Dichiarazione della COMECE
sulla povertà e l’esclusione sociale in Europa
I vescovi cella COMECE constatano che «sono i più poveri a pagare le conseguenze di una crisi causata dalla speculazione, dall’avidità e dalla mancanza di regolamentazione dei mercati finanziari». Nell’Unione Europea «quasi un quarto della popolazione è ancora oggi esposto a rischio di povertà ed esclusione sociale». In particolare i bambini, i giovani, i disoccupati, i gruppi sociali discriminati. È necessario «un approccio integrato … orientato al bene comune, al rispetto della dignità e alla promozione dello sviluppo integrale di ogni persona». Sei raccomandazioni per produrre i «cambiamenti necessari per rilanciare l’ideale di un’Europa sempre più unita».
(Nostra traduzione combinata dall’inglese e dal francese. Le note al piede sono ricavate dalla versione inglese; quando disponibile rinviamo alla versione italiana).
Premura e rispetto per le persone più povere e vulnerabili di una società sono i criteri fondamentali della giustizia sociale. I vescovi della COMECE constatano che, nell’Unione Europea fondata su valori cristiani, quasi un quarto della popolazione è ancora oggi esposto a rischio di povertà ed esclusione sociale. Crediamo sia nostro dovere richiamare un approccio integrato per combattere la povertà e l’esclusione sociale. Solo nella complementarietà delle politiche a tutti i livelli in tutti i campi si può rimuovere le cause strutturali della povertà e promuovere lo sviluppo integrale di ogni membro della società, compresi i più vulnerabili.
La crisi economica e finanziaria ha lasciato cicatrici profonde nel processo di integrazione europea. La ferma fiducia in un’Europa sempre più unita è stata scossa nel momento in cui è andato crescendo il divario tra gli Stati membri in materia di sviluppo economico e sociale. Nella maggior parte dei paesi va crescendo la sperequazione dei redditi e il numero delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale è cresciuto dai 116 milioni nel 2008 ai 123 milioni del 2012.[1] Benché da allora le cifre siano leggermente diminuite, esse continuano a crescere nei paesi maggiormente colpiti dalla recessione. Ciò mostra che sono i più poveri a pagare le conseguenze di una crisi causata dalla speculazione, dall’avidità e dalla mancanza di regolamentazione dei mercati finanziari.
La dottrina sociale della Chiesa definisce la povertà soprattutto come l’esito di ostacoli strutturali che limitano le scelte delle persone e compromettono il loro sviluppo personale e le privano di una reale libertà di vivere con dignità. Non si tratta soltanto di carenza di risorse finanziarie, ma di un articolato complesso di fenomeni che riguardano tutti gli aspetti della vita e impediscono lo sviluppo delle persone, come il degrado ambientale e l’accesso insufficiente alla formazione, ai servizi sociali, alle risorse energetiche, alle opportunità di alloggio.
La povertà nelle nostre società di consumo
Nell’Europa di oggi, la povertà ha molti volti. In seguito alla crisi essa si è spostata dalla periferia al cuore delle nostre società.
- I bambini sono oggi il gruppo più ampio a rischio di povertà nell’Unione Europea.[2] Ancora troppi sono fermi alla classe sociale di appartenenza per nascita e, a causa di un limitato accesso alla formazione, sono loro precluse le possibilità di affrancarsi dalla povertà. In tempo di decrescita della popolazione, è inaccettabile che le nostre società non sostengano adeguatamente l’educazione dei bambini ed espongano le famiglie numerose e i genitori single, specialmente le donne, ad un alto rischio di povertà.
- I giovani sono particolarmente toccati dalla disoccupazione e da condizioni economiche avverse. Come ha detto papa Francesco, essi sono i «soggetti del cambiamento e della trasformazione»[3] in Europa, ma molti di loro intraprendono la vita attiva nell’incertezza e nella frustrazione.
- Un numero persistentemente elevato di cittadini UE appartiene al gruppo dei disoccupati di lungo periodo che devono affrontare carenza di prospettive e di autostima.
- La sola occupazione non protegge più i cittadini UE dall’impoverimento, dal momento che la povertà degli occupati e il precariato vanno crescendo. A un numero crescente di persone è negata una remunerazione giusta e adeguata che permetterebbe alle loro famiglie di vivere con dignità.
- I gruppi sociali discriminati, spesso in forme diverse, sono costantemente ad alto rischio di povertà ed esclusione sociale. Persone fragili e marginalizzate che cercano protezione nelle nostre comunità – come i rifugiati, i richiedenti asilo ma anche gruppi come le comunità Rom – sono private di un loro sviluppo sociale.
Necessità di un approccio integrato
Incoraggiamo l’Unione Europea e gli Stati membri a sviluppare, insieme con i soggetti della società civile e delle Chiese, un approccio integrato per combattere la povertà e l’esclusione sociale in tutte le loro forme.
In sintonia con l’Agenda per uno sviluppo sostenibile[4] dell’ONU e il suo primo obiettivo – sradicamento della povertà attraverso uno sviluppo sostenibile – tale approccio sia orientato al bene comune, al rispetto della dignità e alla promozione dello sviluppo integrale di ogni persona. Basato sui principi della Chiesa quali l’opzione preferenziale per i poveri[5] e la responsabilità comune nel prendersi cura del prossimo, i più vulnerabili devono essere al cuore delle politiche UE, nazionali e locali. Ciò assicurerà che nessuno sia ostacolato nella rivendicazione di ordine morale a una piena partecipazione nella società e ciascuno si assuma la responsabilità morale di contribuire allo sviluppo della comunità.
A questo scopo, i principi di solidarietà e sussidiarietà devono guidare il ruolo di ciascun soggetto all’interno della UE.[6] Un’articolazione equilibrata di entrambi i principi garantirà che le decisioni in ambito legislativo, politico e di allocazione delle risorse vengano prese al livello più locale possibile e insieme quanto più elevato.
La crisi economica e finanziaria ha evidenziato che una singola nazione non è più equipaggiata per affrontare la pressione delle sfide economiche e sociali della nostra economia globalizzata e interdipendente. Poiché le imprese operano oltre i confini, i governi nazionali devono cooperare almeno a livello europeo nella politiche normative, sociali e fiscali. Papa Francesco invita a «passare da un’economia liquida a un’economia sociale» in Europa[7] e sottolinea in particolare il concetto di economia sociale di mercato,[8] che è tra gli obiettivi dei trattati UE.[9] Richiamando la nostra dichiarazione Una comunità europea di solidarietà e responsabilità,[10] rinnoviamo il nostro sostegno a un modello che saldi il principio del mercato libero con i precetti della solidarietà con i meccanismi che mirano al bene comune. In un mondo nel quale «tutto è collegato»,[11] l’economia sociale di mercato può fondare «un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura».[12]
Raccomandazioni: Verso una comunità di solidarietà e responsabilità
- Promuovere lo sviluppo integrale. La vulnerabilità dei poveri delle generazioni future di fronte all’impatto dei cambiamenti climatici comporta gravi responsabilità etiche e morali.[13] L’UE deve aderire strettamente agli obiettivi della strategia Europa 2020 riguardanti il clima e la povertà e porre gli «Obiettivi per uno sviluppo sostenibile» al centro della nuova agenda per il 2030. A tale riguardo, la valutazione periodica della strategia nel quadro del semestre europeo non trascuri gli indicatori sociali e ambientali. Incoraggiamo inoltre l’UE a promuovere ulteriormente modelli alternativi di consumo e produzione e a mirare a una ridefinizione dei nostri sistemi di valori e della nostra comprensione dello sviluppo.
- Garantire la coerenza delle politiche. Conformemente all’art. 9 TFUE,[14] l’Unione deve tenere conto delle esigenze legate alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale nella definizione e la messa in esercizio delle sue politiche e attività. Le politiche future, in particolare nel quadro del semestre europeo e in materia di fiscalità equa, dovrebbero dunque essere formulate e messe in opera in maniera da contribuire all’eliminazione delle cause strutturali della povertà.
- Riequilibrare interessi economici e diritti sociali. L’UE e i suoi Stati membri dovrebbero vigilare affinché il progetto europeo di base dei diritti sociali, con la sua idea di rinnovare la convergenza sociale sulla base di norme sociali comuni adeguate, sia il più possibile completo e dotato di misure concrete di messa in opera al fine di porre termine all’aumento delle disuguaglianze.
- Sostenere adeguate condizioni di lavoro. Papa Francesco ci ricorda di promuovere politiche a favore dell’impiego che assicurino nello stesso tempo adeguate condizioni di lavoro.[15] Mentre riconosciamo che le Garanzie per la gioventù e le Iniziative per l’impiego dei giovani hanno contribuito a creare lavoro per loro, incoraggiamo l’UE a seguirne l’impatto sui tempi lunghi e a collegare le iniziative con la destinazione di fondi all’impresa nelle regioni povere. L’UE e gli Stati membri devono altresì garantire che i lavoratori non vengano privati dei loro legittimi diritti a eque condizioni di lavoro e a una remunerazione che «consenta a loro e alle loro famiglie un livello di vita dignitoso».[16] Raccomandiamo pertanto all’UE di rafforzare la normativa sul lavoro e promuovere, a livello internazionale, una migliore applicazione dei Principi guida delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani.[17]
- Riconoscere le famiglie come soggetti chiave nella società. I bambini che vivono in contesti domestici poveri incontrano ostacoli importanti che riducono le opportunità fin dalla prima infanzia. Raccomandiamo di assicurare eguale accesso alla formazione e di sostenere i genitori single e poveri così come le famiglie numerose. Poiché la famiglia è la prima risorsa nelle situazioni difficili, l’UE deve darle particolare attenzione, assicurarne l’unità e promuovere politiche centrate sulla famiglia.
- Incoraggiare il dialogo e la cooperazione. Invitiamo l’UE a incoraggiare il dialogo e la cooperazione con tutti i soggetti implicati. Tale dialogo dovrà coinvolgere le Chiese e le loro organizzazioni, ma dare anzitutto priorità ai poveri, che non devono mai essere visti «come un problema, ma come coloro che possono diventare soggetti e protagonisti di un futuro nuovo e più umano per tutto il mondo».[18]
La combinazione dell’insieme di queste azioni può condurre ai cambiamenti necessari per rilanciare l’ideale di un’Europa sempre più unita. Porre le persone, in particolare i poveri, al centro delle sue politiche può rendere le nostre società non solo più inclusive, ma anche più resilienti di fronte a crisi future. In un’economia globalizzata, ciò contribuirà al nostro impegno comune per «instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più e meglio serva l’uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la propria dignità».[19]
[1] Eurostat, People at Risk of Poverty or Social Exclusion (2016).
[2] Ibid., Children at Risk of Poverty or Social Exclusion (2016)
[3] Francesco, Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno (2016).
[4] L’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile è un programma di sviluppo universale e integrato adottato nel 2015 da tutti gli Stati membri dell’ONU. Si articola attorno a 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.
[5] Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis (1987), 42.
[6] Oswald von Nell-Breuning, Baugesetze der Gesellschaft (1968).
[7] Francesco, Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno (2016).
[8] Ibid.
[9] Cf. Art. 3 del Trattato sull’Unione Europea.
[10] Cf. http://bit.ly/2cFWwRE
[11] Francesco, Laudato si’ (2015), 91.
[12] Ibid., 139.
[13] Francesco, Messaggio al COP22 (2016), .
[14] Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
[15] Francesco, Discorso al Parlamento europeo (2014).
[16] Carta sociale europea (riveduta) (1996), Art. 4.1.
[17] Cf. http://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf
[18] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXIII Giornata mondiale della pace (2000), 14.
[19] Gaudium et spes (1965), 9.