Lunedì 5 febbraio, i media tedeschi, e in particolare quelli berlinesi come la Berlin-Brandenburg, emittente per gli stati federali di Berlino e del Brandenburg, e il quotidiano regionale tedesco della Grande Berlino, Berliner Morgenpost, hanno dato ampio risalto, con servizi speciali, commenti e testimonianze, al ricordo della caduta del muro di Berlino, avvenuta il 9 novembre 1989, sancendo di fatto la riunificazione della Germania.
A mezzanotte del 5 febbraio erano trascorsi esattamente 10.315 giorni dalla sua costruzione, ossia 28 anni, 2 mesi e 26 giorni, e altrettanti ne erano passati dalla sua caduta (1989–2017). Il 5 febbraio passerà ora alla storia col nome di Zirkeltag, cioè giorno della coincidenza di anni e giorni tra il prima e il dopo.
L’avvenimento, celebrato con mostre e rassegne, ha costituito anche l’occasione per riflettere sui due momenti della recente storia tedesca e sulle conseguenze della seconda guerra mondiale di cui il muro di Berlino fu il simbolo drammatico di una divisione artificiale che ha spaccato il Paese in due parti – la Repubblica federale tedesca a ovest e la Repubblica democratica ad est (Ddr) – e della stessa polarizzazione del mondo dopo la seconda guerra mondiale.
Il vescovo Gerhard Feige
Anche due vescovi della ex Germania est (Ddr) – Gerhard Feige, di Magdeburgo,e Heinrich Timmerevers, di Dresda-Meissen – hanno voluto ricordare quell’avvenimento, vissuto in prima persona, con due brevi commenti rilasciati all’agenzia KNA.
Mons. Feige, originario di Halle/Saale (1951), ha espresso un giudizio quanto mai critico su quella esperienza. «Più si allontana il tempo che ho vissuto nella Ddr – ha dichiarato – più molte di quelle cose mi sembrano incredibili, macabre e ridicole».
«Tuttavia, ha aggiunto, mi auguro che in nessun altro momento della storia abbia a tornare la “Repubblica socialista del proletariato” con la sua pretesa di imporre una “felicità forzata”, un’“apparente democrazia”, fondata su “un sistema di spionaggio”.
Ha ricordato, in particolare, due date che gli sono rimaste impresse nella mente: il 13 agosto 1961, quando fu costruito il muro, e il 21 agosto 1968, quando la “Primavera di Praga” fu soffocata dalle truppe del Patto di Varsavia.
«Ancora nell’autunno del 1981 – ha detto – non potevo immaginare che la Ddr dovesse presto crollare come un castello di carta». Temeva, infatti, che irrompessero i carri armati come era avvenuto nel medesimo anno in Cina, a Pechino, nella piazza Tienanmen (Porta della Pace Celeste). «Ma siccome le cose sono andate diversamente – ha sottolineato –, ci è sembrato di sognare a occhi aperti e abbiamo avuto bisogno di un certo tempo per credere al miracolo».
Il vescovo Heinrich Timmerevers
L’altro vescovo, Heinrich Timmerevers, rispondendo il 5 febbraio a Dresda ad una domanda, ha definito il crollo del muro “un miracolo di proporzioni bibliche”. «Mi auguro – ha affermato – che, guardando a questo dono, anche in futuro in tutte le difficoltà e i conflitti si sviluppi sempre più la collaborazioni tra Est e Ovest».
Il muro di Berlino – ha aggiunto – per ben 28 anni ha diviso il Paese creando «una spaccatura tra le Regioni, separando famiglie e amicizie». «Guardando ora al tempo altrettanto lungo trascorso dalla sua caduta, non possiamo non rallegrarci che la nostra patria non sia più tagliata da confini insuperabili».
Ma, tracciando un bilancio, ha sottolineato che non gli è sembrato «che quella rivoluzione pacifica abbia significato per tutti gli abitanti dell’Est un totale cambiamento di vita». Questo fatto – ha concluso – «agli occhi della Germania occidentale spesso non sempre è tenuto presente».
Il giornalista Paolo Valentino del “Corriere della sera”
Un giudizio condiviso anche dal Corriere della sera, in un servizio da Berlino del 4 febbraio, del suo corrispondente Paolo Valentino il quale si è chiesto: «Come sono cambiate Berlino e la Germania dalla notte in cui i fratelli separati varcarono il Check Point Charlie a bordo delle loro Trabant o attraversarono a piedi il passaggio della Bornholmerstrasse, accolti dagli applausi dei berlinesi dell’Ovest? Si è avverata la profezia di Willy Brandt, secondo il quale “ora può crescere insieme ciò che si appartiene insieme”»?
«È una risposta complessa – ha affermato – ricca di luci e ombre. Mentre nella trattativa sulla Grosse Koalition, Cdu-Csu e Spd discutono l’ipotesi di eliminare in parte la Solidaritätszuschlag, la tassa sui contribuenti dell’Ovest che è servita a finanziare la riunificazione, come se il problema della rinascita dell’Est fosse stato risolto, nuovi studi e ricerche rivelano che la strada è ancora lunga: sia nei patrimoni, nel tasso di disoccupazione, nello sviluppo della popolazione o nella religione, i vecchi confini tra la Repubblica Federale e la Ddr sono ancora evidenti: ci vorrà ancora una generazione perché Est e Ovest crescano veramente insieme», ha affermato Reiner Klingholz, direttore dell’Istituto per la popolazione e lo sviluppo.
Qualcosa del genere aveva detto anche il vescovo Gerhard Feige: «Dopo la caduta del muro, non è avvenuto alcun paradiso perché ci sono ancora molti problemi da risolvere.