Colombia: fine di una lunga “guerra”

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I difficili e tormentati colloqui a L’Avana tra il governo della Colombia (47.661.787 abitanti) e le FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia ) si sono conclusi il 22 giugno. Il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, s’è detto pronto e felice di arrivare alla firma dell’accordo di pace definitivo il 20 luglio, giorno in cui si ricorda l’indipendenza del paese dalla Spagna (1819). Mezzo secolo di conflitto, molti i tentativi falliti, due anni di colloqui segreti e quattro di negoziati pubblici.

Il Paese sudamericano dal 1965 al 1970 fu sconvolto dalla sanguinosa guerra tra il governo, le FARC e l’ELN (Esercito di liberazione nazionale), cui si contrapposero a fianco delle forze governative i paramilitari di estrema destra delle AUC  (Autodifese unite della Colombia). Le formazioni antigovernative si finanziavano con il narcotraffico. Nel novembre 2012 iniziavano a L’Avana i colloqui tra il governo e le FARC e nei primi mesi del 2015 si ebbero contatti con l’ELN per una possibile convocazione al tavolo delle trattative. Durante l’amministrazione del presidente Alvaro Urribe, principale oppositore del processo di pacificazione, non si fecero passi in avanti. Se ne fece carico il successore, Juan Manuel Santos, che fece ripartire conversazioni segrete a L’Avana, scelta come sede dei negoziati. Il paese colombiano si divise sulle trattative in corso, non credendo possibile il disarmo della guerriglia. Con questo accordo, il governo e le FARC, guidate dal leggendario Timochenko, dichiarano la cessazione del fuoco e delle ostilità in maniera bilaterale e definitiva; la consegna delle armi e la messa in atto di precise e dettagliate garanzie di sicurezza. È questo il punto più delicato. Si tratta di pacificare i luoghi del paramilitarismo e far fronte alla criminalità, là dove da tanto tempo lo Stato è inesistente. Il comunicato dell’accordo menziona la lotta contro le organizzazioni criminali responsabili di omicidi e massacri.

Le cifre di questi 50 anni di guerra sono inequivocabili: 7.724.879 vittime di sequestri, morte, minacce. Si calcola che ne abbia sofferto uno su sei colombiani; 218.098 morti dal 1958 al 2012, secondo il Centro nazionale di Memoria Historica della Colombia; 6.044.151 sfollati all’interno del paese; 45.646 desaparecidos.

A buona ragione la stampa di lingua spagnola parla di accordo degli accordi. Va dato atto al governo cubano e soprattutto al presidente Raul Castro di essersi adoperato con tenacia a favore del processo di pace, al quale hanno dato pieno appoggio la diplomazia vaticana e la Conferenza episcopale. Instancabili anche il segretario dell’ONU, Ban Ki-moon, il cancelliere norvegese Borge Brende, l’inviato speciale degli USA per il processo di pace, Bernie Aronson, e Eamon Gilmore dell’Unione Europea. Sarà indetto un referendum per approvare l’accordo, possibilmente prima del Giorno dell’indipendenza.

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