Dopo secoli di teologie della storia e di riflessioni complesse e conflittuali sul rapporto tra fede e politica, sembra anche a me per lo meno presuntuoso e senz’altro molto stupido riprendere il comportamento politico di Gesù – e poi di Paolo – così come ci è testimoniato dal Nuovo Testamento, accolto sine glossa e prescindendo dall’enciclopedica montagna di testi, dall’agostiniana De Civitate Dei fino alla piú recente Dottrina Sociale della Chiesa.
Insomma, con le mie indebite semplificazioni, posso considerarmi un furbastro maldestro e sgraziato che pensa sia possibile, almeno per un momento, sospendere la rilevanza di secoli di teologia. Chiedo scusa per questo, ma è sorta nel mio pensiero la necessità di dire cose antiche e forse dimenticate.
Se riteniamo aspetto irrinunciabile della nostra fede la sequela e l’imitazione di Gesù, dovremmo allora considerare anche il suo stile politico e il suo modo di rapportarsi politicamente con i poteri teocratici, economici, imperiali e con le opposizioni del suo tempo.
La prima cosa che mi colpisce è che Gesù non si identificava con nessun partito politico. Questo dipendeva senz’altro dalla sua origine geografica e sociale che lo escludeva dalle tradizioni elitarie dei partiti dei Sadducei, dei Farisei e degli Erodiani. O poteva dipendere da radicali differenze teologiche che inevitabilmente lo distanziavano dal movimento di Giovanni Battista che aspettava un Messia del Giudizio e del castigo. Opzioni, stili e metodi che lo rendevano estraneo e incompreso anche all’interno dei suoi seguaci e simpatizzanti, che pensavano a un messianismo politico, nazionalista, militare.
Quanto al partito degli Esseni, i Vangeli non ci dicono nulla, ma sappiamo dai documenti di Qumran che il Messia da loro atteso era semplicemente il riformatore del Tempio e della fedeltà del popolo di Israele.
Certamente poteva essere figura interessante per il partito zelota: l’energica e coraggiosa denuncia dell’ingiustizia del tempio e la difesa amorosa degli esclusi e disprezzati stanno alla base delle motivazioni di alcuni discepoli a seguirlo. Forse proveniva dal partito zelota Simone detto appunto lo Zelota o il Cananeo e forse – qualche esegeta lo ha ipotizzato – pure Simon Pietro, così come i Figli del Tuono, Giacomo e Giovanni, erano zeloti.
Inoltre, pare proprio che il pretesto giuridico per consentire la condanna a morte di Gesù sia stato accettare la fragile tesi che era un messia zelota, che minacciava l’Impero. Anche l’iscrizione sulla croce “Gesù Nazareno, Re dei Giudei” starebbe a dimostrare questa lettura della storia di Gesù in senso politico-nazionalistico.
Gesù, però, si pone sempre oltre i partiti, anche quelli rivoluzionari, perché il suo Regno non è di questo mondo e la sua regalità si rivela in termini assolutamente alternativi e non violenti, rovesciando ogni logica che sostiene potere e dominazione. Così non può non porsi contro la religione – non solo quella teocratica – e contro l’impero. «Ma Gesù, chiamatili a sé, disse: I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,25-28).
E, nel Vangelo di Marco, l’indemoniato di Gerasa (Mc 5,1-20) con la sua diabolica legione – la X Legione Fretense? – non simbolizza forse iconicamente l’Impero Romano che abita in un cimitero ed è rappresentato da un branco di impurissimi porci che si scaglia in un abisso?
Insieme al Tempio, l’Impero è l’anti-regno. L’aveva chiaro Paolo, che sceglie di definire Gesù κύριος, kurios, Signore, in chiara e polemica opposizione all’unico kurios riconosciuto divinamente come tale, che era l’imperatore romano. Ed è per questa infedeltà politica e adesione nella fede all’unico Signore che i primi tempi del movimento cristiano sono stati tempi di profeti e di martiri.
Allora fare politica come Gesù e con Gesù nell’attualità comporta la conversione a questo “oltre” di Gesù, il Regno che va “oltre” il piccolo cabotaggio degli arrangiamenti congiunturali, “oltre” gli schieramenti ideologici che tendono sempre a catturare la religione e a ridurla a strumento di difesa dello status quo o ad ambiti di potere elettorale.
Un “oltre” che è anche un “contro”, soprattutto quando il cristianesimo è manipolato per servire da supporto ai nuovi fascismi e tende a riprodursi come cristofascismo.
Un “oltre” radicalmente critico dell’ordine del giorno sfasato e omesso della cosiddetta sinistra, apparentemente condannata a ripetersi, dimenticando l’urgenza di rispondere alle ferite mortali inferte alla Vita e ai poveri dal sistema capitalista e dagli stati.
Penso – e mi pare con ampia rispondenza nei vangeli – che l’oltre di Cristo non si sia mai tramutato in un contro, o meglio, in un “contro organizzato”. Il Signore – quando si scaglia contro l’establishment – lo fa sempre per ammaestrare, lo fa per togliere al potere la sua fascinazione di esempio da seguire. Lo fa per indicare un altro modello di sviluppo umano, basato sulla misericordia, sul servizio reciproco e la condivisione delle risorse. Non propugna un progetto o un’azione di rivolgimento del potere. Non esiste un “regno” terrestre, esiste un regno che non è di questo mondo, anche perché questo mondo è soggetto al suo principe che è Satana. Un regno di là da venire: il secolo futuro.
D’altronde il potere – inteso come gestione dei rapporti umani all’interno di un gruppo – è una dimensione inevitabile dell’umano. Tra il già ed il non ancora – quindi – cosa resta a noi che ci sforziamo di seguire il Signore e ne aspettiamo il ritorno? Noi che siamo stretti tra il richiamo paolino al rispetto dell’autorità ed il monito del Signore che ci rammenta la sudditanza del potere al Signore di questo mondo? Senz’altro una risposta è quella di vivere con radicalità l’insegnamento del Signore ed annunciarne la lieta novella. Questa è senz’altro una risposta minima alla questione, minima ma incomprimibile. Da questa base può svilupparsi una nuova maniera di fare politica da parte dei cristiani oltre le sinistre e le destre?