«Non dimenticherò mai ciò che mi ha detto»: prima affermazione di Trump dopo la visita al papa. E poi: «Sono ancora più deciso a lavorare per la pace», è stata la seconda affermazione. Tutto dopo trenta minuti di colloquio privato e dopo cinquanta minuti di conversazione con il segretario di stato, card. Parolin.
Parole e gesti
Il comunicato finale – come è nello stile di questo genere letterario – dice poco e dice molto. «Nel corso dei cordiali colloqui – rileva il testo – è stato espresso compiacimento per le buone relazioni bilaterali esistenti tra la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America, nonché il comune impegno a favore della vita e della libertà religiosa e di coscienza. Si è auspicata una serena collaborazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica negli Stati Uniti, impegnata a servizio delle popolazioni nei campi della salute, dell’educazione e dell’assistenza agli immigrati. I colloqui hanno poi permesso uno scambio di vedute su alcuni temi attinenti all’attualità internazionale e alla promozione della pace nel mondo tramite il negoziato politico e il dialogo interreligioso, con particolare riferimento alla situazione in Medio Oriente e alla tutela delle comunità cristiane».
Di più – forse – dice il regalo del papa a Trump: la sua enciclica sociale e dunque l’attenzione ai temi dell’ambiente, sui quali si conosce la distanza tra la dottrina sociale della Chiesa e l’attuale amministrazione USA.
Ancora di più quello che raccontano i testimoni: papa Francesco, serio e misurato nel momento dell’incontro, caratterizzato da una stretta di mano e niente sorrisi.
La distanza tra i due interlocutori esiste; inutile negarlo. Sarà il futuro a dirci se, al di là delle parole di sintonia del presidente USA, verrà il momento di una visione comune sui temi della pace, dello sviluppo sociale, dell’ambiente. Per il momento il comunicato finale non lo registra, anzi si nota quell’auspicio di «serena collaborazione» su temi sui quali attualmente la collaborazione non si pone affatto: salute, educazione, assistenza agli immigrati.
Dialogo a distanza
In ogni caso, il papa e Trump hanno alle spalle un dialogo a distanza via Twitter, dove entrambi hanno oltre 30 milioni di “seguaci”. Certo, si è trattato di scambi a volte pesantemente polemici (da parte di Trump) almeno quando era in campagna elettorale e dunque interessato ad accentuare le differenze per raccogliere i voti dell’elettorato estremo.
Nel 2013 Trump si era congratulato per l’elezione di Bergoglio, ma pochi giorni dopo non aveva gradito che il pontefice avesse pagato personalmente il conto della residenza di via della Scrofa dove aveva alloggiato prima del Conclave. «Non è da papa!», aveva twittato il 19 marzo.
Alla fine del 2013, invece, si era paragonato al papa: «è un uomo umile, molto simile a me, il che spiega probabilmente perché mi piace così tanto». Il 6 aprile 2014 aveva indicato Bergoglio come la sua «prima scelta» ideale per lo show tv Apprentice, da lui condotto.
Ponti non muri
I toni sono cambiati durante le primarie, dopo l’attacco a musulmani/immigrati e con la proposta di erigere il muro col Messico. Il papa, di ritorno proprio dal Messico, espresse le sue critiche: «una persona che pensa di fare i muri, chiunque sia, e non fare ponti, non è cristiano». Ne scaturì un duello accentuato. «Per un leader religioso mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso», replicò Trump nel febbraio 2016 anche su Facebook, accusando il pontefice di «fare
politica» e di essere usato «come una pedina». Poi il tweet più velenoso: «se e quando il Vaticano sarà attaccato dall’Isis, che tutti sanno essere il trofeo finale dell’Isis, posso promettervi
che il papa dovrà solo desiderare e pregare che Donald Trump sia stato eletto presidente».
Ma papa Francesco ha rilanciato il messaggio pacifico di cui è portatore, rilevando, a marzo, che è necessario «non costruire muri ma ponti, sconfiggere il male con il bene, l’offesa con il perdono».
Il mese precedente, invece, dopo il primo ordine esecutivo del presidente che bandiva musulmani e rifugiati, il pontefice twittava notando «quanto spesso nella Bibbia il Signore ci chiede
di accogliere i migranti e gli stranieri, ricordandoci che anche noi siamo stranieri!».
Il 23 maggio, alla vigilia dell’incontro, il papa di nuovo ha twittato: «Il dialogo ci consente di progettare un futuro in comune. Attraverso il dialogo costruiamo la pace, prendendosi cura di tutti».
E oggi il presidente USA dice che l’incontro con Francesco lo ha resto «più determinato» a costruire la pace.