Le vittorie di Stefano Bonaccini per il centro-sinistra in Emilia con circa il 51,4% e di Jole Santelli in Calabria per il centro-destra con circa il 55,4% restituiscono un’immagine di un paese sì, diviso, ma non più in 3 parti, bensì, come nelle democrazie parlamentari fino ad oggi note, in 2 schieramenti, appunto un centro-sinistra e un centro-destra.
Sembra una cosa elementare, ma elementare non è se si pensa che. in un tempo di società liquide, la prima cosa che è andata a liquefarsi è il Movimento 5stelle, al 6% in Calabria e sotto il 5% in Emilia-Romagna, che aveva teorizzato la fine degli schieramenti tradizionali e l’inizio di una nuova era di politica digitale non più legata ai sistemi analogici della democrazia rappresentativa e dell’alternanza ma incastonata, nella visionarietà della Casaleggio Associati, nella democrazia del web, dell’uno vale uno senza alcuna mediazione attraverso la rappresentanza.
Il quadro porterebbe poi a un completo ritorno al passato se si pensa che, comunque, chi fa vincere in Calabria il centro destra è Forza Italia e non la Lega e chi fa vincere il centro sinistra in Emilia-Romagna è Stefano Bonaccini, ottimo governatore e amministratore, ora rinnovato anche nel look, ma che, come altri per fortuna buoni amministratori, ha le sue origini nell’esperienza PCI – PDS che, evidentemente, sotto il profilo del governo locale, ha dato il meglio di sé.
Collasso 5stelle – Sardine protagoniste
Quindi, tutto come prima? Per niente! Innanzitutto perché il successo in Emilia-Romagna difficilmente ci sarebbe stato senza le Sardine (cf. SettimanaNews). Di loro si è già detto e di loro soprattutto ha detto Zingaretti con un «grazie immenso» rivolto proprio a loro. La speranza è che nella smania di includere anche questo movimento in vecchi schemi della politica non se ne decreti una fine prematura o comunque un depotenziamento di un fenomeno che tutti riconoscono essere stato decisivo per le sorti non solo dell’Emilia-Romagna ma del paese. Quindi, con le Sardine si devono fare i conti ma non sulla base di poltrone, ma delle idee.
In secondo luogo, non è tutto come prima perché la Lega di Salvini, pur non sfondando, con la sua politica aggressiva, totalizza circa un 32% dei consensi in Emilia, quindi circa un elettore su tre in una tornata che ha visto un’affluenza significativa (più del 67% degli aventi diritto al voto) si trova in sintonia con un climax per cui è normale suonare ai campanelli della gente per sapere se spaccia o fare una narrazione demoniaca sulla complessa e non strumentalizzabile vicenda di Bibbiano. Quindi, attenzione, il sentimento, per un elettore su tre, è questo…
Il PD: ultima occasione
Infine, perché comunque, una figura amministrativamente valida come quella di Bonaccini ha coperto, insieme alle Sardine, le magagne di un PD che mai come in questo momento mostra quello che è e che Prodi ha ben definito come un gruppo dirigente autoreferenziale «che diventa un club esclusivo di 10 persone» e che mai come in questo momento si rivela a corto di facce presentabili, avendo quei 10 svolto tutti i ruoli possibili in tutti gli ambiti negli ultimi vent’anni (se serve una riprova, si pensi alla candidatura del ministro Gualtieri alle elezioni suppletive del collegio della Camera di Roma 1).
Per ora, comunque, le elezioni anticipate sono scongiurate, il governo Conte in qualche modo prosegue anche se la deriva dei 5stelle non dà alcuna sicurezza di stabilità e, oltre al referendum sulla diminuzione dei parlamentari, il dibattito istituzionale torna verso gli indirizzi della legge elettorale.
Dove anche qui una lezione queste elezioni regionali l’hanno data. Il 27 gennaio all’alba sapevamo chi avrebbe governato la Calabria e chi l’Emilia-Romagna e credo che tutti i cittadini siano contenti di questa certezza dell’esito del voto. Siamo sicuri allora che il sistema proporzionale puro, fosse anche con uno sbarramento al 5%, sia quello che a questo paese serve e che questo paese vuole?