L’India ha un nuovo governo. Il partito Bharatiya Janatha ha ottenuto 303 dei 542 seggi del Parlamento e i suoi alleati altri 50. Il principale partito dell’opposizione, il Congress, ne ha conquistati solo 52 che, uniti a quelli della coalizione, diventano 94 in totale. La figura più importante nell’intero processo è stata Narendra Modi, il Primo Ministro.
Prima delle elezioni, l’opinione più diffusa nei media nazionali e internazionali era che lui e il suo partito avrebbero perso le elezioni. Si pensava anche che, qualora pure il partito avesse vinto, lui non sarebbe stato a capo dello stato. Ma Modi si è rivelato il leader della campagna elettorale. Anche in India le elezioni erano viste come un giudizio sulla sua amministrazione e sulla sua leadership. E ha conquistato un’incredibile vittoria.
Un esempio del passaggio è fornito dal giornale Time, pubblicato negli USA. Prima delle elezioni vi è comparso un articolo importante che dipingeva Modi come un grande divisore; una settimana dopo, un altro articolo lo salutava come un importante unificatore.
Modi si è mostrato un capo forte con una sicura presenza internazionale e possiamo dire che la vittoria è più sua personale che del partito. Un bombardamento aereo sul Pakistan un mese prima delle elezioni in risposta a un attacco terroristico lo ha messo in luce come una guida decisiva.
È stato accusato di essere corrotto, di non occuparsi degli agricoltori poveri e di non promuovere sufficientemente l’occupazione giovanile. La sua economia politica di demonetizzazione ha portato alcune tensioni nella classe media. Ma i politici e gli ufficiali sono corrotti, qualunque sia il partito al potere.
Modi non ha totalmente ignorato la povertà, benché possa essersi preoccupato principalmente degli interessi del mercato dei ricchi. Sembra non esserci dubbio che c’è stata una consapevolezza crescente dell’India come una nazione indù e di Modi come un leader forte.
Crescita economica
Il popolo ha posto la sua fiducia in lui per altri cinque anni. È significativo che i tre stati più a sud – Tamilnadu, Kerala e Andhra Pradesh – non abbiano votato per lui: sono quelli più progrediti nel campo economico ed educativo. A parte questi non c’è stata un’opposizione credibile a Modi.
Il partito alla guida della coalizione è stato il Congress, ma è da parecchi anni che il suo consenso è andato progressivamente diminuendo. La centralità della sola famiglia Nehru non ha favorito la crescita del partito a livello popolare, né ha incoraggiato la leadeship locale.
C’è stata anche una moltitudine di partiti regionali e basati sul sistema delle caste. Questi partiti dell’opposizione non si sono mai realmente uniti e in questo modo non hanno effettivamente mai sfidato Modi. Senza dubbio c’è il pensiero, tra la maggioranza, di essere una “nazione indù”. Questa sensazione sembra aver superato le differenze linguistiche e di caste. È un dato di fatto che il capo del Congress, Rahul Gandhi, ha incontrato grande difficoltà a mostrarsi come indù, pur visitando molti più templi di quanti ne abbia visitati Modi. Cosa fanno presagire questi risultati per il futuro?
Economicamente, la nazione è andata crescendo del 7% ogni anno. Questo trend continuerà e potrebbe diventare ancora migliore. Il governo di Modi potrebbe non essere più corrotto che il governo precedente. Si dice che Modi favorisca i ricchi e le loro compagnie, ma tutti i governi lo fanno, come pure tutti i governi offrono qualche “monetina d’aiuto” per i poveri. Il vero passaggio sta prendendo piede nelle aree dove il popolo è realmente educato e sta costruendo iniziative di sviluppo con l’aiuto dello stato. In questo modo l’India continuerà a crescere: lentamente ma inesorabilmente. Un governo centrale forte e stabile sicuramente aiuterà.
Plurale, forse laica
L’unica preoccupazione è se l’India continuerà a essere una nazione laica dove le minoranze religiose si possano sentire al sicuro e libere oppure se diverrà una nazione indù. L’idea di un’India indù – il 75% della popolazione professa questa religione – è andata crescendo. Ora abbiamo un partito al potere che professa apertamente di essere indù. Modi stesso si è presentato come un leader indù, visitando templi e ricevendo la benedizione dei capi indù.
Il suo partito ha una struttura a tre livelli. Il partito stesso è l’ala politica. Al di sotto, si trova un’Organizzazione di volontariato indù, altamente disciplinata e selettiva, che ha qualche controllo indiretto sul partito e promuove la consapevolezza nazionale indù. Al livello più basso, ci sono gruppi di attivisti popolari. Sono apertamente fondamentalisti e mostrano una certa violenza, attaccando soprattutto i musulmani, ma ora, in maniera crescente, anche i cristiani.
Tuttavia tali fondamentalisti sono pochi e i loro attacchi non numerosi. Succede soprattutto nel nord e al centro dell’India, zone con un’educazione e uno sviluppo inferiori. Il governo può controllare questo fenomeno, ma spesso non lo fa.
Quando Modi era a capo del Gujarat, c’era stata una violenta diatriba indù-musulmani, che non solo non aveva controllato, ma probabilmente incoraggiato. Ma, a livello nazionale, sembra essere più preoccupato della propria immagine all’estero. Durante il suo primo mandato come primo ministro erano circolate voci che il partito avrebbe provato a emendare la Costituzione per dichiarare la nazione un “regno indù”. Ma non aveva i due terzi del Parlamento. Ora ha la maggioranza necessaria da solo, senza gli alleati, nella Camera bassa. Potrebbero acquisire anche la maggioranza nella Camera alta del Parlamento tra un anno circa, dato che la Camera bassa elegge i membri della Camera alta in maniera proporzionale. Gli emendamenti costituzionali devono essere anche approvati dagli Stati.
Durante le elezioni Modi aveva uno slogan: “solidarietà con tutti, sviluppo per tutti, con la fiducia di tutti”. E, dopo le elezioni, prima che fosse designato come primo ministro, al primissimo incontro dei neoeletti membri del parlamento del suo partito, ha detto: «La nostra Costituzione è un documento sociale ricco ed esteso che incarna i sogni che i nostri guerrieri della libertà coltivano per la nazione. La nostra unica lealtà è alla Costituzione e ai valori espressi in essa. Una rappresentanza del popolo non può mostrare favoritismi nei confronti di qualcuno. Dobbiamo lavorare per quelli che ci supportano e anche per quelli che non l’hanno fatto con il medesimo spirito». Ha anche affermato che c’è bisogno di «frantumare il senso di paura che è stato costruito riguardo alle minoranze nella nazione».
C’è anche una fotografia che circola tra i media che mostra Modi che rende onore, in ginocchio, al testo della Costituzione. Tutto ciò non indica forse una politica che, una volta giunti al potere e al controllo, gli indù possano tollerare e pure lavorare per le minoranze? Per lo meno, Modi sembra essere consapevole che c’è un problema. Ma nel presente governo ci sono 58 ministri, con un solo musulmano e nessun cristiano (o buddista o giainista).
I cristiani in politica?
La parola “laica” non era nella Costituzione, in origine. Essa parla unicamente della libertà per tutte le religioni. È stata introdotta dalla signora Indira Gandhi circa 25 anni fa, probabilmente perché sentiva che tale libertà era minacciata. Il fatto è che dobbiamo vivere in una nazione con molte religioni. Tra queste, quella indù rappresenta la grande maggioranza e controllerà il governo democraticamente. È sempre stato così, benché abbiamo sempre parlato di secolarità. Per esempio, subito dopo l’indipendenza i visti per i missionari non erano più facili e le donazioni dall’estero venivano controllate. Inoltre, i cristiani, con l’eccezione del Kerala nel sud e nel nord-est, non sono politicamente organizzati. Sono per lo più poveri, specialmente al nord.
Dando un’occhiata a tutto il settore asiatico, ad eccezione delle Filippine, che sono cristiane (nonostante una piccola minoranza di musulmani nel sud stia combattendo per la propria indipendenza), Myanmar, Tailanda e Sri Lanka sono buddiste, Indonesia, Malesia, Bangladesh e Pakistan sono musulmane. Molte nazioni in Europa e in America si considerano cristiane. In questo modo i cristiani in India si troveranno costretti a vivere in una nazione che sta diventando consapevole di essere indù e a difendere i loro diritti di cristiani. Magari entrando sempre di più in politica. Speriamo e preghiamo per il meglio!