La festa del 2 giugno ha quest’anno un carattere particolare: cade nel 70° dell’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana e della prima elezione del Capo dello Stato. Spinto dal recente Congresso eucaristico diocesano, che ha rinnovato il legame tra Chiesa e città degli uomini, considerando anche le difficoltà degli ultimi avvenimenti, desidero invitare tutti i credenti a innalzare a Dio un ringraziamento per il tanto che ci unisce e a pregare per il nostro Paese.
La Costituzione non è un retaggio del passato ma il fondamento della nostra casa comune, il deposito di valori che sono le radici senza le quali non si può costruire il futuro. I Padri costituenti avevano profonda speranza nonostante la terribile epifania del male e della forza distruttiva dell’uomo. Essi resero le sofferenze vissute dalla loro generazione – il fascismo, la tragica esperienza della guerra mondiale – una visione per chi sarebbe nato dopo. Non rimasero indecisi e non imposero interessi di parte, ma uniti si accordarono, dopo un confronto forte, consapevoli di un unico destino per tutti.
Nel suo 70° dobbiamo loro rispetto vero e gratitudine consapevole, perché la Costituzione ha permesso e orientato la costruzione di una società democratica e fornisce ancora lo spirito e i criteri guida per una convivenza nella giustizia e nel rispetto per ogni persona. Essa garantisce diritti e doveri e indica la responsabilità di tutti nella costruzione della casa comune che è il nostro Paese. Il suo spirito certamente ne rappresenta anche un’indicazione di metodo per il futuro. In essa appare chiaro come la vitalità di una società sia frutto della responsabilità dei cittadini e del loro impegno.
Tutti siamo chiamati a sviluppare la nostra propria personalità e possiamo crescere in comunità e verso la comunità, perché la persona si sviluppa nella rete dei gruppi sociali (art. 2), prima di tutto nella fondamentale struttura naturale e sociale che è la famiglia (art. 29). I doveri di solidarietà non vanno mai trascurati (art. 2) in vista di scopi sociali e impegni comunitari. Anche le stesse libertà di iniziativa economica e la proprietà privata devono avere una funzione sociale e una prospettiva di crescita umana (art. 41 e 42).
Le strutture pubbliche rappresentano i piloni di questa costruzione. A volte notiamo verso di esse un senso di sfiducia, tanto che si pensa necessario arrangiarsi, cercare una via di convenienza individuale. Bisogna perciò ringraziare quanti le onorano con generosità e spirito di servizio, ricordando che è necessario impegnarci perché le regole della casa comune, i diritti e doveri, siano tali per tutti e tutti abbiamo fiducia in essi. I nuovi italiani ci aiutano ad esserlo di più e ci chiedono proprio questo.
Pensiamo che la grandezza di una patria sia nel garantire il bene dei suoi cittadini e di ogni uomo. L’Italia deve essere grande perché grande è l’umanesimo che eredita, in tanta parte eredità del cristianesimo, e che le è affidato, ricchezza di storia, di cultura, di capacità che permettono di non avere paura e di guardare il futuro rendendo tutti, nuovi e vecchi, davvero italiani, scegliendo una politica del lavoro e della famiglia lungimirante e stabile, identificando le scelte per un’accoglienza che esca dall’emergenza, gestisca i flussi e garantisca rispetto della vita di ogni persona che è sempre sacra per tutti. La Costituzione italiana esprime un progetto di società nella quale la comunità è elemento fondamentale per dare valore all’individuo. Non c’è l’io senza il noi.
All’inizio di questo cammino c’è l’educazione civica, da rilanciare con impegno e determinazione, nelle scuole come nella vita ordinaria, favorendo l’attenzione di tutti a rispettare le regole comuni, perché se manca questo cresce la maleducazione civica, l’arbitrio e, di fatto, l’ingiustizia.
Tommaso Moro nel libro che l’ha reso famoso, intitolato Utopia, scrisse: «Meglio e più saldamente si legano fra loro gli uomini con sentimenti amichevoli anziché con trattati, con lo spirito anziché con parole». Ne abbiamo tutti tanto bisogno per guardare con fiducia il nostro futuro, perché l’Europa intera possa rappresentare i valori sui quali è costruita e non perdere quell’umanesimo che tanto deve al suo fondamento cristiano. In questo la Chiesa desidera offrire il proprio contributo specifico perché sa di essere popolo costituito da tutti i popoli della terra, «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1)
La Chiesa di Bologna ringrazia il Signore per questo lungo periodo di pace e partecipa a questa festa di tutti noi – europei ed italiani per nascita, storia o vocazione – e della Costituzione, perché la nostra casa comune possa rispondere alle sfide che occorre affrontare.
Desidero che in ogni comunità della diocesi, al vespro di venerdì 1° giugno o nella giornata di sabato 2 giugno, si canti l’inno di ringraziamento Te Deum e si innalzino preghiere e suppliche per la nostra Patria, chiedendo la grazia di un rinnovato impegno di tutti per il bene comune.
+ Matteo Zuppi,
arcivescovo di Bologna
In occasione del 2 giugno, Festa della Repubblica, l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, ha inviato alla diocesi un messaggio in cui ricorda i valori fondanti la nostra casa comune contenuti nella Carta costituzionale. Oltre al messaggio (qui ripreso integralmente), mons. Zuppi chiede che siano formulate intenzioni apposite durante la preghiera dei fedeli nelle messe del 2 giugno, che venga cantato il Te Deum dopo la comunione e che subito dopo venga recitata la Preghiera per l’Italia composta da Giovanni Paolo II il 15 marzo 1994.