Dall’8 novembre 2011 mons. Virginio Bressanelli, è vescovo titolare di Neuquén (Argentina), dopo essere stato vescovo coadiutore e prima vescovo a Comodoro Rivadavia. Dal 1991 al 2003 ha ricoperto l’incarico di superiore generale della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (dehoniani). Ha sempre dedicato grande attenzioni alla “questione sociale” nelle sue varie espressioni.
In occasione della 22° anniversario della morte di don Jaime Francisco de Nevares (1915-1995), primo vescovo della diocesi di Neuquén (Patagonia), religioso salesiano, il 19 maggio è stata celebrata una messa nella cattedrale della città. È stato ricordato con stima e ammirazione e abbiamo ringraziato il Signore per il dono della sua vita e del suo ministero. «Uomo di Dio – ha rilevato il vescovo Virginio Bressanelli, dehoniano –, si è consacrato al servizio pastorale di tutti, specialmente dei più poveri ed esclusi e si è coraggiosamente impegnato nella difesa dei diritti umani in tempi così violenti e pieni di ingiustizie, come furono quelli della dittatura» (1976-1983). Dal vescovo don Jaime, viene un impulso a rafforzare l’impegno a servizio di quei settori della società che oggi in Argentina vengono esclusi e che non hanno le stesse opportunità di sviluppo, di dignità e di felicità.
L’impegno di don Jaime – osserva Bressanelli – è all’origine della storia della diocesi di Neuquén ed è l’eredità che lasciò: «Siamo frutto della sua semina e vogliamo continuare a seminare la genuina semente del regno di Dio che egli seminò».
Da qui due prese di posizione nette del vescovo Bressanelli: la sua opzione personale e quella della diocesi per i diritti umani e una chiarificazione di quanto avvenuto nell’ultima Assemblea della Conferenza episcopale argentina.
Dalla parte dei diritti umani
Riguardo al primo punto, Bressanelli afferma:
- Siamo sempre a favore della vita e della vita in pienezza.
- Siamo contro ogni tipo di violenza, da qualsiasi parte venga e qualsiasi sia il fondamento che pretenda di giustificarla.
- Siamo contro ogni impunità reale e legale, totale o parziale, diretta o mascherata.
- Non possiamo mai mettere sullo stesso piano il terrorismo di Stato e il delitto guerrigliero. Anche rifiutando con fermezza entrambi, i crimini del terrorismo di Stato sono di una gravità assai maggiore perché sono stati commessi usando l’apparato dello Stato da parte di coloro che dovevano invece prendersi cura della vita, del diritto e del bene dei cittadini. Operando al di fuori di ogni norma giuridica, sequestrando, rubando, torturando, uccidendo, facendo sparire le persone e appropriandosi di bambini che sono stati consegnati ad altre famiglie: questi crimini meritano una pena congrua ed esemplare. Per questo l’applicazione recente del beneficio 2 x 1 in questi casi non va applicato.[1]
- D’altra parte, neppure è giusto prolungare detenzioni senza giudizio né condanna. La giustizia lenta e lungamente attesa cospira contro la pace sociale. La giusta pena è castigo e non deve essere vendetta. Va comminata entro le condizioni legali e umane garantite dalla Costituzione.
L’assemblea episcopale argentina
Riguardo al secondo punto, il vescovo Bressanelli chiarisce quanto è avvenuto nel corso dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale. Da tempo i vescovi argentini andavano reclamando uno spazio di dialogo, di esame di coscienza e di sincera comprensione al loro interno di quanto avvenne negli anni della dittatura e circa le responsabilità, in quel tempo, della Conferenza episcopale riguardo al suo modo di operare.
In quegli anni, nessun vescovo di adesso era membro dell’episcopato. I più anziani di adesso, allora erano sacerdoti, altri seminaristi, altri giovani laici e altri ancora adolescenti.
Nell’Assemblea si è fatto il primo passo il 3 maggio. Il dialogo è durato tre ore e si è suddiviso in due momenti.
Nel primo, sono state ascoltate tre testimonianze distinte di familiari di persone che hanno subìto le conseguenze di quel tenebroso e drammatico momento segnato dalla violenza. Sono stati ascoltati due familiari di “desaparecidos” e un familiare di un militare assassinato. Non c’è stato scambio di opinioni.
Nel secondo momento, i vescovi si sono ascoltati tra loro. Distribuiti in gruppi ove erano rappresentate le diverse età, hanno fatto memoria di quel tempo e di cosa aveva lasciato in loro.
Il 4 maggio i vescovi sono venuti a conoscenza della sentenza della Corte Suprema di giustizia nazionale, che aveva concesso a un condannato per delitti di lesa umanità il beneficio del 2 x 1.
Diversi settori della società – soprattutto alcuni mass media – avevano coinvolto la Conferenza episcopale nella sentenza, travisando il contenuto e la finalità della sessione del 3 maggio, arrivando al colmo di dire che i vescovi avevano sostenuto e appoggiato la sentenza della Corte.
Bressanelli è perentorio: «Esprimo in maniera categorica e ferma che la sentenza della Corte Suprema è soltanto della Corte. L’episcopato non ha niente a che vedere con la sentenza. I vescovi parlano di “riconciliazione”, ma in nessun momento hanno trattato il tema dei condannati al carcere e del beneficio del 2 x 1».
«La riconciliazione nell’insegnamento cristiano – ribatte con forza Bressanelli – non è, né lo fu mai, sinonimo di impunità né di coprire con il manto dell’oblio azioni compiute come se niente fosse successo. Tutto il contrario. Perché la riconciliazione con Dio e con i fratelli sia autentica, è necessario un serio esame di coscienza, il riconoscimento vero e umile del proprio peccato, ritenersi responsabile del male fatto – riconoscerlo come male e confessarlo –, pentirsi sinceramente, avere il proposito di emendarsi, riparare secondo giustizia il male commesso e scontare la pena corrispondente. Quando, però, il male fatto è stato pubblico e con gravi conseguenze che hanno coinvolto terzi, il proposito di emendarsi e la giusta riparazione, nel caso di crimini del terrorismo di Stato, implicano di collaborare con la giustizia fornendo i dati di cui si è in possesso nei confronti dei “desaparecidos”, dei luoghi dove si trovano i resti di coloro che furono uccisi, della destinazione dei bambini sequestrati…».
Si deve però ammettere – conclude la lettera aperta di Bressanelli – che ai vescovi è mancata la capacità di comunicare all’esterno.
[1] La Corte Suprema di Giustizia della nazione argentina ha applicato anche alle condanne inflitte ai militari dell’ultima dittatura che si sono macchiati di crimini di lesa umanità il criterio del 2 x 1 (1 anno di pena scontata equivale a 2, ndr). Il 3 maggio scorso, il massimo organismo costituzionale argentino ha approvato la legge 24390, già abrogata nel 2001, che riduce della metà le pene per genocidio.