Incisiva, convincente (e provocatoria) la breve lettera che il vescovo di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo, ha scritto alla diocesi per il “mese del creato” 2021.
Dopo un breve accenno alla Laudato si’ e alla Settimana Sociale dei cattolici italiani che si svolgerà a Taranto (21-24 ottobre prossimi) in cui si richiama il tema dell’“ecologia integrale”, si va dritti al problema: le aziende agricole vittoriesi e il loro rapporto con il territorio, un territorio – lo ricordiamo – che l’UNESCO ha dichiarato “patrimonio dell’umanità”, per la peculiarità della sua coltura vitivinicola, il prosecco.
Questi gli argomenti in questione:
- l’abuso dei cosiddetti “pesticidi”,
- la “biodiversità” minacciata dalla monocoltura,
- il grave ritardo nell’utilizzo delle energie rinnovabili,
- il caporalato, lo sfruttamento, le speculazioni e le frodi presenti nel territorio vittoriese,
- la ricorrente conflittualità tra produttori agricoli e i movimenti ambientalisti.
Un “j’accuse” senza scampo? No, certo. Il vescovo Corrado è di estrazione contadina («orgoglioso della mia origine contadina») e rifiuta «un’indifferenziata condanna vero tutti coloro che operano nell’ambito dell’agricoltura», consapevole degli sforzi compiuti negli anni «per favorire la salubrità e la cura degli equilibri ambientali» e rendendo onore a coloro che vivono il proprio lavoro «con trasparenza, onestà, sensibilità e sincera attenzione tanto alla custodia dell’ambiente, quanto alla qualità delle relazioni umane con i propri collaboratori e dipendenti».
Nonostante l’avvertimento del vescovo («Saper risvegliare le coscienze non significa fare moderne “crociate”»), le reazioni sono state immediate talvolta fino all’insulto e alla volgarità. I giornali ci hanno messo del loro per enfatizzare lo “scontro”. Basta titolare “Il vescovo contro il prosecco”, “La guerra (santa) del prosecco”, “Il vescovo contro i pesticidi”, “Contro la monocoltura del prosecco” o anche con un più carino “Un vescovo contro le bollicine”, per innescare o foraggiare il conflitto.
Questo è accaduto perché, di tutta la lettera, si è preso in considerazione soprattutto un inciso che il vescovo ha messo tra parentesi allorché, parlando della “monocoltura” «che rappresenta un limite di cui tener conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali», ammonisce che la monocoltura «rischia di diventare “monocultura”, dove non c’è spazio per chi la pensi diversamente».
Ma nella lettera non c’è solo questo ammonimento.
In appoggio alle sue preoccupazioni, il vescovo ha citato la Lettera aperta che una Unità pastorale della diocesi ha indirizzato alle relative comunità, denunciando «un clima sociale che appare sempre più segnato da rancore, aggressività, invidia e gelosia, che feriscono e rovinano ulteriormente le relazioni sociali…».
Il posizionamento di nuovi vigneti vicino a case e scuole ha innescato infatti una vibrata protesta contro l’uso abbondante di fitofarmaci e di pesticidi nelle coltivazioni agricole.
Il vescovo suggerisce due modi per affrontare i problemi: il dialogo e il rispetto delle regole.
L’ufficio diocesano per la pastorale sociale ha attivato da tempo il “Tavolo di Dialogo”, per favorire – scrive mons. Pizziolo – una “cultura del dialogo”. E del dialogo c’è bisogno anche per stemperare le tensioni tra i proprietari agricoli e i cittadini preoccupati per la loro salute. Nella lettera si parla pure di «pratiche di buon vicinato», talvolta disattese, e di un clima di fraternità e di fiducia da ricostruire.
Ma c’è anche il rispetto della giustizia da salvaguardare.
Esistono, infatti, i Regolamenti di polizia rurale e il dovere, da parte delle istituzioni, di vigilare per la corretta applicazione delle normative.
C’è, da ultimo, un richiamo dal forte sapore cristiano. Va bene il “Tavolo”, va bene il richiamo all’osservanza dei regolamenti, ma fermarsi ad essi potrebbe non essere sufficiente. Ecco perché il vescovo Corrado esorta a praticare una “cultura della gratuità” e ad uscire dalla propria “autoreferenzialità”.
Tra le risposte pervenute alla lettera del vescovo vi è quella del Consorzio Tutela del Prosecco Doc. Il direttore Luca Giavi riconosce che nella lettera «c’è un richiamo forte all’attenzione che abbiamo sposato da tempo con azioni molto pratiche. Il prosecco oggi – aggiunge Giavi – è un’opportunità per il territorio, noi siamo disponibili a dialogare».
Per il bene della comunità e delle “bollicine”.