Il cammino della Quaresima, il peso della pandemia, ma anche la sofferenza di una secolarizzazione crescente e la preoccupazione per la tenuta del tessuto civile: sono le attenzioni di una lettera pastorale per la preparazione alla Pasqua dei vescovi sloveni ai loro fedeli (14 febbraio 2021).
La lotta per la salute di ciascuno e di tutti rimanda al tema della salvezza. «La salute è un grande bene di Dio, ma è solo un segno di un bene maggiore, la salvezza donata dal Cristo». Richiamarlo è tanto più urgente nel momento in cui si è dovuto sospendere le celebrazioni anche per la Pasqua e il Natale scorso.
«Al momento dell’attuale epidemia i vescovi con il cuore pesante hanno deciso di limitare temporaneamente la celebrazione della santa messa e degli altri sacramenti» Altre forme di preghiera sono possibili e preziose, ma certo non possono sostituire adeguatamente la celebrazione comunitaria. «Se in passato lo abbiamo dimenticato, se abbiamo abbandonato con sufficienza la messa domenicale, d’ora in poi non sia così».
L’attesa di economisti, politici e amministratori per la ricostruzione va accompagnata con una nuova sensibilità di fede.
«Si parla molto del declino del cristianesimo in Europa. Alcuni addirittura lo perseguono. Non sembrano avvertire che stanno segando il ramo su cui sono seduti, che stanno zavorrando il pozzo da cui le precedenti generazioni hanno attinto l’acqua per far fiorire la cultura europea, acqua che dona la vita eterna. Il vangelo di Gesù era e rimane il pane dato per la vita del mondo (Gv 6,68)».
«I valori cristiani sono necessari anche per il buon funzionamento della comunità politica. Quest’anno festeggiamo il 30° anniversario della dichiarazione di indipendenza dello stato. In questa occasione, esprimiamo ancora una volta la nostra gratitudine a tutti coloro che hanno lavorato duramente per questo, specialmente a coloro che hanno donato la loro vita. Abbiamo deciso per uno stato indipendente che alimentasse il rispetto della nostra dignità umana… Trent’anni fa speravamo che la Slovenia si affermasse come stato democratico nel rispetto reciproco, luogo di libertà, convivenza e cooperazione. Ma, dopo i primi tre decenni, abbiamo l’impressione di essere ancora molto lontani dall’obiettivo».
La crisi della pandemia richiede l’unità e l’aiuto vicendevole e non la scelta dell’interesse personale o di gruppo. «L’epidemia fa temere che lo stato d’animo del nostro paese, dopo tre decenni di indipendenza e di autonomia, non abbia ancora il senso della statualità» e cioè il senso della responsabilità pubblica e del bene comune. Troppo rapidamente i valori cristiani sono stati sostituiti dal consumismo e dall’ideologia materialista, da quello che papa Francesco chiama “la cultura dello scarto”.
«Speravamo in una Slovenia libera e democratica, senza esclusioni, guidata dal rispetto reciproco e dall’inclusione di tutti coloro che sono disposti alla collaborazione. Negli ultimi mesi, tuttavia, abbiamo assistito a scene di odio e di esclusione, che rappresentano una grave minaccia per il nostro giovane stato».
Aspettiamo tempi migliori, ma ci saranno «se noi saremo migliori e se lavoreremo di più per gli esclusi nelle comunità ecclesiali come in quelle politiche».
Il testo, sottoscritto dai vescovi delle sei diocesi e affidato al milione e seicentomila cattolici (su due milioni di abitanti), termina con un accorato invito al rinnovamento dell’annuncio del Vangelo.