Il 15 ottobre la Corte costituzionale della Repubblica Ceca ha annullato la legge approvata dal Parlamento che tassa del 19% le indennizzazioni previste per le Chiese e le religioni a seguito dei sequestri e delle violenze del regime comunista fra il 1948 e il 1989. I fondi di «riparazione» per le Chiese sono stati stanziati da tempo in tutti i paesi ex comunisti. Il caso della Cechia è l’ultimo e il più contorto.
Si arriva a una prima intesa solo nel 2008, rifiutata dal Parlamento. Nel 2011, con l’approvazione di un audit internazionale, si giunge a fissare le cifre considerate adeguate. Lo stato restituisce il 56% delle proprietà confiscate (2.500 edifici e 200.000 ettari di terreni) e il resto è indennizzato con 2,4 miliardi di euro.
Da parte cattolica, si fa rilevare che la cifra originaria prevista era di 3,4 miliardi di euro, ma che, per raggiungere un’intesa, le richieste si erano significativamente abbassate. Inoltre che, mentre nel 1948 i beni cattolici confiscati erano il 98% del totale, la Chiesa ne riceveva indietro, col suo assenso, l’80%. Il resto andava alle altre confessioni e religioni.
Il patto con la Repubblica Ceca si avvia nel 2013 subito inceppato e impedito dal rimpallo fra Parlamento e Senato per diminuire forzosamente gli importi. Un progetto di legge in tal senso è presentato al Parlamento, ma il Senato lo boccia nel febbraio 2019. Il mese successivo la maggioranza parlamentare lo approva di nuovo e lo conferma il 23 aprile 2019 (cf. Settimanews: Repubblica Ceca: Chiesa e i soldi per sfinimento). Tre gruppi parlamentari (due di senatori e uno di deputati) fanno ricorso alla Corte che si pronuncia sulla illegittimità di una legge che mira soltanto a diminuire i soldi dovuti e promessi.
Modifica truffaldina
Questa la dichiarazione congiunta delle fedi, firmata dal card. Dominik Duda, dal presidente del Consiglio ecumenico, S. Ženaty, e dal presidente della Federazione delle comunità ebraiche, P. Papoušek: «Il Consiglio ecumenico delle Chiese, la Conferenza episcopale ceca e la Federazione delle comunità ebraiche accolgono con favore la decisione della Corte costituzionale di annullare una modifica della legge per introdurre la “tassazione” del risarcimento versato alle Chiese e alle società religiose in relazione alla confisca delle proprietà del passato. La Corte costituzionale ha confermato che la presunta “tassazione” era in realtà un modo nascosto per ridurre ulteriormente l’importo del risarcimento concordato e stipulato da un contratto. Riteniamo che tale abuso del potere legislativo dello stato nei confronti di un altro soggetto sia molto pericoloso e mettiamo in guardia per il futuro da simili tentativi populistici, anche se non riguardassero le Chiese. Esprimiamo la nostra gratitudine a tutti coloro che si sono schierati dalla parte della legalità, in particolare i senatori e i deputati che hanno presentato la mozione alla Corte costituzionale».
Perché si è prodotto il conflitto fra le due Camere e con la magistratura? L’attuale governo socialdemocratico, presieduto da Andrej Babis, è in minoranza al Parlamento (non al Senato) e vive grazie all’apporto del partito comunista e, talora, del partito di estrema destra. La richiesta tassativa del partito comunista in merito ha “costretto” la ripetuta votazione al Parlamento a favore della riduzione dei fondi “riparatori” alle Chiese e alle fedi e ha motivato i contrari a ricorrere alla Corte. Si comprende così il commento dell’arcivescovo e cardinale di Praga: «Sono contento che trent’anni dopo la caduta del comunismo non siano i comunisti a determinare i confini del lavoro della Chiesa. È una buona notizia per tutti coloro che hanno a cuore la libertà e la democrazia».
L’ethos è cambiato
La disputa giuridica è alimentata dalla secolarizzazione e laicizzazione della società civile. In un paese in cui su 10,6 milioni di persone, 3,6 milioni si dicono non-credenti e 5 milioni lasciano vuota la casella della religione nel censimento del 2011 – contrariamente a quando avviene nella limitrofa Slovacchia –, il richiamo dei diritti delle Chiese può facilmente invertire il suo significato e trovarsi senza sostegno popolare.
Secondo una delle voci credenti della «rivoluzione di velluto», Tomas Halik, è in atto nel paese una ridefinizione profonda dell’ethos condiviso che dovrebbe suggerire alla Chiesa, a seguito delle indicazioni di papa Francesco, una riforma paragonabile a quella operata dalla Germania dopo la guerra e i campi di sterminio: da una nazione ferita a una fra le più democratiche. Come a dire: passare da una Chiesa di funzionariato di tradizione «austroungarica» a una Chiesa «ospedale da campo».