Molte diocesi italiane, negli ultimi anni, hanno cercato di riorientare i propri percorsi di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, dopo un’attenta verifica di alcune sperimentazioni: si pensi a Brescia, a Cremona, a Milano, Palermo, ora anche Padova, per citarne alcune.
Gli Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei ragazzi delle diocesi di Torino e Susa (10 ottobre 2024) presentano alcune caratteristiche che possono aggiungere interessanti guadagni al panorama così ricco di indicazioni e attualizzazioni.
Queste poche righe non pretendono di elaborare un riassunto del testo, al quale si rimanda, quanto di sottolinearne alcune caratteristiche, che possono accompagnare chi desidera nel ripensare i propri itinerari di iniziazione cristiana.
Fiducia nel presente. Mai abbastanza abbiamo bisogno di riconoscere che la fatica delle nostre comunità e, in particolare, di quanti si mettono a servizio del delicato e importante compito di iniziare alla fede nasce «dal ripetere forme del passato, con la consapevolezza che esse dicono ben poco nel presente e per il futuro, e forse tutto questo può ingenerare un senso di stanchezza, che ci fa oscillare tra il lamento e la nostalgia».
Il primo obiettivo, quindi, è accompagnare chi concretamente vive questa sfida in uno sguardo di simpatia verso questo tempo, perché non esistono situazioni impermeabili al Vangelo; è novità che genera conversione, ma sempre a partire da un’accoglienza della vita.
Dentro una rivisitazione della presenza della Chiesa sul territorio. Gli Orientamenti giungono dopo due anni di avvio del processo con il quale due diocesi hanno scelto di reinterpretare, gradualmente, ma senza perdere di vista tutte le questioni, il senso della propria esistenza in questo spazio e in questo tempo. «Appare sempre più chiara, dunque, la necessità anche urgente di ridisegnare il nostro modo di esistere, come Chiesa, sul territorio, al fine di continuare qui ed ora ad essere ciò che dobbiamo essere e ad offrire il Vangelo alle donne e agli uomini che incontriamo e lo desiderano. Non farlo, significherebbe rimanere schiacciati da un passato che ci impedisce di compiere la nostra missione nel presente e, dunque, di essere fedeli a Cristo» (R. Repole, Lettera alla diocesi, 26 giugno 2022).
In questo senso, è vera la frase presente nel documento: «occorre non perdere di vista la consapevolezza di lavorare su una parte avendo presente anche il resto, perché questo consente di non caricare le aspettative e, contemporaneamente, di non abbandonare la prospettiva: annunciare a tutti la straripante bellezza del Vangelo».
Il protagonista è Dio. L’iniziazione cristiana è un’azione passiva: «si viene iniziati». La comunità dei credenti può creare le condizioni perché il dono di Dio, che sempre anticipa ogni azione evangelizzatrice, possa essere liberamente accolto. Non è possibile «decidere in anticipo i risultati, i tempi e le forme di accoglienza della Parola di Dio».
È una prospettiva di umiltà, ma, allo stesso tempo, di libertà e serenità. Forse molte preoccupazioni pastorali nascono quando si perde di vista questo sguardo e si preferisce, a fin di bene, scegliere altre vie più veloci, per poi scoprire che si sono rivelate come vicoli ciechi.
Oltre i bambini. Gli Orientamenti si collocano in collegamento strutturale con le proposte di annuncio già in corso con i giovani, con gli adulti, con la formazione diocesana a vari livelli, in particolare quella del nuovo Istituto interdiocesano “Percorsi”, che si occupa della formazione dei nuovi ministeri istituiti, in forma laboratoriale, dopo e insieme ad un attento discernimento.
Emerge l’immagine di una Chiesa che desidera offrire a tutti il Vangelo e, per questo, valuta bene energie, spazi e tempi perché non si privilegi solamente una fascia d’età, insieme alla sottile pretesa che quanto ad essa fornito possa essere sufficiente anche per altri tempi della vita.
Oltre le nozioni. «Il percorso diocesano chiedeva alla catechesi di rinnovarsi profondamente. Ci eravamo proposti di essere più kerygmatici (ossia più capaci di far parlare il Vangelo come parola vera e nuova, che sorprende e interpella), ma spesso siamo rimasti scolastici; più esperienziali, ma spesso siamo rimasti ancorati a incontri fatti di troppe parole» (così la Guida diocesana di Cremona). Queste parole umili e sincere, che fanno eco a tanti salmi di invocazione, trovano conferma nel desiderio degli Orientamenti di Torino e Susa di accompagnare bambini, ragazzi e famiglie in un reale “bagno ecclesiale”.
Per questo, le attenzioni, concrete e visibili, alle altre fasce d’età possono diventare un aiuto per il superamento di quanto molte parrocchie lamentano, senza trovare soluzioni.
In questa direzione, l’iniziazione cristiana è paragonata ad un «tirocinio, durante il quale si imparano le parole, i segni, il modo di stare insieme nella Chiesa e nel mondo», in cui tutte le dimensioni della persona sono coinvolte.
Degno di attenzione è l’aggettivo “graduale”, che segna ogni esperienza di introduzione alla fede.
Logica formativa e logica sacramentale. Alcune tappe celebrative comunitarie, con le consegne dei simboli della vita cristiana, e la celebrazione dei sacramenti, sono collocate dentro un cammino che ha due elementi portanti, che identificano sia il che cosa sia il come della proposta: la logica sacramentale (Dio inizia attraverso i sacramenti alla vita cristiana, per questo è importante prendersi cura del prima e del dopo allo stesso modo) e la logica formativa (dove primo annuncio e mistagogia esprimono rispettivamente non solo l’inizio del processo e il dopo dei sacramenti, ma rivelano anche la modalità della formazione e lo stile ecclesiale).
Sostenibilità. Una delle fatiche più grandi dei processi di ripensamento dei percorsi di iniziazione cristiana nasce dallo scontro, spesso doloroso, tra la sostenibilità di questi percorsi e le reali forze delle parrocchie.
Gli Orientamenti individuano quattro tappe in quattro anni: «non è questione di fare sconti, ma l’invito a puntare all’essenziale, curando la qualità della proposta. Non dimentichiamo che si tratta solo di un primo tratto del cammino di formazione che, nelle seguenti stagioni della vita, richiede altri approcci e altri linguaggi». L’ordine consueto dei sacramenti (riconciliazione, eucaristia e cresima) non è toccato.
I soggetti coinvolti. Come già esplicitato, il centro è la vita reale della comunità, che si esprime in alcune figure.
I catechisti istituiti avranno il compito di coordinare i cammini di iniziazione e le altre proposte di formazione della comunità. A tutti i catechisti è ricordata la responsabilità formativa, sostenuta dalla diocesi.
Sono invitati a partecipare al cammino tutti coloro che fanno riferimento al Vangelo: «c’è bisogno dell’apporto di tutti, anche se non tutti fanno tutto». In particolare, si darà avvio alla formazione di figure di accompagnamento dei preadolescenti, con una precisa proposta diocesana, perché è questa una delle età più delicate e preziose.
Le comunità sono invitate a «sostenere e accompagnare con pazienza e generosità i genitori nel compito di essere educatori della fede dei figli, soprattutto nel contesto missionario che viviamo, nella logica del primo annuncio e nell’incontro con la comunità, che dovrà attrezzarsi per offrire agli adulti percorsi significativi». Sono dedicate parole piene di delicatezza per le persone disabili e i loro familiari: «è in gioco, infatti, la verità del nostro essere comunità ospitale nel nome di Cristo. Favorire la partecipazione di tutti nella Chiesa significa vivere e testimoniare pienamente il Vangelo».
Nella logica dell’accoglienza. I bambini che non hanno ancora ricevuto il battesimo sono inseriti nel percorso ordinario con i loro coetanei; chi si presenta, battezzato o non battezzato, a cammino già iniziato, viene inserito nel gruppo, privilegiando la partecipazione con i propri coetanei. Viene, infine, chiarita la modalità di riconoscimento dei percorsi associativi e scolastici (Azione cattolica, Agesci, scuole cattoliche) rispetto al percorso di iniziazione cristiana.
Il documento dà valore a questo ambito che tante risorse chiede alle parrocchie, ma allo stesso tempo autorizza a liberare qualche energia per guardare prima, dopo e oltre questo momento della crescita. (Seguirà un ulteriore testo con aiuti di metodo, di stile, e di contenuto per i singoli incontri).
Una proposta semplice, ma fondata, che mette al centro una figura di comunità cristiana reale e allo stesso tempo viva, in una rete locale e con la diocesi, nella tensione mai compiuta di chi vuole vivere una fede sempre interrogata dalla vita.
Mi complimento per l’iniziativa, le proposte e le scelte in buona parte innovative. Penso sia doveroso, per stare al passo con il cambiamento culturale in atto, rinnovare la catechesi dei ragazzi. E altrettanto importante ritengo sia che, nonostante il parere contrario di qualcuno, il Vangelo e l’educazione cristiana possano ancora raggiungere le nuove generazioni allo stesso modo per il quale dalla nascita gli si dà un nome, una casa, una famiglia, la cittadinanza, l’educazione, la formazione scolastica…
Chi fosse interessato a leggere il testo di cui parla, lo troverà qui: https://www.diocesi.torino.it/site/orientamenti-per-liniziazione-cristiana-dei-ragazzi-le-linee-guida-a-cura-di-mons-repole/ (in fondo alla pagina c’è il link).
Tutto questo discorso non mi piace. I termini come “iniziazione” o “evangelizzazione”, specialmente nei confronti dei bambini, individui dalla personalità non ancora pienamente matura, sono sinonimo di “lavaggio del cervello”. Non mi sta bene. Io sono per lo sviluppo di una personalità indipendente e libera, individui che decidono in piena consapevolezza e autonomia ciò che va bene per loro, quindi anche l’eventuale adesione a un credo religioso e a quale. No, quindi, al battesimo dei neonati e all’indottrinamento dei bambini alla fede cattolica (e questo vale per qualsiasi altra religione), sì alla libertà di ognuno di decidere per se stesso in età adulta, in piena libertà e consapevolezza.
Sarebbe “lavaggio del cervello” proporre la visione cristiana della vita quando invece a lavare il cervello è proprio la martellante propaganda del pensiero radical-agnostico-relativista politicamente corretto in cui siamo immersi? Inoltre, si può liberamente scegliere solo se si conoscono le varie possibili opzioni. Colui al quale è stata imposta l’ignoranza del Vangelo come potrà liberamente sceglier se accoglierlo o no? Seguirà semplicemente l’andazzo che è così facile e comodo.
1) questo indottrinamento deve essere veramente potente, vista la percentuale scarsa di giovani nelle nostre Chiese…
2) se si vuole vietare di insegnare ai bambini qualsiasi contenuto religioso allora deve essere vietato anche quello di qualsiasi dottrina filosofica, tra cui ateismo, unanismo, secolarismo etc. Sennò di fatto si educano i minori ad essere contro la religione
Si continua a voler ricercare nuove strade di evangelizzazione, con sempre più nuove terminologie, vuote e incomprensibili per ragazzi e adulti che, confusi e storditi dai tanti mezzi di informazione che presentano ossessionatamente, una realtà diversa. E il problema è solo uno: si finisce sempre per cadere nella presunzione di essere i protagonisti e non i testimoni di un evento salvifico che, inforza della Grazie dello Spirito Santo, continua a lottare, ogni giorno, per non soccombere sotto le insidie di un comune Nemico che, sebbene è giusto non vivere nel Suo timore, e altrettanto giusto, non ignorarne la sua esistenza. Io non sono ingrado di citare i tanti passi del vangelo incui il Signore, ci mette in guardia, di vegliare e pregare, per non cadere in tentazione: non ho mai da Lui. Dalla Genesi al Vangelo, è rivelato il nostro essere figli di Dio e l’azione salvifica di Dio fino ad oggi, contro l’antico Nemico.
A volte, se ci badiamo bene, sono i bambini che portano in parrocchia i genitori. È una grossa opportunità da non perdere. Accogliere e farsi compagni di viaggio.