. E’ quanto avviene per i cappellani dei carceri e degli ospedali. Con una differenza: che i cappellani del carcere non sono difensori d’ufficio dell’amministrazione penitenziaria, né quelli dell’ospedale del servizio sanitario nazionale. Mentre troppe volte i cappellani militari, e il relativo vescovo, essendo in organico nelle rispettive armi (equiparati a ufficiali, colonnelli, generali… con i corrispondenti stipendi!) danno l’impressione essere lì come garanti ecclesiastici delle varie attività e interventi anche di tipo bellico, più che mandati ad annunciare il Vangelo della pace a chi indossa una divisa.
Quello che è intollerabile è che ci sia negli eserciti ci sia un prete che benedice le armi e la guerra. Un prete è uomo di pace e può solo essere uomo di pace; un ordinario militare, un cappellano militare possono essere solo pacifisti infiltrati dentro all’esercito. Non vedo alternative. I sacerdoti che benedicono le armi sono un equivoco che risale ad Agostino Gemelli ed ai suoi tempi infausti.
Più che ci siano preti che si occupano della cura pastorale dei militari, quello che scandalizza è proprio il fatto che si sia sentito il bisogno di integrare e che ci siano nell’esercito dei ministri della Chiesa, la quale nulla dovrebbero avere a che fare con le armi e con lo stile militare. Inevitabile, che una volta integrati nei ranghi militari ne finiscano per avallare i metodi e la mentalità.