Il 6 giugno sono cominciate in Polonia alcune esercitazioni militari dell’Alleanza militare Nato. Sono le più imponenti degli ultimi 25 anni. Rispondono ad una pressante richiesta non solo del governo polacco, che fa parte dell’Alleanza, ma anche al desiderio dei paesi baltici, spaventati dall’occupazione della Crimea da parte della Russia, che alimenta la guerra ai confini orientali dell’Ucraina. Ciò che successo in Crimea è, secondo loro, quello che potrebbe succedere a Nord.
Riguardo alla Polonia la paura di un’invasione militare russa sembra poco giustificata. Ma ciò che i fatti e la politica reale non dicono e non mostrano è invece attivo nel patrimonio atavico, che contrappone l’espansionismo russo a quello polacco, in opera, alternativamente, nei secoli scorsi. Il ricordo più vivo è la spartizione della Polonia fra Germania nazista e URSS e, dopo la guerra, da parte dell’URSS. A complicare il panorama vi è stato, tre anni fa, uno scandalo di intercettazioni fra esponenti russi e nazionalisti polacchi che, in una serie di incontri conviviali a Varsavia, ipotizzavano nuove spartizioni a danno di Bielorussia e Ucraina.
Un ruolo torbido e non risolto del rapporto Polonia-Russia è stato quello della catastrofe di Smolensk, dove, il 10 aprile del 2010, cadde l’aereo presidenziale polacco con l’allora presidente, Lech Kaczynski, gemello dell’attuale, un vice-ministro e molti alti funzionari di stato. Nel «rapporto Miller» (ministro degli interni) non erano emersi indizi consistenti di sabotaggio russo, ma l’allora minoranza di destra, ora al governo, lo ha sempre ritenuto un “buco nero”, coperto da oscuri interessi nazionali e russi. Il fatto che i russi non abbiano mai autorizzato il recupero, da parte polacca, dei rottami dell’aereo e abbiano trattato con disprezzo e cinismo i responsabili polacchi dell’inchiesta, ha alimentato la voce complottista.
La diffidenza verso l’imperialismo russo ha spinto la Polonia ad assicurarsi l’ombrello militare della Nato. Confortata in questo dall’interesse degli Stati Uniti per tenere in tensione la Russia (emerso nel discorso di Obama a Varsavia nel 2014), anche a scapito dei progetti politici dell’Unione Europea. Così, invece di un cordone di democrazia politica, Polonia, Ucraina, Cechia, Ungheria ecc. si percepiscono come un confine militare. Del resto, la pochezza politica dell’Unione nel caso ucraino ha favorito la crescita delle tensioni. Nella guerra a Sud (Siria-Iraq) e a Est (Ucraina orientale), l’Unione Europea vede crescere il muscoloso confronto Nato-Russia, mentre le forze di destra nazionalistiche e gruppi oligarchici prendono il sopravvento nei vari stati.
Il 15 aprile scorso il segretario di Stato vaticano, card. P. Parolin, ha chiesto ai vescovi polacchi una maggiore distanza politica. Sul tema della pace, dell’ecumenismo, del dialogo fra le nazioni è atteso l’intervento di papa Francesco in occasione della Giornata mondiale della gioventù a Cracovia, a fine luglio.