Le tensioni politiche che attraversano la Bielorussia all’indomani delle contestate elezioni presidenziali (cf. SettimanaNews, Bielorussia: Putin il convitato di pietra) hanno un riscontro anche sul versante ecclesiale. L’auspicata democrazia nazionale apre la domanda del futuro della Chiesa ortodossa locale (oltre la metà dei nove milioni e mezzo di abitanti) e della sua autonomia dal patriarcato di Mosca (da cui oggi dipende).
Un profondo conoscitore della situazione ha scritto:
«Il patriarca Cirillo condivide con Putin la medesima preoccupazione. Se le cose cambiassero e la dittatura bielorussa dovesse allentare la sua morsa, nella Chiesa ortodossa bielorussa si comincerà a lavorare per la propria autocefalia (indipendenza) da Mosca. Rafforzando tendenze similari in tutti gli stati a maggioranza islamica collegati al Cremlino. Minsk non è Kiev, ma la spinta nazionale attraversa anche il paese baltico. Non è casuale che Cirillo e il metropolita bielorusso Pavel siano stati i primi a congratularsi (10 agosto) con gli esibiti esiti della consultazione che attribuivano l’ottanta per cento dei voti a Lukashenko e, sono dopo qualche giorno, hanno corretto il tiro. Il 15 agosto il sinodo ha condannato violenze, detenzioni ed estremismi, invitando a trovare soluzioni politiche. E subito dopo anche Cirillo si è espresso allo stesso modo».
Domanda crescente di autocefalia
Il metropolita Epifanio, capo della Chiesa ortodossa autocefala dell’Ucraina, ha pubblicato un messaggio il 12 agosto che andava al centro della questione. Scrivendo in ucraino e bielorusso e postando l’immagine della bandiera bianco-rossa (dei dimostranti, diversa da quella ufficiale), ha invitato la Chiesa ortodossa locale a sciogliere i legami con Mosca:
«In questi giorni il popolo bielorusso sta soffrendo molto… L’annessione non canonica della sua Chiesa da parte di Mosca ha avuto e continua ad avere conseguenze tragiche per l’Ortodossia in tutta l’Europa orientale. Con la volontà dei fedeli e con la benedizione della nostra comune Chiesa madre, il patriarcato ecumenico di Costantinopoli, la Chiesa dell’Ucraina è stata riconosciuta tra le Chiese sorelle autocefale. La Chiesa ortodossa della Bielorussia ha le stesse ragioni e il diritto di richiedere un tomo (documento) di autocefalia alla Chiesa madre se lo desidera».
Lukashenko, che ha oggi il maggior sostegno in Putin e gioca sull’identità russa di una parte cospicua della popolazione, in un incontro con il Consiglio di sicurezza del paese, ha accusato l’opposizione di voler estromettere la Russia dalla collaborazione in ambito economico, militare, linguistico e religioso. Sul piano ecclesiale il padre-padrone del paese ha accusato l’opposizione di perseguire la restaurazione della Chiesa autocefala, in contrapposizione al patriarcato di Mosca. E ha detto: «Siamo sempre stati orgogliosi della pace interreligiosa del paese. Nessuno disturba mai un credente. Ortodossi, cattolici, musulmani ed ebrei vivono in pace. Ora siamo spinti a una guerra che è un conflitto interreligioso e, data la situazione, anche un conflitto etnico. Questo accadrà per sradicare e disonorare le cose per cui siamo orgogliosi».
Il metropolita Pavel, che è di etnia russa, ha cercato di recuperare il favore dei dimostranti, fra cui molti ortodossi, visitando le vittime in ospedale ed esprimendo l’auspicio di un’indagine rigorosa sui delitti commessi durante le recenti azioni di protesta. Rincorrendo la posizione più esplicitamente filo-dimostranti del metropolita cattolico Tadeusz Kondrusiewicz, che ha chiesto l’immediato rilascio degli arrestati nelle recenti manifestazioni popolari. Da buon polacco Kondrusiewicz propone una tavola rotonda che metta a confronto il potere politico con i rappresentanti della società: una proposta suggestiva per tutti e, in particolare, per la popolazione cattolica (15%) delle aree occidentali del paese.
Il legame con Mosca
Ma i legami etnico-cultuali della Bielorussia con Mosca sono molto più forti di quelli dell’Ucraina e il «socialismo di mercato» proposto da Lukashenko vede un pletorico settore pubblico (60% del PIL) che funziona grazie ai sussidi diretti e indiretti della Russia. I salari sono molto bassi, ma il sistema sanitario e scolastico, come anche le infrastrutture, sono di buon livello.
Come l’esperto già menzionato sopra ricorda:
«Mosca sapeva che un giorno o l’altro si sarebbe dovuta confrontare con eventi similari. Dopo aver perso l’Ucraina (nonostante la rioccupazione forzata della Crimea), non può permettersi di perdere la Bielorussia. Sarebbe un colpo mortale per il progetto politico-culturale del ruskj mir, di quel mondo-pensiero russo chiamato a ridare fiato e sostanza al grande impero sovietico di un tempo, di cui è parte essenziale il legame delle Chiese all’ortodossia moscovita. Non credo che Mosca ricorra all’intervento militare né che lasci lo sviluppo alla logica autonoma degli eventi. La prossima amministrazione bielorussa non potrà fare a meno di rimanere in qualche modo allineata a Mosca. Molto probabilmente Putin farà pressioni per offrire a Lukashenko una onorevole via d’uscita per assicurarsi una successione non ostile del potere a Minsk».