«Se avessi compreso anche tu in questo giorno la via della pace!» (Lc 19,41). È il pianto di Gesù sulla città di Gerusalemme riportato dal vangelo di Luca. S. Ambrogio commenta che il Signore Gesù pianse su Gerusalemme affinché, siccome essa non voleva piangere, ottenesse il perdono attraverso le lacrime. C’è bisogno di un pianto interiore per l’umanità, per la vita dell’uomo, una preghiera costante e continua unita al pianto di Gesù su Gerusalemme, una preghiera efficace capace di cambiare il cuore dell’uomo con la forza straordinaria della pace.
La voce dei papi non è mai mancata per favorire il percorso della pace nel mondo. La stella della pace spunta e brilla più fulgida quando gli uomini compongono i loro rapporti, sociali, economici e politici, secondo i principi della verità, della giustizia sociale, della carità.
Immagini di pace
La pace è dono di Dio è legata alla regalità dell’Eterno. Essa, come dice la Scrittura, diventa segno dell’avvento del Messia. È vera pace quando l’uomo scopre Dio come bisogno, sorgente di vita diversa e piena. Nel libro del profeta Isaia ci sono molte e belle immagini che ci fanno comprendere la bellezza della pace di Dio; prima di tutto l’immagine del raduno dei popoli sul monte Sion, il monte di Dio, il luogo santo per eccellenza per il monoteismo ebraico. Lì sul quel monte, l’Eterno sarà giudice delle nazioni, arbitro, maestro di giustizia e di pace, il segno è eloquente, dice il profeta, l’Eterno trasformerà i segni della guerra in pace: spezzerà le spade e le trasformerà in vomeri e le lance in falci (cf. Is 2,4); la seconda immagine è quella della vigna. Dio paragona il suo popolo alla vigna: «Faccia la pace con me, con me faccia la pace» (Is 27,5). Queste immagini ci ricordano il mistero della pace con cui Dio e l’uomo sono veramente uniti perché la pace, lo shalom biblico, è il frutto della risurrezione. Nella Gaudium et spes si dice chiaramente: la pace è «opera dell’Altissimo» (GS 78).
Non dimentichiamoci che Gesù, apparendo risorto agli apostoli, dice: «Pace a voi» (Gv 20,19). Pace, shalom, non è dunque solamente mancanza di guerra, equilibrio, tranquillità, o una certa pace interiore, quasi un’assenza psicologica di problemi e angosce. Questo dono di Dio consiste anzitutto nel suo perdono e quindi nella riconciliazione dell’umanità con Dio e perciò nella figliolanza divina, nel superamento della paura della morte, nell’essere una cosa sola con Gesù, nell’essere Chiesa, nel perdonare con Gesù ai propri nemici, nel dare con Gesù perdono e pace a tutti. Dio che perdona a noi e noi che perdoniamo agli altri: questo è il mistero della pace. È l’immersione di noi nel mistero di Cristo, nella sua Chiesa il mistero della pace (C.M. Martini).
La figliolanza divina non è nominale, non è un bell’abito con cui i cristiani vengono chiamati, la figliolanza vuol dire impegno, obbligo, responsabilità. Non finiremo mai di capire quanto è grande il dono della pace sin quando gli uomini e le religioni non si apriranno al dialogo e deporranno ogni arma di guerra (verbale, convinzioni e posizioni di vario genere).
Profeti di pace
La giornata mondiale della pace invita tutti gli uomini di buona volontà a rivestire i panni del profeta di pace, di perseguire cammini di nonviolenza e di fraternità per aiutare e diffondere il dono di Dio. Il card. Martini, da buon profeta, scriveva nel lontano 1996: «La profezia degli operatori di pace è un dono preziosissimo, che costa sacrificio, ma è anche un dono fragile, cioè accolto in vasi di argilla. Quindi va custodito ogni giorno nell’umiltà, nella preghiera, nel perdono quotidiano, nel dialogo con tutti, perché è un dono straordinario e quindi rischia di guastarsi facilmente».
Papa Francesco in questi anni ci sta indicando vie e stili di pace per comprendere meglio il dono della pace. In un mondo “frantumato”, dove la violenza e la guerra “si esercita a pezzi” e dove questo provoca enormi sofferenze e ingiustizie, la via da perseguire per i cristiani è quella della nonviolenza. La nonviolenza si contrappone alla violenza, all’ingiustizia, alla guerra perché porta con sé un di più di amore, di bontà, di Dio. Scriveva papa Benedetto: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità». Nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace, papa Francesco indica anche i testimoni della nonviolenza che con la loro tenacia e la loro fede hanno saputo dimostrare come la forza della pace è più forte della guerra e dell’odio. Madre Teresa di Calcutta, Mahatma Gandhi, Khan Abdul Ghaffar, Leymah Gbowee, sono alcuni dei grandi testimoni della nonviolenza e della forza debole che la nonviolenza porta con sé.
La famiglia, luogo di pace
Per papa Francesco il luogo originario per crescere e perseguire il dono della pace e della nonviolenza è la famiglia. La famiglia, come luogo degli affetti e della crescita/maturazione dell’umano, diventa la scuola più alta per accogliere e diffondere il dono dello shalom. Scrive papa Francesco: «Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società. D’altronde, un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero».
La famiglia, dunque, è la radice per una politica della nonviolenza e della pace nel mondo. In tal senso papa Francesco chiede e invita a perseguire ogni forma concreta di nonviolenza per fomentare e aumentare il senso e il dovere della pace: «La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto».
Infine il vescovo di Roma chiede ed auspica per il nuovo anno 2017, un impegno concreto: «con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune». Ogni uomo e donna può diventare artigiano di pace di non violenza.