La riflessione dei vescovi italiani sulla politica italiana per i cento anni di don Luigi Sturzo arriva in un momento di grande necessità, quando la situazione nel Paese è di estrema confusione con la gran parte dei votanti schierati con partiti di “innovazione” (M5s e Lega) o che si astengono perché complessivamente insoddisfatti dell’offerta elettorale. Questa crisi passa anche per il corpo della Chiesa, in subbuglio per la “rivoluzione bergogliana”.
Non c’è da nascondersi dietro un dito e negare un’evidenza – che tanti cattolici sostengono palesemente o meno certa retorica sovranista e anti immigrazione. Essi, apertamente o meno, vorrebbero una specie di nuova fortezza Europa-cristiana che erga barricate contro l’invasione che arriva da Africa e Asia, perché ne temono l’effetto devastante per i loro valori tradizionali. Tali timori sono ovvi e normali in un momento di grande rivolgimenti come questo. Quello che sfugge è il valore anche pratico, di realpolitik e senso comune della proposta ideale del papa per l’accoglienza.
Barricate vs. realismo politico
Le barricate sono indifendibili, tutte sono state storicamente travolte. I valori europei e cristiani possono sopravvivere solo se si adattano e vengono esportati nel mondo. Cioè anche in termini di realismo politico e buon senso papa Francesco indica l’unica via di sopravvivenza vera per i valori cristiani e per l’Europa, da perseguire con chiarezza ma anche in maniera pratica. In termini esemplificativi militari, che dovrebbero rispondere allo spirito dei Gesuiti, visto che sant’Ignazio era stato un soldato, i nuovi cardinali che il papa ha fatto in Pakistan, Laos, Nuova Guinea eccetera sono paracadutisti, commando, prime teste di ponte in territori nuovi o anche chiaramente ostili. Essi quindi obbediscono a una logica che non è quella di stare sugli spalti a difendersi, ma è viceversa quella di “attaccare”.
È la logica del primo cristianesimo, di san Paolo: mentre gli ebrei zeloti si arroccavano a Masada, gli ebrei cristiani pensavano di conquistare l’impero romano e quello persiano. Quindi c’è un doppio problema. Da una parte occorre portare la Chiesa dalla parte del nuovo san Paolo, dall’altra occorre prendere sul serio le paure sia degli zeloti di oggi, sia dei romani e persiani di oggi spaventati per tanti motivi e soprattutto spaventati dai neo paolini.
In questo contesto ci sono problemi sociali e geopolitici che la Chiesa si ritrova tra le mani. Geopoliticamente c’è la crescita di quello che una volta era il Terzo Mondo. A cominciare dalla Cina, ma poi seguita da tutta l’Asia e Africa; questa parte di umanità vuole un ruolo politico, culturale, sociale insieme a quello del vecchio mondo. L’esigenza è legittima, ma come fare a soddisfarla senza sfracelli e conflitti violenti e senza anche che ciò non si trasformi in una umiliazione del vecchio mondo, che peraltro ha creato distruzione in passato ma ha anche messo in moto il meccanismo per cui oggi il Terzo Mondo è cresciuto?
La sfida della sperequazione
Su questa grande sfida si inseriscono enormi problemi sociali. Oggi una cinquantina di persone ha una ricchezza uguale a quella di oltre metà della popolazione del pianeta con una formuletta potremmo dire: 50=3,5 miliardi. Sicuramente mai nella storia umana un numero così ristretto di pochi valeva in denaro un numero così elevato di tanti. La differenza sociale dei tempi delle piramidi, dei faraoni e di Mosè è cosa da ridere a confronto. Questa differenza non significa semplicemente lussi nel vivere, ma soprattutto significa differenza enorme di potere della propria vita e sulla vita delle altre persone.
Anche qui, il secolo passato più di tanti altri momenti ci ha insegnato che non ci sono scorciatoie di soluzioni. Le rivoluzioni comuniste, che dovevano risolvere la tirannia di pochi ricchi sui tanti poveri, ha solo trasformato e acutizzato i problemi esistenti. In questo il valore antico della Chiesa di cercare con pazienza soluzioni, e non offrirle preconfezionate in scatolette industriali, può essere fondamentale per tutti, non solo credenti o uomini di Chiesa.
In questa sperequazione immensa di risorse e potere si inseriscono i fenomeni che toccano tutti da vicino, la crescita dei flussi migratori dal Sud al Nord del mondo; la diffusione del nuovo schiavismo che sfrutta e incita tali flussi; la parallela decrescita della classe media nel Nord del mondo e la sua crescita nel Sud. Questo movimento parallelo crea le tensioni, perché nel Sud permette la migrazione (che avviene quando si può pagare un costo di viaggio) e nel Nord l’ex classe media impoverita si sente minacciata nel suo status e nella sua vita concreta dai nuovi migranti.
Sfide e opportunità
Tutte queste sono enormi sfide sociali, politiche e culturali ma sono anche occasioni e opportunità enormi che la provvidenza ha dato alla Chiesa per essere sé stessa, cioè dare un ampio contributo di sussidiarietà in tutti gli spazi del mondo. Tali spazi nel prossimo futuro andranno ad aumentare e non a diminuire.
In ciò le paure di chi sente minacciato sono legittime e possono cominciare a essere placate solo se si comincia a considerarle tali, legittime cioè, e non respinte al mittente con fastidio o una scrollata di spalle. Il bambino che ha paura del buio ne avrà ancora di più se la mamma lo sgrida per i suoi timori senza senso. Smetterà di averne se la mamma viceversa gli sta accanto e lo accompagna per un pezzo della notte. La Chiesa madre questo può fare.
Politicamente, in modo pratico allora, cosa significa nell’attuale momento in Italia? Don Sturzo 100 anni fa si poneva il problema di dare una voce politica ai valori cattolici in un’Italia nata anche contro la Chiesa, perché aveva distrutto l’antico Sato Pontificio. Si trattava quindi di una proposta politica complessiva: come potere essere cattolici in politica al di là del pontefice re e degli Stati protettori cattolici. Era una trasformazione profonda forse anche di un concetto di impegno cattolico nel sociale erede di certi valori austro-ungheresi, asburgici. Infatti i cristiani democratici continuano a essere forti e di successo in Germania, e con il senno di poi forse il 40ennio democristiano fu il momento migliore della storia italiana, e magari potessimo oggi augurarci di morire democristiani.
Disegno politico e sapienza
Ciò detto, una riedizione della DC oggi è una fantasia peregrina, una pura insensatezza. Ha molto senso invece cercare di capire cosa i valori cristiani in questo momento storico mondiale possono dare all’Italia. Ciò non dovrebbe significare, credo, schierarsi con un partito o un altro o proporre decaloghi di valori più o meno non negoziabili. Forse, come indicava il papa in Laudato si’, bisogna invece schierarsi dalla parte del mondo, di tutti, di quelli che hanno paura, e anche di quelli che fanno paura. Qui la lezione di pace della Chiesa va ripresa e forse ne va capito il senso pratico comune. Che possa essere giusto o ingiusto, non ha senso uccidere i 50 ricchi della terra per distribuirne le ricchezze tra i 3,5 miliardi di poveretti, perché il beneficio della redistribuzione dura solo poco tempo e il potere dei 50 ricchi verrebbe occupato da altri 50 che forse sono anche meno capaci e più banditi dei primi. Si tratta di capire come convertire non solo in senso spirituale, ma anche politico pratico, i 50 ricchi in benessere per tutti, e come creare opportunità che non escludano i sette miliardi tutti.
Qui occorrono due cose fondamentali: disegno politico e sapienza. Il disegno politico per l’Italia può essere solo uno: la crescita del Sud e lo spostamento del baricentro di sviluppo europeo nel Mediterraneo. Il Mediterraneo, grazie anche allo sviluppo dell’Asia e alla nuova via della Seta cinese, è ritornato il centro del mondo. Asia e Africa sono tornati a gravitare qui e anche le Americhe ne sono attirate. L’Europa e l’Italia non possono ignorare queste tendenze globali e quindi devono attrezzarsi per incontrarle.
Per questo però ci vuole anche sapienza, saggezza. Dilettantismo e ignoranza sono i peggiori nemici di ogni sforzo politico oggi. La Chiesa in entrambi i campi può e forse deve dare questo contributo all’Italia.
Concordo con le ponderate riflessioni del lettore Candelli.
I valori della cultura cattolica, declinati in modo rivoluzionario da Papa Francesco pur mantenendo un saldo ancoraggio nelle scritture, possono essere ancora un punto di riferimento nella società e nella politica italiane. Nonostante decenni di cattiva scuola e di indiscriminate bombardamento mediatico abbiano generato uno spaventoso analfabetismo di ritorno, c’è sicuramente una domanda diffusa di buona politica in Italia.
Più difficile è invece individuare le personalità che possano guidare questo processo di ricostruzione di una rappresentanza politica dei cattolici.
Se si eccettua figura sbiadita di Pierferdinando Casini, l’ultimo politico italiano di un certo peso espresso dal mondo cattolico – o almeno da movimenti asseritamente ispirati a valori cattolici – è stato Roberto Formigoni. L’esito inglorioso della sua vicenda politica è sembrato tarpare le ali a nuovi potenziali aspiranti leader.
Come se ne esce? Francamente fatico a vedere candidati autorevoli, ma mi auguro di essere smentito dai fatti.
Parlare di riedizione della DC sarà certamente una fantasia peregrina, ma offrire la possibilità di una degna rappresentanza ad una consistente fetta della società italiana, che si riconosce non solo nella fede ma anche nella cultura cattolica, certamente non lo è.
Errori, malefatte, danni e tanti vizi della DC sono agli atti della storia italiana così come i suoi non pochi meriti.
Oramai, però, la storia italiana ha registrato anche quanti danni ha prodotto e sta ancora producendo quell’orrenda voragine rimasta aperta sotto le macerie democristiane.
In quel vuoto ci si è infilato prima Berlusconi ed oggi ci si sono piazzate forze accomunate soltanto da tendenze oscurantiste. Domani?
Quella rappresentanza a matrice fortemente cattolica va assolutamente recuperata, semplicemente perché risponde ad una domanda ancora molto larga in Italia. Sarà una manna per chi aderirà e ci si riconoscerà ma anche per chi, come me, ateo, laico ed un anche po’ mangiapreti, troverà una opposizione con una precisa identità culturale ed una innegabile propensione al dialogo.