Il vescovo di Sora, Gerardo Antonazzo, nella Lettera d’Avvento, esorta la Chiesa a lui affidata a dar vita ad un nuovo modo di fare catechismo.
È abituale in Avvento il riecheggiare di quel germoglio caro ai profeti. Ma anche ai nostri giorni – ancor segnati dalla pandemìa – un vescovo esce con l’immagine profetica di un “ramo di mandorlo” che si riveste di fiori. Insomma: pandemìa che spoglia e una Chiesa che vive questa situazione come opportunità di rinascita, in particolare come nuova vita per l’iniziazione cristiana. “Vedo un ramo di mandorlo” s’intitola la Lettera di Avvento che il vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, Gerardo Antonazzo, rivolge alle sue comunità.
Datata alla prima domenica d’Avvento di questo difficile 2020, egli vuole sia una occasione di vita e di speranza, pur nei limiti che viviamo. «Il tempo di Avvento che ci disponiamo a vivere – si legge nel finale – educa all’attesa e alla speranza nell’iniziativa del Dio che ci precede. Proviamo a immaginare le attese di Dio e la speranza che Lui ripone nella nostra capacità di riconoscere i “segni” della storia alla luce dei quali interpretare e comprendere il novum da accogliere. Auguro la gioia di camminare incontro al Signore che sempre viene per rinnovare ogni cosa».
Dalla memoria dei deserti a quella della parusia, la rivelazione di Dio sorprende sempre la storia dell’uomo – evidenzia il vescovo. Eppure è proprio qui che nasce «la forza profetica della Chiesa: la Parola nel cuore, e gli occhi attenti nel cogliere ogni germoglio di vita nuova, mentre il mondo è afflitto dal gelo dei rigidi giorni della paura e della prova. Sarà la capacità di “non spegnere lo Spirito” della profezia che ci potrà aiutare a non soccombere sotto i colpi inesorabili della sfiducia e della rassegnazione, rinunciatari rispetto alle sfide che questo tempo di pandemia ci sta ponendo di fronte».
Tre dimensioni
Purificazione, attesa, speranza: queste le tre dimensioni dell’Avvento che la Lettera rimarca seguendo l’invito paolino a vagliare ogni cosa e tenere ciò che è buono.
Il primo aspetto è evidente nella potatura rappresentata dalle sofferenze presenti, ma proprio qui occorre chiedersi cosa mettere in cima alle priorità come irrinunciabile, come vivere la centralità dell’eucaristia nella vita cristiana e anche come riscoprire «l’urgenza di una diversa catechesi sui sacramenti».
Di questi tempi non si parla molto di iniziazione cristiana, eppure negli input del vescovo di Sora c’è un forte invito a far tesoro d’una lezione particolarmente evidente quest’anno di vari confinamenti: la dimensione familiare e della casa nel modo di essere Chiesa. Se questo è stato purificazione è, allo stesso tempo, una preziosa risorsa da non lasciar cadere; e comprende ascolto della parola e preghiera in famiglia e spostamento del baricentro dell’iniziazione cristiana che torna nelle case.
Tempo di attesa è un’altra caratteristica dell’Avvento e proprio in questo tempo “sospeso”. Ed ecco le domande: «Il tempo nuovo che si è aperto ci interroga: cosa significa essere discepoli del Signore Gesù oggi? Ci basta andare in chiesa o siamo invitati a vivere diversamente la comunità? Che cosa è stato significativo in questi mesi? Come essere annunciatori del Vangelo in questo tempo specifico?».
E infine: tempo di speranza. «La speranza aguzza l’ingegno – scrive il vescovo –. Sprona alle decisioni necessarie, irrinunciabili e inderogabili perché, insieme con la creatività, non venga soffocata e impedita anche la novità: le nostre Chiese locali si trovano a fronteggiare alcune sfide cruciali. Papa Francesco ci ricorda che proprio le “sfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedizione piena di speranza! Non lasciamoci rubare la forza missionaria!” (EG n. 109)».
Un’attualizzazione, dunque, del nostro vivere la fede che in questo tempo è stato ridimensionato-potato, ma che proprio per questo invita a coraggio e creatività oltre il pessimismo.
Rinnovare la catechesi
Ed ecco il senso e lo scopo di questa lettera, che presenta «il canovaccio di una proposta di rinnovamento della catechesi, alla luce delle Linee guida Ripartiamo insieme, dell’Ufficio catechistico nazionale e della riflessione svolta nelle otto zone pastorali della diocesi.
Il Progetto è soltanto un primo tentativo di revisione della prassi catechistica tradizionale che risulta impossibile riproporre in questo periodo in ragione della grave emergenza sanitaria; ma anche poco saggio pensare di recuperarla senza nulla cambiare, come se nulla fosse successo».
Sulle ceneri di tante “frustrazioni pastorali” bisogna costruire a mo’ di laboratorio e sperimentazione di altro rispetto a prima. «Sono fiducioso nella disponibilità di tutti a “ripartire insieme” – scrive il vescovo – per evitare confusione, dispersione e approssimazione nelle scelte concrete che adotteremo in ogni comunità cristiana». E così, dopo un ampio dibattito e riflessione nelle zone, di cui la Lettera dà conto, si passa a tracce di sperimentazione con alcune attenzioni.
Da sempre le grandi crisi del popolo d’Israele hanno provocato ripartenze all’insegna di un rinnovato ascolto della Parola. «Lungo la storia – nota L. Bruni – i grandi cambiamenti istituzionali sono stati generati quasi sempre da dolori collettivi, da enormi ferite sociali che hanno saputo far nascere, qualche volta, anche una benedizione».
Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli – come papa Francesco prospettava alla Chiesa italiana già nel convegno ecclesiale di Firenze, con un invito pressante alla creatività di fronte alle sfide. Occorre superare il virus dell’abitudine, anche se molti vorrebbero tornare alla “normalità pastorale” di sempre, insiste mons. Antonazzo. È sempre in agguato la nostalgia del passato – prosegue –, eppure oggi è necessario un salto di qualità (vino nuovo, otri nuovi) per cambiare insieme, altrimenti non muterà nulla e sarà un’occasione persa.
«Proprio in questo tempo le nostre Chiese – nota la Lettera – hanno bisogno di ripensarsi e di ricominciare, con un sussulto evangelico: abbandonare la nostalgia delle abitudini e correre il rischio di cambiare. Entrare in “crisi” non è una disgrazia, ma un’opportunità, un tempo propizio di discernimento, un kairòs che salva: Là dove prevalevano il dolore del Venerdì Santo e il silenzio del Sabato Santo, i cristiani hanno cominciato a cogliere i bagliori della Domenica di risurrezione».
Ecco in sintesi i punti cardine emersi dal confronto condiviso in diocesi sull’iniziazione cristiana (IC).
L’IC va radicata in famiglia e coinvolgere i genitori; bisogna recuperare la centralità dell’eucaristia; valorizzare i catechismi CEI; accompagnare i genitori come vera svolta e formazione-sussidiazione; schede in casa sulla liturgia domenicale e favorire la formazione di “Laboratori familiari della fede”.
«Sarà un suicidio – scriveva il card. Grech citato da mons. Antonazzo – se, dopo la pandemia, torneremo agli stessi modelli pastorali che abbiamo praticato fino a ora». È urgente quindi un cambio di paradigma assunto consapevolmente e tutti insieme. E si parte dalla prima Domenica di Avvento seguendo e valorizzando l’iter dell’anno liturgico con le sue tappe e accenti. Importante e decisiva sarà anche la cura dell’omelia da parte dei presbiteri e soprattutto la creatività educativa della famiglia per costruire qualcosa di nuovo e più incisivo rispetto a ieri.
«Nell’esperienza del lockdown è emersa in modo dirompente la centralità educativa della famiglia… Più che riflettere su come coinvolgere le famiglie nella catechesi abbiamo compreso di dover assumere la catechesi nelle famiglie. Ma per far questo bisogna partire dai loro ritmi e dalle loro risorse reali, valorizzando ciò che c’è piuttosto che stigmatizzare ciò che manca. La parrocchia sia molto attenta ad offrire strumenti adeguati per vivere la fede in casa: la preghiera familiare e l’ascolto della Parola siano sostenuti attraverso sussidi semplici, suggerimenti per il coinvolgimento del nucleo familiare con pratiche di vita evangelica e iniziative di carità… La comunità cristiana (parrocchia) deve educare e aiutare i genitori a svolgere la loro missione battesimale e nuziale nella quotidianità della Chiesa domestica».
E sarà segno di un passaggio coraggioso e decisivo nel rinnovamento della pastorale e del volto delle comunità.
Buonasera desidero leggere l’ispirazione da Lei avuta il giorno dell’immacolata che accennava in classe il nove dicembre, come e dove posso leggerla.
Grazie.