Sono elezioni locali, eppure quelle nelle due regioni tedesche della Turingia e della Sassonia sono anche elezioni di rilevanza nazionale, in Germania, ed Europea.
Le ragioni di questa rilevanza sono due. La prima è ovvia: non era mai successo che un partito considerato neonazista vincesse, e ora è successo, in Turingia, dove Alternativa per la Germania (AfD) è arrivata prima nel voto di domenica con il 33 per cento.
La seconda ragione per guardare al voto in Turingia e in Sassonia è che quelle elezioni riassumono l’impatto dell’ascesa dell’estrema destra. Partiti come AfD prima spingono i partiti tradizionali a compattarsi al centro, a difesa dei valori costituzionali, e così li rendono più simili tra loro, quasi fossero un blocco uniforme a protezione dello status quo.
Così i partiti estremisti come AfD iniziano a erodere consensi dicendo l’indicibile, sull’immigrazione, sulla politica estera. Il post celebrativo di AfD su Instagram dopo il risultato in Sassonia, sottolinea il successo tra i giovani.
A quel punto i partiti tradizionali vanno nel panico e iniziano a inseguire gli estremisti sui loro argomenti e talvolta perfino sulle loro proposte, ma così finiscono per legittimarli. Tra l’originale, cioè il partito estremista, e la copia, cioè il partito tradizionale che prova a dare risposte radicali, molti elettori scelgono l’originale.
A questo stadio – che è lo stadio attuale della politica tedesca – poco importa che gli estremisti come AfD non riescano ad arrivare a guidare il governo – anche se hanno la maggioranza relativa, come in Turingia. Il blocco dei partiti tradizionali col rifiuto di centrodestra e centrosinistra di allearsi con i neonazisti può impedire agli esponenti di AfD di accedere al potere, ma al prezzo di legittimare le loro idee, di renderle accettabili, perfino necessarie.
Crisi di sistema
Il trionfo di AfD è provato anche dall’ascesa del partito di sinistra radicale BSW, cioè la cosiddetta Alleanza Sahra Wagenknecht, che ha ottenuto oltre il 15 per cento in Turingia e il 12 per cento in Sassonia.
Sahra Wagenknecht ha fondato sei mesi fa il partito che porta il suo nome (Bündnis Sahra Wagenknecht). Sahra Wagenknecht interpreta da sinistra le stesse spinte che a destra favoriscono AfD: una generica delusione per la situazione dell’Est a 35 anni dalla caduta del muro di Berlino e per la collocazione internazionale della Germania, in Europa e nell’Occidente. In particolare, la BSW contesta il sostegno all’Ucraina nella resistenza all’invasione russa.
BSW e AfD non sono al governo a livello nazionale e non ci arriveranno, almeno non tanto presto. Ma è davvero necessario?
Il cancelliere Olaf Scholz, che guida il Paese e un partito Socialdemocratico allo sbando, ha annunciato una revisione delle politiche migratorie e ha di fatto abbandonato la promessa rivoluzione della spesa militare, la cosiddetta Zeitenwende, che doveva rendere la Germania un pilastro della NATO e della difesa Europea.
Il successore di Angela Merkel alla testa dei conservatori della CDU, Friedrich Merz, sull’immigrazione ha posizioni simili a quelle di AfD: controlli permanenti ai confini con la fine della libertà di movimento prevista dall’area Schengen, nessun diritto di residenza permanente ai rifugiati, fin della doppia cittadinanza… Per applicare questo programma, la CDU dovrebbe governare con AfD, cosa al momento esclusa.
L’ossessione per il pareggio di bilancio dei liberali e l’urgenza della transizione ecologica ribadita dai Verdi, costringono Scholz a una sostanziale paralisi del governo che ha troppe priorità e nessuna risorsa per realizzarle.
Una situazione simile a quella di Emmanuel Macron in Francia, che basa ormai il suo potere sul fatto che le spinte contrapposte dell’estrema destra di Marine Le Pen e dell’estrema sinistra di Jean Luc Mélenchon si elidano. E anche Macron ha cercato di rubare temi all’agenda di entrambe le forze estremiste per arginarne il consenso, ma non ha funzionato.
Anche Ursula von der Leyen si prepara a iniziare un secondo mandato secondo lo stesso schema, con l’esclusione di tutte le forze estreme, incluso il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia.
L’Italia (non) fa eccezione
A guardare le cose da una certa distanza, sembra che soltanto l’Italia faccia eccezione: al potere c’è un ex-partito estremista che ora ha l’ambizione di rappresentare il grosso del centrodestra, cioè Fratelli d’Italia, e non c’è più un vero populismo di sinistra, visto il declino dei Cinque stelle e l’ascesa di una forza radicale ma molto inserita nel sistema come l’Alleanza verdi-sinistra.
Ma le cose potrebbero cambiare in fretta: ci sono già un paio di aspiranti leader che si stanno preparando, per farsi trovare pronti nel caso il quadro politico dell’Italia si evolva in una direzione tedesca, con una perdita di consensi di Giorgia Meloni dopo la legge di Bilancio e con l’implosione dei Cinque stelle per lo scontro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo.
Il ruolo di Sahra Wagenknecht potrebbe interpretarlo Alessandro Di Battista, di sinistra, anti-sistema, anti-occidentale e con posizioni sulla guerra in Ucraina che certo piacciono alla Russia.
Dall’altra parte, sul fronte della destra senza più tabù e restrizioni verbali, c’è il generale Roberto Vannacci, per ora fenomeno di folklore politico ma che ha l’ambizione di prendere il posto di Matteo Salvini come riferimento di un mondo reazionario, rabbioso e anti-americano che non è piccolissimo.
In attesa delle prossime elezioni politiche nazionali, che siano nel 2027 o prima, hanno tempo per prepararsi.
- Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 2 settembre 2024