Nel novembre 1993 il settimanale satirico “Cuore” diretto da Michele Serra lanciava una proposta provocatoria: dare vita alle “Brigate Molli”.
Era il novembre 1993. Papa era Giovanni Paolo II, presidente USA Bill Clinton, capo del governo russo Boris Yeltsin; era appena entrato in vigore il Trattato di Maastricht e le artiglierie croate bombardavano il ponte di Mostar. In Italia il tecnico Carlo Azeglio Ciampi guidava uno strano governo di centrosinistra che si preparava a chiudere una breve e tormentata legislatura dopo aver approvato la legge elettorale maggioritaria firmata da Sergio Mattarella.
Il Partito Democratico della Sinistra, forte da alcune vittorie nelle elezioni amministrative, guardava all’appuntamento elettorale dell’anno successivo con una certa fiducia, ma i più accorti si erano resi conto che nel Paese qualcosa di grosso si stava muovendo e che il clima sociale non prometteva niente di buono. Di lì a qualche mese tutto ciò sarebbe stato sfruttato dal primo grande populista italiano, Silvio Berlusconi, complice il desiderio di quel che rimaneva del cattolicesimo politico italiano, guidato da Mino Martinazzoli, di voler mantenere la propria identità (favorendo così, nel nuovo sistema elettorale, la vittoria delle destre).
Il 15 novembre 1993 il settimanale satirico Cuore, diretto da Michele Serra, uscì con un articolo dal titolo apparentemente minaccioso: “Ormai è guerra civile”, e un sottotitolo curioso: “Nascono a Bologna le Brigate Molli”. Seguiva il “Comunicato numero uno”.
Il “Comunicato numero uno”
“La crisi del Paese sta arrivando al suo acme. La restaurazione centrista scatena il suo attacco frontale contro ogni tentativo di rinnovamento morale e politico. Favorita, in questo suo proposito, dal fatto che non esiste alcun tentativo di rinnovamento morale e politico. L’ira popolare è in larga parte convogliata dalla Lega Nord, una sorta di consorzio dei produttori il cui unico principio ispiratore sembra essere la Mistica del Lavoro: dopo un intero secolo in cui il movimento operaio si è posto il problema di liberare l’uomo dal lavoro, oggi il leghismo si propone di liberare il lavoro dall’uomo, considerato pura zavorra nel caso non corrisponda in toto alle esigenze della produzione.
Stretta nella tenaglia Lega-Vecchio Regime, la sinistra, divisa al suo interno da infinite beghe, resiste come una vecchia noce, ma è immobilizzata dalla ferrea presa degli avversari e non riesce ad organizzare una controffensiva. Ed è proprio l’immagine della noce, della quale ci sentiamo parte, ad averci suggerito un’idea rivoluzionaria: perché tenere duro, logorandoci in una statica azione di resistenza inevitabilmente destinata alla sconfitta? Per fare evolvere la situazione, per passare ad una fase visibilmente movimentista, c’è un’unica strada: cedere di schianto, passando dallo stato inutilizzabile di guscio chiuso a quello proficuo e benefico di gheriglio disponibile, mangiabile e digeribile.
In questo quadro il giorno venerdì 12 novembre 1993, in Bologna, nella sede di Cuore, un gruppo di ardimentosi ha deciso, di fronte a quell’Altissimo Notaio che è la Storia, di dare vita all’Esercito Popolare Non Combattente-Brigate Molli. (…) Solo una cultura radicalmente mutata in senso mollista, capovolgendo millenari tabù a proposito della durezza come virtù rivoluzionaria, può condurre a reali passi in avanti nelle nostre vite e nelle vite, sciaguratissime, dei nostri avversari come dei nostri compagni che sbagliano”.
Il Decalogo del “Brigatista Molle”
Sulla pagina vi era anche il simbolo delle “Brigate” – “il minaccioso pomodoro a cinque punte”, con una lunga (e ironica) nota esplicativa che concludeva, serissimamente: «in questi tempi crudi di egoismo e violenza, la cedevolezza del pomodoro non è un segno di resa intellettuale: è un appello a migliorare il clima del paese, è un invito alla riscossa della ragione, è un monito».
A pagina 3 dello stesso settimanale, “le prime indicazioni per passare alla lotta di massa”, al centro delle quali spiccava la geniale direttiva: “L’arma violenta e costosissima del sequestro genialmente sostituita da un’arma non-violenta ed economica: l’invito a cena”. E poi, in caratteri maiuscoli, “IL DECALOGO DEL MOLLISTA”.
- IL BRIGATISTA MOLLE È PIÙ CHE NON VIOLENTO, EGLI ASPIRA A ESSERE LO STUOINO DEI PREPOTENTI. PER FARLI INCIAMPARE MEGLIO.
- EGLI NON HA NEMICI. EGLI HA SOLO AMICI CHE SBAGLIANO.
- NELLE CONTROVERSIE – SPECIE QUELLE DI CARATTERE POLITICO – MIRA A PORSI COME UNA VERA E PROPRIA FORZA CUSCINETTO. ANZI, UNA DEBOLEZZA CUSCINETTO.
- PER NEUTRALIZZARE L’AGGRESSORE, IL BRIGATISTA MOLLE GLI RACCONTA UNA BARZELLETTA STUPIDA. UNA BATTUTA CRETINA È PIÙ DISARMANTE DI UN CEFFONE.
- AL COMIZIO DI UNA FORZA POLITICA VIOLENTA, EGLI SI PRESENTA MUNITO DI POMODORI. MA NON LI LANCIA, SE LI SPIACCICA SUL VISO, COME UN MARTIRE GANDHIANO.
- IL MOLLISTA ATTACCATO SI DIFENDE IN UN MODO SOLO: SPEDENDO O CONSEGNANDO PERSONALMENTE LIBRI, ANCHE IN FOTOCOPIA. A CHI GLI RIMPROVERA DI AVERCELO PICCOLO, MANDA “LA FORZA DI AMARE” DI MARTIN LUTHER KING, A CHI LO COLPISCE CON L’IGNORANZA, PORTA UNA “GRAMMATICA ITALIANA” DEL PANZINI.
- SE SGOMBERATO DALLA FORZA PUBBLICA, NON OPPONE RESISTENZA. NEPPURE PASSIVA. IL BRIGATISTA MOLLE DÀ UNA MANO, INVITA IL TUTORE DELL’ORDINE AL BAR, CONTRAPPONE ALLA BRUTALITÀ ALTRUI UNA VERA E PROPRIA COLLABORAZIONE ATTIVA. DISORIENTERÀ L’AVVERSARIO.
- DI FRONTE A MINACCE VERBALI, EGLI RIDE. RILANCIA. SFIDA L’INTERLOCUTORE A MISURARSI IN ALTRI CAMPI: GINNASTICA ARTISTICA, CHITARRA CLASSICA, ENIGMISTICA, LETTERATURA. SE INCOMPRESO, FUGGE CON SIMPATIA.
- EGLI È PIÙ CHE TRASVERSALE, È UBIQUO. MANIFESTA LA PROPRIA PRESENZA DISSEMINANDO I LUOGHI PUBBLICI DI POMODORI. POCHI, MA COLLOCATI IN POSIZIONI STRATEGICHE. SEGNALERANNO PRESENZA E DISSENSO.
- SE CATTURATO, PARLA. SVELA CON CANDORE SPERANZE, SOGNI, PROGETTI PER IL FUTURO. FA I NOMI DI ALTRI MOLLISTI METTENDOLI NELLA MIGLIOR LUCE POSSIBILE. TANTO LE BRIGATE MOLLI MICA SONO CLANDESTINE”.
È passata una generazione. Il percorso “mollista” delineato da Serra e da Cuore è stato seguito ben poco, ma non è mai troppo tardi per provarci.