«Nessuno avrebbe pensato, il giorno di san Geminiano (patrono di Modena) di un anno fa (2020), di essere alla vigilia di una pandemia così drammatica. Dalla seconda metà di febbraio, l’intera umanità sta vivendo la crisi più acuta degli ultimi decenni, inferiore solo alle due guerre mondiali che hanno devastato il secolo scorso: stiamo superando la soglia dei cento milioni di contagiati e ci avviciniamo ai due milioni e mezzo di morti per o con il Covid».
È uno dei primi paragrafi della “lettera alla città” che il vescovo di Modena, Erio Castellucci, ha pubblicato il 25 gennaio in occasione della festa del patrono della città (31 gennaio). Una crisi che causa la scomparsa di un’intera generazione, l’aggravamento delle difficoltà dei più fragili ed esposti, un distanziamento che è fisico, ma anche psico-affettivo.
Nel contempo, essa svela il dramma della solitudine, delle disparità economiche, delle aree di povertà, guerre, diseguaglianze e inquinamento. Da un lato, alimenta e causa l’avvio di molti gesti di bene, incentiva professioni e obbliga a cambiamenti opportuni (il digitale) e, dall’altro, svela quella rete di servizi (dalla sanità alla sicurezza) che sono sempre al servizio del bene comune. «Molte persone, vicine o lontane dall’esperienza cristiana, domandano ora alla Chiesa di mettere in luce le opportunità spirituali che la pandemia racchiude».
Modena e il contado
L’onda delle crisi recenti (dal terrorismo nel 2001 alla crisi finanziaria del 2008, dai moti migratori nel 2010 alla consapevolezza del dramma ambientale nel 2015) si intreccia e si sovrappone alla pandemia e richiede una risposta su come trasformare l’emergenza in una opportunità. Parlare di rigenerazione per i cristiani rimanda all’elemento fondante della fede, la morte e la risurrezione di Gesù.
Da qui prende avvio la ricerca di elementi per rigenerare la comunità anche civile, con un atteggiamento di umiltà e servizio e con iniezioni di speranza che comprendono l’annuncio del kerigma, la paternità di Dio, la speranza, la risurrezione della carne, il senso possibile del dolore.
Possibili tracce di ripresa interessano la sanità e i suoi insostituibili servizi con la pratica delle misure di protezione fino al ricorso ai vaccini. Coinvolgono il mondo educativo e scolastico perché le paure e le ansie non atrofizzino le generazioni dei bambini e dei ragazzi.
L’economia ha davanti a sé sfide gigantesche sia sul versante dei lavoratori sia su quello dell’innovazione e dei mercati. Il clima sociale, affaticato dai crescenti limiti, ha urgente bisogno di passare dall’io al noi. È messa seriamente alla prova la tenuta democratica che richiede il rafforzamento delle istituzioni: dallo stato ai corpi intermedi.
Criteri per un magistero civile
Questa essenziale traccia rimanda alla ricchezza del testo e consente una qualche riflessione su un magistero singolare che impegna diversi vescovi in un dialogo originale con il proprio territorio (cf. SettimanaNews: I vescovi e le città). È indirizzato all’insieme dei cittadini e non solo ai credenti. In questo i pastori sono abilitati dalle profonde radici storiche della presenza ecclesiale nelle nostre città, come anche dall’essere oggi una minoranza nel contesto civile.
È soprattutto la complessità del territorio e la nuova figura dei grandi agglomerati a interrogare la coscienza cristiana e a determinare i temi da affrontare via via: da quelli storico-civili (come nel caso della pandemia) a quelli dell’ethos pubblico e della partecipazione politica.
Rivolgersi «a quelli di fuori», ai cittadini e non solo ai fedeli, è un esercizio che impegna una significativa qualità di lettura dei segni dei tempi, un tratto spirituale-profetico e una sapienza storico-civile. Altrimenti si cade nel moralismo e in un puro elenco dei problemi.
Non è tanto rilevante la dimensione istituzionale della Chiesa, quanto piuttosto la credibilità dei pastori. Nei confronti di alcuni vescovi c’è un evidente consenso, come è successo per il magistero del card. Carlo Maria Martini.
Testi e riflessioni nascono spesso dal contatto diretto con figure professionali di qualità, sia fra i credenti sia fra i non credenti. Un lavoro corale, anche se interpretato dal singolo gerarca. Sarebbe del tutto fuori luogo immaginare una neo-cristianità. La Chiesa, come tutte le parti civili, non è estranea al flusso complessivo della storia, pur fedele a quella riserva escatologica che le impedisce di nascondersi come semplice organizzazione civile.