Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella dichiarazione in occasione della morte di Silvio Berlusconi, tra l’altro ha affermato: “Berlusconi è stato un grande leader politico che ha segnato la storia della nostra Repubblica, incidendo su paradigmi, usi e linguaggi”.
Sicuramente le iniziative politiche intraprese dai quattro governi Berlusconi hanno condotto a una profonda trasformazione della vita politica e istituzionale italiana.
Da alcune voci critiche si è indirizzata l’attenzione verso le possibili forme degenerative della democrazia cui in modo impercettibile ma reale si è andati approdando: c’è chi ha parlato di sultanato[1], chi di democrazia autoritaria[2], a motivo della concentrazione del potere economico, politico e mediatico nelle mani del leader del governo, altri ancora hanno tentato di analizzare l’esperienza italiana attraverso le categorie del populismo[3].
Ma se è utile ricorrere a un’espressione che sintetizzi adeguatamente i caratteri delle trasformazioni che stanno emergendo sotto inostri occhi, la più appropriata potrebbe essere quella di plutocrazia demagogica[4].
L’azione del governo è stata sempre stata tesa alla protezione degli interessi dei detentori di ricchezza, della classe dei plutocrati di cui i suoi governi erano diretta emanazione e il Presidente del Consiglio essenziale incarnazione. Ma tale classe per mantenersi al potere necessita di un sostegno più ampio di quello cui può, per affinità d’interessi, godere; ed eccola allora che è stata sempre pronta a ghermire il consenso di chi non rientrava nei suoi ranghi, dagli operai agli impiegati fino alle casalinghe, attraverso la demagogia, slogan ad effetto, sogni e promesse difficilmente raggiungibili.
Certo è che “paradigmi, usi e linguaggi” inaugurati da Berlusconi hanno fatto avviare l’Italia e gran parte degli Stati occidentali verso una fase di post-democrazia[5]. Pertanto, è semplice finzione la teoria che nei Parlamenti nostri vede la rappresentanza del complesso della nazione. In realtà essi rappresentano solo quella parte che sovrasta alle altre, sia coll’arte volpina, quando prevale il primo termine della plutocrazia demagogica, sia col numero, quando il secondo termine si rinvigorisce[6].
[1] Cfr. G. Sartori, Il sultanato, Laterza, Roma-Bari 2010.
[2] Cfr. A. Gibelli, Berlusconi passato alla storia. L’Italia nell’era della democrazia autoritaria, Donzelli, Roma 2010.
[3] Cfr. P. Taguieff, L’illusione populista, Bruno Mondadori, Milano 2003
[4] Cfr. G. Barbieri, Berlusconi e il ritorno della plutocrazia demagogica, Morlacchi 2012.
[5] Cfr. C. Crouch, Coping with Post-democracy, in «Fabian Ideas», 598, 2000; Id., Post-democracy, Polity Press, Cambridge-Malden 2004; M. Dahrendorf, The Crisis of Democracy, Gibson Square Books, London 2007
[6] Cfr. V. Parete, Trasformazione della democrazia, Cappelli 1966.
Premesso che l’analisi di questa riflessione e’ tanto lucida quanto giustamente spietata. Mi chiedo pero’ come fa a levarsi dal mondo cattolico uno stigma cosi lucido quando per anni il movimento ultra cattolico di Comunione e Liberazione ha esaltato il berlusconismo. Le adunate oceaniche intorno a Formigoni con cattolici osannanti a Rimini con fiumi di bava prodotti al passaggio del divino Silvio le abbiamo cancellate dalla memoria?