Prendersi cura della democrazia

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La democrazia è in crisi. La frase la sentiamo ormai ripetere molto spesso ma ha, purtroppo, un solido ancoraggio nella realtà. La democrazia è in crisi in tutto il mondo: dopo decenni in cui il numero degli stati democratici è stato in costante aumento, ora ci troviamo di fronte a una preoccupante involuzione. E anche le democrazie storicamente più stabili – si pensi agli Stati Uniti – sono in una fase di grande difficoltà.

E da questa crisi non è certo immune nemmeno l’Italia. Per capirlo è sufficiente osservare il tasso di astensionismo e il drammatico calo della partecipazione: milioni di italiani non credono più che la democrazia possa essere uno strumento per migliorare le loro vite. Pensano – non sempre a torto – che i politici abbiano ormai strumenti spuntati per agire e che le grandi decisioni vengano comunque prese altrove. I partiti sono ormai dei comitati elettorali permanenti, incapaci di produrre idee coraggiose e innovative, o di selezionare una classe dirigente valida e in grado di affrontare le sfide del nostro tempo.

Cosa fanno i cattolici?

Qual è il ruolo dei cattolici in questo quadro così fosco? Anche nella Chiesa e tra i credenti si è purtroppo diffusa una forma di disillusione che produce frutti amari: da una parte la tentazione di relegare la fede a una sfera meramente privata, dall’altra azioni che mescolano sacro e profano, impegno democratico e spirito di crociata. Tanti preferiscono semplicemente tenersi alla larga dalla politica.

In una intervista[1] dello scorso 2 marzo, il sondaggista Nando Pagnoncelli ha spiegato che, quando vanno a votare, coloro che si dichiarano cattolici praticanti «appaiono poco o per nulla ispirati dal credo religioso: lo dimostra il fatto che il partito più votato dai praticanti assidui è risultato il PD alle europee del 2014, il M5s alle politiche del 2018, la Lega alle europee del 2019 e Fratelli d’Italia alle politiche del 2022». Vale a dire gli stessi partiti scelti dalla maggioranza degli italiani.

«Si ha una conferma – continua Pagnoncelli – di quello che Papa Francesco ha definito “uno scisma tra l’io e il noi”: perché, di volta in volta, l’orientamento del voto è determinato dall’aspettativa di un miglioramento della propria situazione individuale e familiare, in caso di successo di un dato partito (aspettativa che regolarmente viene poi delusa). Prevale un disinteresse per il bene comune, in antitesi al concetto di “politica come forma più alta di carità” (un’idea particolarmente cara a Paolo VI, ma già presente nel magistero di Pio XI). Insomma, fede e politica sono frammenti in larga misura sconnessi dell’identità individuale».

Verso la Settimana sociale di Trieste

Se c’è una crisi della democrazia anche i cattolici non possono dirsi immuni da quanto sta accadendo. Per questo è ancora più significativo il percorso che porterà alla Settimana sociale dei cattolici in Italia, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. Una settimana che – come suggerisce il titolo – cercherà di portare i cattolici «al cuore della democrazia», rimettendo al centro il tema della partecipazione politica.

In vista di questo importante appuntamento, le pastorali sociali e del lavoro di Modena e Carpi, in collaborazione con il Centro F.L. Ferrari, hanno proposto una serata di dialogo fra il prof. Leonardo Becchetti e il vescovo Erio Castellucci, moderata dal direttore di TRC Ettore Tazzioli.

«Il problema – ha spiegato Becchetti – è che siamo entrati in un’era completamente diversa, quella del digitale. Il mondo sta andando a una velocità incredibile e non ci rendiamo conto di quanto il digitale ha cambiato la persona». Secondo Becchetti la grande offerta di contenuti legata alle nuove tecnologie porta a un calo della partecipazione. Perché uscire la sera, partecipare a riunioni, partecipare a comizi se tutti i contatti posso averli direttamente sul mio smartphone? Per altri versi il digitale crea nuove forme pericolose, perché «sui social l’obiettivo è trasformarti in una bandierina e farti litigare».

Ci sono poi problemi strutturali: «Studi dimostrano che, di fronte alle disuguaglianze, le persone partecipano meno e sono più facilmente preda di complottismo e populismo». Secondo Becchetti è possibile individuare una specie di «partito della paura, quello di chi continuamente specula sulle nostre paure: quella dei migranti, quella della sicurezza, quella della transizione ecologica».

Citando Fratelli tutti, Castellucci ha spiegato che «le forme non istituzionali come il volontariato siano molto importanti ed esprimano le energie più belle. Ma il volontariato non è la forma più piena di partecipazione, è la politica. Parola inquinata ma la partecipazione strutturata e progettuale alla vita di un paese è la forma più alta di carità. Il fatto che sia in crisi interpella la comunità cristiana perché qualche responsabilità ce l’ha anche la Chiesa».

Il vescovo di Modena ha richiamato, implicitamente, le scelte della stagione di Ruini. «Qualche decennio fa, quando sono caduti i partiti cosiddetti ideologici, forse la Chiesa in Italia si è assunta un compito di rappresentanza e quasi di sostituzione troppo diretto. In qualche maniera depotenziando l’iniziativa dei cattolici. Questo ha condotto ad una sorta di delega: quello che dicono i vescovi è la linea. C’è in mezzo una necessità di responsabilizzare i cittadini che probabilmente è stata in parte lasciata cadere». Per Castellucci anche il digitale impone sfide nuove. «Abbiamo l’illusione di essere in contatto con il mondo ma in realtà, si creano delle bolle in cui trovo chi la pensa come me. Ma la democrazia è basata su dialogo, confronto e tentativo di raggiungere un compromesso».

In cerca di possibili soluzioni

Quali soluzioni? «Oggi le risposte politiche ai problemi le abbiamo – ha dichiarato Becchetti – ma per poterle applicare serve un’azione da parte di tutti». Fra queste il dazio etico, per bloccare i prodotti che provengono da Paesi extra-UE, fatti senza rispettare norme ambientali e diritti. Altra questione è la global minimum tax, una tassa minima che impedisce lo spostamento dei profitti nei paradisi fiscali. Su entrambi l’Europa si sta muovendo.

«La Provvidenza scrive sulle righe storte della storia, a un certo punto si mettono in moto meccanismi. Pensiamo alla transizione ecologica, al di là di chi fa propaganda a partire dalla paura: oggi le fonti rinnovabili sono così più convenienti rispetto alle fonti fossili che sarebbe da stupidi continuare con petrolio e carbone». Senza considerare un altro tema, molto caro a Becchetti: il «voto con il portafoglio». I cittadini-consumatori hanno un enorme potere quando acquistano i prodotti e scegliendo quelli più «etici» possono contribuire a un grande cambiamento.

Per Becchetti è necessario mettere in contatto le migliori energie interessate al bene comune, anche non necessariamente cattoliche. Un’idea da cui è nato Piano B, «non un partito ma piuttosto uno spartito», come dicono i promotori del progetto, fra i quali lo stesso Becchetti, Cartabia, Giovannini, Rosina, Magatti e Zamagni.

Da questo progetto è nato un libro (uscito lo scorso febbraio) e un sito internet che vuole raccogliere le esperienze sui territori e aiutare la politica a seguire questi valori. Proprio in questi giorni si terranno importanti presentazioni del libro a Roma e a Milano, ma ne sono già state fissate molte altre in più di una decina di città italiane. Insomma, serve un’alleanza che, dal basso, riporti al centro della politica i temi della generatività, dell’economia sociale di mercato, dell’ecologia integrale.

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Il percorso vedrà inevitabilmente coinvolto anche il mondo cattolico, il quale non può però essere l’unico attore in campo. Un modello da cui partire, secondo il vescovo Castellucci è quello dell’Assemblea costituente. «Se usciti da un ventennio di dittatura ci sono stati uomini e donne capaci in un anno e mezzo di arrivare alla nostra Costituzione, ci sono sicuramente speranze anche oggi. La nostra Costituzione è quasi commovente per come è arrivata a fondere insieme le istanze del cattolicesimo democratico, del mondo socialista-comunista e di quello liberale. Lì c’è stata una convergenza e una capacità di dialogo che ci devono sicuramente ispirare. E anche oggi ci sono tanti germi positivi da cui ripartire».


[1] https://labarcaeilmare.it/persone-e-societa/come-votano-i-cattolici-intervista-a-nando-pagnoncelli/

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