La fine del PD

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Con le dimissioni dalla segreteria di Nicola Zingaretti pare che stia andando a pezzi il PD, ultimo pezzo di prima repubblica e si approfondisce ulteriormente la crisi in atto della repubblica.

Il guru del M5s Beppe Grillo si è proposto come nuovo segretario del PD. Non è una battuta, c’è una ragione. Nel governo M5s-Lega la Lega aveva egemonia politica. Nel governo M5s-Pd, M5s ha avuto egemonia politica. Quindi la crisi nasce dallo schiacciamento del PD sul M5s. Quindi può il PD a questo punto ritrovare sé stesso?

La crisi del PD viene da lontano. C’è stato progressivo svuotamento della sinistra dopo la fine dell’URSS a causa della fine della lotta di classe, idea alla base del PCI e di molta sinistra europea. La fine dell’idea della lotta di classe è anche alla base della crisi di tanta sinistra in Europa.

Il PD si è convertito come partito della stabilità, in sostanza partito del Presidente della repubblica. Ciò probabilmente è cominciato con la presidenza Scalfaro ma lo scatto in più è stato con Napolitano e, ultimo in ordine di tempo, con Mattarella.

Napolitano era il vero leader del PD apparentemente con un disegno preciso, che semplificando potremmo dire era di fare un PD alla Tony Blair, il leader laburista inglese che aveva trasformato il suo partito in una organizzazione neo liberale.

Il disegno italiano ha funzionato per un po’ ma poi si è sciolto per mancanza di una vera proposta di governo, a fronte delle nuove sfide che arrivavano da destra, dalla Lega, e da sinistra, dal M5s. Del resto questo è un problema europeo, visto che anche in Francia, UK, Germania la sinistra non è uscita dal trauma del post 1989.

Ma altrove sono emersi nuovi partiti che hanno proposto agli elettori diversi modelli di sviluppo nazionali che poi hanno determinato scelte geopolitiche. Un esempio netto è il partito conservatore inglese che ha scommesso sul Brexit e un ruolo del Regno Unito a cavallo tra Usa e UE. Ma anche la presidenza di Macron in Francia o la guida tedesca della Merkel che ha sposato un connubio Germania/UE. Scelte di partito geopolitiche in Italia non ci sono state né ci sono.

Il disegno di Mattarella dall’inizio legislatura era più semplice e complicato di quello di Napolitano – re-incanalare i populisti di M5s. Questo è stato fatto, solo che poi c’è stata conseguenza imprevedibile: il PD si è frantumato, forse perché indebolito da 30 anni di mancanza di pensiero profondo. Né altri partiti hanno pensato profondamente. Il credo nei fatti è stato: occupazione del potere.

Unico tentativo politico alto forse è stato in quello che una volta di sarebbe chiamata “destra” di cercare un interesse nazionale rinegoziando con l’Europa, senza uscire dall’unione. Ma il progetto di fatto è stato incomprensibile ai partiti in parlamento che lo hanno tradotto in semplice “EU sì, EU no”. Qui lo “EU no” era ed è impraticabile e quindi tutto è svanito nei fatti come una bolla di sapone.

Inoltre, questi sommovimenti avvengono senza cambiare l’attuale costituzione che nei fatti era pensata per escludere i lati e concentrare il potere in un grande partito di centro.

Con l’inizio di bipolarismo, mantenendo stessa costituzione, c’è stato fenomeno di fuga di deputati da una maggioranza all’altra, cosa che ha fatto crollare varie maggioranze e mina alla radice il bipolarismo.

Ancora: in questo indebolimento dei partiti e fughe di deputati avanti e indietro, è emerso grande potere nei fatti del presidente, che però per costituzione è un arbitro non un giocatore delle varie partite. Si crea allora la situazione impossibile in cui è male quando il Presidente interviene, ed è male quando non interviene.

Ultimo, ma non minima, c’è la crisi della magistratura, la struttura che ha salvato Italia da terrorismo politico e da quello mafioso, pagando un prezzo di sangue importantissimo. La magistratura, anche forte della credibilità ottenuta in quelle guerre, ha eliminato la prima repubblica, ma poi non ha prodotto spinta vera in avanti.

La magistratura in realtà né ha vinto né ha perso nella sua battaglia contro il Berlusconismo, visto come radice di corruzione. In questo stallo la magistratura invece si è gradualmente consumata e spaccata. Lo scandalo Palamara poteva essere occasione per rivendicare onore e ruolo e ritrovare uno spazio mediano propulsino. Al contrario, la maggioranza dei magistrati appaiono schiacciati nella scelta divisiva tra radicali continuatori di “mani pulite” e gestori del potere.

Ciò ha creato la serie di cortocircuiti che hanno portato al governo Draghi. In più scopo geopolitico di Italia smarrito. L’Italia non è più marca di confine come ai tempi della Guerra Fredda, non è ancora ponte di scambi tra Europa, Asia e Africa, allora cosa è?

In questa situazione si cerca di trovare una stabilità che non c’è nei fatti. Ciò certo è encomiabile ed è un argine del Paese ma d’altro canto non si agisce sulle ragioni profonde del dissesto – la crisi dei partiti, la crisi sociale e politica della nazione, l’impoverimento del dibattito politico inaridito solo sulle azioni di tizio o di caio.

Ciò di fatto non cura la situazione nel complesso ma aggredisce solo il sintomo e spinge le ragioni di crisi nel profondo. Quindi paradossalmente si approfondisce lo scollamento interno e strisciante di ogni struttura dello stato e della società.

Le risposte giuste allora forse vengono da domande giuste. Qui ne azzardiamo alcune. Che paese si vuole in concreto? Ciò non può essere una scelta generica “vogliamo un paese ad alta informatizzazione e verde”. Tutti sono d’accordo su questo.

Si tratta invece di scegliere di ripartire dal ruolo che l’Italia vuole avere in Europa e nel mondo, cosa che condizionerà diverse scelte di politica interna che possono essere in contrasto fra di loro, oggi come, mutatis mutandis, dopo la seconda guerra mondiale.

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