Il Forum di Limena

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Forum Limena

Nasce nel Nord-Est una iniziativa dal basso, che indica un cammino di tipo sinodale. Un gruppo di cristiani, laiche e laici, preti, religiose e religiosi, dal novembre 2018 si incontra a Limena (PD), per riflettere, da credenti, sulla situazione del Paese e su che cosa è chiesto alle comunità cristiane qui e ora.

Il nome che si sono dati – Forum di Limena – indica non solo il luogo degli incontri, ma la natura stessa del convenire (da Limes: confine). Pur trattandosi, infatti, di una iniziativa ecclesiale, essa si colloca al limite tra l’ecclesiale e il civile e, pur non essendo direttamente politica, si pone al confine tra il culturale e il politico.

L’origine degli incontri è stato innanzitutto il bisogno di capire quanto sta avvenendo in Italia e in Europa, in quale direzione porta e quali pericoli implica.

In secondo luogo, una diffusa preoccupazione per decisioni politiche e linguaggi, introdotti dalle nuove élites, che sembrano orientate a indebolire valori di uguaglianza, fraternità, apertura, solidarietà, che sono a fondamento della convivenza civile e dotati di una forte connotazione evangelica. La constatazione, infine, che, anche nella Chiesa, vi è una sostanziale assenza di luoghi di riflessione e di confronto su questi temi.

Ne è scaturita la decisione di predisporre un testo che riflettesse i contenuti e i modi del confronto sperimentati nel Forum, su cui avviare una raccolta di firme. Il “Documento di Limena” è stato inizialmente sottoscritto da 160 persone, in prevalenza laici, di tutte le diocesi delle tre Regioni e comprende anche alcuni appartenenti alla Chiesa Evangelica Luterana.

Dopo essere stato inviato ai vescovi, esso è stato reso pubblico nel corso di un forum svoltosi il 6 aprile, che ha visto la partecipazione, oltre che dei firmatari, di qualificati esponenti delle Chiese del Triveneto. Gli interventi del convegno e il documento sono disponibili sul sito del Forum dove continua la raccolta di adesioni.

Ora si apre una fase di divulgazione finalizzata a sollecitare e a sostenere il dibattito nelle Chiese del Triveneto, dai gruppi di base, alle parrocchie, alle diocesi.

I contenuti del documento

Il documento è rivolto alle popolazioni del Nord-Est, agli uomini di buona volontà, a cominciare dai cristiani, ed è suddiviso in sei parti.

L’idea di partenza è che siamo a un punto di svolta, non solo in Italia, a un crocevia della storia in cui tratti essenziali della convivenza vengono ridefiniti.

© Francesca Cavalli

Il testo vuole proporre un discorso sul futuro che nasce da preoccupazioni, ma anche dalla speranza, perché passaggi come quello attuale aprono alternative e suscitano energie nuove. È un invito a riflettere su ciò che avviene e a provare a immaginare il mondo in cui vorremmo vivere, nella convinzione che i giochi non siano ancora fatti.

Il testo sottolinea due sfide: la crisi dei sistemi democratici, con i rischi di deriva autoritaria, e l’affermarsi di un atteggiamento di chiusura. Le conseguenze sono: una ripresa del nazionalismo identitario, la ricerca del colpevole da additare, il rarefarsi del sentimento di compassione.

Si riconoscono le ragioni profonde del malcontento, ma anche che certe risposte possono essere peggiori dei mali. La ricerca di un rapporto diretto leader/popolo fa saltare le mediazioni tipiche della democrazia rappresentativa e parlamentare. Il rifiuto di un corretto rapporto tra decisione politica e competenze tecnico-scientifiche diventa banale riflusso nel senso comune. La politica si riduce a puro scambio tra consenso e protezione.

Nella seconda parte, il documento si rivolge direttamente alle Chiese del Nord-Est, nelle quali, sui temi sollevati, c’è silenzio e mancano spazi di riflessione. C’è bisogno invece che le Chiese si interroghino sui tempi che stiamo vivendo. Si deve procedere insieme, evitando che le differenze di approccio diventino divisioni irreparabili su questioni evangelicamente rilevanti. E ciò è possibile se si creano spazi in cui pensare il nostro tempo alla luce del Vangelo.

Il documento indica un metodo: rispetto e dialogo; confronto con i fatti e le conoscenze, non solo con le opinioni; cura della verità.

Viene criticato un certo discorso pubblico che rende accettabili premesse culturali e morali fino a ieri inammissibili, in contrasto con l’ispirazione evangelica e con i diritti fondamentali dell’uomo. Ma si dice anche “a nostro avviso”, relativizzando le affermazioni, in modo da non chiudere pregiudizialmente al dialogo con posizioni diverse.

Il Forum riconosce che non si tratta solo di opporsi a culture politiche non condivisibili, ma di affrontare i problemi che hanno generato queste reazioni. Non è solo una questione di avversari con cui polemizzare, ma di problemi da affrontare.

Perciò, nella quarta parte, il testo sviluppa una visione del futuro in 12 punti, che corrispondono ad altrettante politiche, indicate in termini generali, sapendo che il compito delle comunità cristiane è innanzitutto culturale e formativo.

Nella quinta parte, si parla dell’Europa. Si riconosce che molte critiche all’Europa sono giuste e che di ciò si deve discutere, ma per proseguire nella costruzione europea, non per demolirla. Si indica il valore dell’esperienza europea, l’unicità del suo sistema di solidarietà sociale. L’Europa è stata un sogno e una speranza, molto più di un miraggio tecnocratico e di un fatto monetario. Tutti i grandi problemi della nostra epoca del resto chiedono di essere affrontati in chiave sovranazionale. Servono, quindi, un rilancio della politica sociale europea, non la sua liquidazione; il rafforzamento e la democratizzazione dei poteri europei, non la loro disgregazione.

La prossima scadenza elettorale europea è cruciale e decisiva e il documento sollecita a prendervi parte in modo informato e consapevole della posta in gioco.

Nella sesta parte, infine, si parla del problema dell’insicurezza, ricondotta essenzialmente al senso di solitudine e al rarefarsi dei legami sociali. Per contrastarlo c’è bisogno di recuperare il senso di fiducia. Il Paese non è fatto solo di singoli individui isolati e stato, ma anche di libere organizzazioni dei cittadini stessi. È quando sono vitali e ben integrate con lo stato che i cittadini sviluppano il senso di appartenenza e si sentono più sicuri.

Compito delle comunità cristiane è riconoscere la gravità delle sfide attuali, vedere i segni dei tempi e individuare nella storia i motivi di speranza che fanno appello alle responsabilità di tutti e di ciascuno.

 

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3 Commenti

  1. Ugo Basso 6 maggio 2020
  2. Alessandro Castegnaro 16 maggio 2019
  3. Maria Teresa Pontara Pederiva 1 maggio 2019

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