Non occorre una particolare conoscenza giuridica per rendersi conto che lo scandalo, o meglio gli scandali a catena, di cui è vittima il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è un fenomeno grave e importante. Colpisce, infatti, il centro di quello che nella comune nomenclatura costituzionale è chiamato «il terzo potere», quello giudiziario, che si colloca accanto agli altri due, quello legislativo, il parlamento, e quello esecutivo, il governo, che costituiscono l’ossatura istituzionale dello stato.
Di che cosa si tratta? L’art. 104 della Costituzione stabilisce che la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere e indica nel Consiglio superiore della magistratura l’organo di autogoverno della magistratura stessa. La sua formulazione tende ad affermare che, essendo indipendente e autonoma da ogni altro potere, la magistratura dipende solo da se stessa.
A parte il Presidente della Repubblica, che la presiede, ma con una funzione attenuata dalla presenza di un vicepresidente eletto dal parlamento, il Consiglio è composto dal primo presidente e dal procuratore generale della Corte di Cassazione che ne sono membri di diritto e, inoltre, da membri eletti, per due terzi, da tutti i magistrati ordinari appartenenti alle varie categorie e, per un terzo, dal parlamento in seduta comune tra professori universitari in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio.
I luoghi di manipolazione
Fin qui nulla di anomalo. Ma le danze, cioè le possibilità di manipolazione, si aprono sull’art. 105, quello che indica i compiti del CSM al quale competono, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Tutta l’intera vita dei tribunali e delle procure passa dunque per il CSM e, con essa, l’intera vita di coloro che vi prestano servizio. Chi fosse interessato a sapere nelle mani di quale Procuratore o Gip o Giudice di merito – tutti cioè quelli che hanno le mani in pasta – non ha che da tenersi aggiornato sui movimenti previsti dalle norme: assegnazioni, concorsi ecc., per poi aggiustare l’intervento sul pulsante giusto al fine di ottenere la soluzione desiderata.
Il meccanismo è stato attivato nell’operazione messa in atto negli ultimi mesi. Ha visto protagonista l’ex membro del CSM e presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, con un contorno di altri personaggi, alcuni dei quali componenti del CSM, si sono dimessi o autosospesi e prontamente sostituiti. Uno di loro, Luca Lotti, per la sua specifica caratura politica, merita un cenno a parte.
Incontri carbonari
Ormai è noto che i suddetti, variamente composti, insieme o in gruppi si vedevano, come da intercettazioni, si incontravano in luoghi riservati per scambiarsi informazioni e progetti sulle vicende di alcuni magistrati come il procuratore generale di Roma, Pignatone, o su alcune pratiche giudiziarie come le indagini in corso a Perugia (ove è coinvolto Pignatone) o l’affare CONSIP (che interessa Lotti). Tutti nell’insieme in grado di giustificare il titolo del Corriere della Sera del 18 giugno scorso, “Giochi di potere in toga” che però è ingannevole perché riguarda… il Brasile.
Nessun precedente è utilizzabile a memoria d’uomo nella pur travagliata storia del CSM. Né quello della… destituzione da vicepresidente dell’on. Galloni ad opera del Presidente della Repubblica, Cossiga, che pure lo aveva fortemente voluto, né quelli messi in campo in varie versioni sotto i governi Berlusconi al fine di disattivare le iniziative giudiziarie che, in batteria, miravano al cavaliere.
Non si fa in tempo a contare le proposte che si sono avanzate per scongiurare i difetti di sistema del CSM e, in particolare, il suo sistema elettorale da sostituire (proposta Nordio) con il sorteggio dei componenti da una selezione di magistrati e giuristi. Dove il ricorso al sorteggio eviterebbe i rischi delle correnti che inquinano le elezioni, ma non è detto che ne ridurrebbero i difetti.
Riservata a Lotti
Quanto alla casella speciale riservata a Luca Lotti (ma non solo), si può dire che essa comprende un richiamo comune ai rapporti tra politica e giurisdizione che non sempre sono stati limpidi. Il meccanismo descritto sopra non è stato inventato oggi ed è ampiamente illustrato nelle cronache politiche della Repubblica. La nota specifica riguarda Lotti per il suo ruolo di parlamentare e di ex ministro, oltreché di seguace e animatore, nel Pd, del gruppo di Matteo Renzi.
Con un’aggiunta che coinvolge l’attuale segretario del Pd, Nicola Zingaretti, chiamato in causa perché si sarebbe limitato a lodare il fatto che Lotti, appreso di essere coinvolto nell’intreccio, si sarebbe soltanto autosospeso dal partito. Non basta hanno gridato le voci critiche. Se Zingaretti vuole rappresentare una discontinuità verso il renzismo e accreditarsi come il nuovo vero leader, avrebbe dovuto procedere al una misura più drastica, ad esempio l’espulsione. Tanto più che Lotti non si è limitato a tramare ma ha millantato la copertura del Presidente Mattarella, asserendo di aver parlato con lui dei casi suoi e andando ovviamente incontro a una brusca smentita.
Dedicato a Zingaretti
Il problema più generale che si pone per il Pd, ad ogni modo, è quello di individuare un metodo che non costringa sempre il segretario a mediare tra diverse correnti per trovare una sintesi che non arriva mai. Sotto questo profilo il caso Lotti può essere un esempio da non ripetere.
L’elezione di Zingaretti è ancora fresca di primarie e il male rinvenuto nei comportamenti di Lotti è troppo rilevante perché passi a lato di chi ha promesso di fare tabula rasa dei vecchi metodi della politica. Non solo, come è ovvio, della politica verso la magistratura ma della politica in generale verso se stessa e verso il resto del mondo. Troppo recente è l’elezione di Zingaretti a segretario perché diventi obbligato tracciare il rigo rosso dell’ineluttabilità.
Ma un richiamo all’ineluttabile scorrere del tempo diventa senz’altro obbligatorio per chi ritenga che il Pd, nella sua storia complessa, rappresenti la sola alternativa plausibile alle minacce e alle insidie del quadro politico italiano così come è venuto configurandosi dopo le elezioni del 1918 e le “europee” appena celebrate.