Un cartello di prestigiose istituzioni/associazioni politico-culturali che, sin dalla loro denominazione, in vario modo si ispirano ai padri costituenti e che ricoprono l’intero arco delle culture che hanno forgiato la nostra Costituzione ha stilato un denso documento dal titolo «il/la Presidente della Repubblica che vorremmo» (riportato qui di seguito).
Scopo dichiarato: sottrarsi allo stucchevole chiacchiericcio sul toto nomine e sulle oscure manovre di palazzo che occupano le cronache in vista dell’atteso appuntamento dell’elezione del successore di Mattarella e, piuttosto, stimolare una riflessione sul profilo e sulle caratteristiche di un buon Presidente. Nella convinzione che la sua elezione di secondo grado, cioè affidata alle Camere riunite integrate dai rappresentanti delle Regioni, non impedisce ma anzi suggerisce in positivo di sviluppare, semmai sul profilo di esso, un pubblico confronto, onde evitare che essa sia appannaggio esclusivo del ceto politico.
Con gli anni, abbiamo imparato che trattasi di figura niente affatto notarile e semmai decisiva nel presiedere al sano svolgimento della vita politico-istituzionale; e nel rappresentare al più alto livello le istituzioni repubblicane instillando fiducia in esse in un tempo ahinoi segnato da una frattura tra lo Stato e i cittadini.
Sul secondo mandato
Il documento in oggetto muove dal riconoscimento dei meriti del presidente Mattarella, dal modo esemplare con il quale egli ha svolto il suo alto, difficile mandato in una stagione politica quantomai turbolenta e dunque esprime l’auspicio che il suo successore si situi nel solco da lui tracciato. A ben vedere, nella sostanza, si è trattato e ancora si tratta di assicurare una stretta fedeltà al dettato della Costituzione circa natura e funzioni del capo dello Stato. Senza sbavature, senza deragliamenti, che qualche volta vi sono stati e ancora potrebbero prodursi.
In questa chiave, ci si esprime per la inopportunità di un secondo mandato del medesimo pur apprezzato presidente. Il documento era già stato redatto quando lo stesso Mattarella ha provveduto a ribadire la sua indisponibilità, stroncando così saggiamente pressioni e attese improprie già abbondantemente in atto.
La Costituzione non vieta esplicitamente un secondo mandato, ma essa caldamente lo sconsiglia, pena la torsione verso una sorta di «monarca repubblicano». Essendo il mandato settennale ed essendo inconcepibile un suo rinnovo con scadenza incorporata. Lo si è fatto una sola volta, in circostanze eccezionali, al prezzo di una palese forzatura patita e denunciata dallo stesso Napolitano, e il bilancio non è stato brillante.
Il profilo
Si passano poi in rassegna i compiti dell’inquilino del Quirinale: figura politicamente neutrale, garante della Costituzione, custode dell’unità nazionale, presidio della separazione e dell’equilibrio tra i poteri, difensore dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura afflitta da un vistoso travaglio che potrebbe incoraggiare una spinta alla sua subordinazione al potere politico.
Ancora: un presidente impegnato a contrastare il depotenziamento del Parlamento e a vigilare sul rigoroso ancoraggio all’art. 11 che prescrive da un lato il ripudio della guerra (egli presiede il Consiglio superiore della difesa) e, dall’altro, in positivo, la sovranità condivisa con gli organismi internazionali dediti alla giustizia e alla pace tra le nazioni. A cominciare dalla Ue, della quale l’Italia è paese fondatore.
Nel documento vi è altresì un cenno a una questione quantomai attuale legata, per essere chiari, al nome di Draghi e a un suo eventuale trasferimento da palazzo Chigi al Quirinale. Come è noto, è una delle ipotesi più accreditate. È indubbio che l’uomo ne ha tutti i titoli. Solo si osserva che va preservata la distinzione tra le funzioni chiaramente e nettamente diverse tra il capo dell’esecutivo, titolare dell’indirizzo politico, e il supremo arbitro e garante del sistema politico-istituzionale.
Una precisazione resa necessaria da confuse suggestioni presidenzialiste o «semipresidenzialiste di fatto», esse sì in contrasto con la democrazia parlamentare disegnata dalla nostra Carta fondamentale.
Il testo si chiude con un rilievo solo all’apparenza pleonastico: il Presidente che vorremmo ha da essere una persona perbene, «specchiata» si dice, e una figura che concorra ad unire piuttosto che a dividere un paese già incline ai particolarismi e alle contrapposizioni. Ogni riferimento a qualche vero o presunto candidato – sembra di capire – non è casuale.
Il/la Presidente che vorremmo
Questo documento seguente è sottoscritto da quindici istituzioni e associazioni che si ispirano alle culture politiche dei padri costituenti. Obiettivo: ragionare sul profilo del Presidente della Repubblica; l’opposto dello stucchevole chiacchiericcio sul toto nomi.
Abbiamo apprezzato e apprezziamo il Presidente Mattarella e auspichiamo che chi gli succederà si situi nel solco dell’interpretazione dell’alto mandato da lui offerta. In un tempo contrassegnato da esuberanti fantasie in tema di riforme costituzionali, noi invece ci riconosciamo nel dettato della Carta circa natura e compiti del capo dello Stato, nonché nella modalità della sua elezione affidata al parlamento integrato con i rappresentanti delle Regioni.
Ciò non ci impedisce, anzi, in certo modo, ci incoraggia ad auspicare che la discussione circa non già la concreta persona, bensì il profilo del/della Presidente che a breve succederà a Mattarella non sia esclusivo appannaggio del ceto politico-parlamentare, bensì divenga oggetto di pubblico confronto. Questo, sia perché si tratta della figura istituzionale nella quale sarebbe bene che il paese stesso si riconoscesse sia per il rilievo pratico crescente che essa ha acquisito nel tempo. Una figura niente affatto notarile. Discuterne pubblicamente anche per non rassegnarsi a “derubricare la pratica” consegnandola a logiche minori o strumentali: le convenienze di parte, le ambizioni personali, i giochi di palazzo, le manovre su un’eventuale anticipazione (auspicata o paventata) delle elezioni politiche.
Quali, dunque, il suo profilo e i suoi caratteri?
In estrema sintesi, diremmo così: una persona che fedelmente corrisponda alla funzione assegnatale dalla Costituzione vigente. Non è scontato in una stagione nella quale si evocano confusi modelli gollisti e si teorizza la fungibilità tra ruoli ai vertici dello Stato che vanno invece tenuti nitidamente distinti. Può succedere che vi siano personalità adeguate a esercitare poteri di governo, ma anche, ovviamente in tempi diversi, compiti di garanzia, purché non si appanni la consapevolezza della sostanziale differenza tra le rispettive funzioni.
Proprio l’ancoraggio a ciò che prescrive la Costituzione – la sola Costituzione che vale, quella scritta, contro la fuorviante distinzione tra cosiddetta Costituzione formale e indefinita Costituzione materiale – suggerisce due corollari: l’inopportuna previsione di un secondo mandato al Presidente in scadenza e il rifiuto di malcelate suggestioni presidenzialiste o semipresidenzialiste “di fatto” che, con sorprendente leggerezza, sono state apertamente prospettate persino da esponenti del governo. Nella mens dei costituenti, che pure non hanno formalmente stabilito il divieto di un secondo mandato, la sua durata settennale, a scavalco dei cinque anni delle legislature, sottintende che la regola è quella di un solo mandato. Essa è anche la ratio dell’istituto del semestre bianco. Al riguardo, Mattarella, ribadendo una posizione più volte espressa, ha saggiamente posto fine a pressioni e attese improprie. Né è ancora pensabile, come pure si è fatto, che si possa eleggere un o una Presidente con scadenza di mandato preordinata o addirittura negoziata, diversa dai sette anni stabiliti dalla Costituzione. Sarebbe una impropria menomazione
della sua figura e delle sue prerogative. In ogni caso, fosse anche in presenza di circostanze straordinarie, non è buona norma fare eccezioni ritagliate sulla persona che pro tempore incarna l’istituzione, con il rischio di alterare il profilo oggettivo di quell’alto organo di garanzia che è la Presidenza della Repubblica.
Non è infondata la tesi condensata in un’abusata metafora: quella di un potere presidenziale che, al modo della fisarmonica, si restringe o si dilata a seconda delle circostanze e, segnatamente, del suo rapporto con gli altri poteri dello Stato. E tuttavia esso conosce pur sempre limiti. Del resto, lo stesso Mattarella ebbe modo di rimarcarlo, asserendo che tratto essenziale di uno Stato democratico di diritto è quello per il quale tutti i poteri sono limitati. Compreso, egli ha aggiunto, quelli in capo al Quirinale.
Di qui il profilo del/della Presidente che vorremmo. Una severa, rigorosa figura di garante della Costituzione, a cominciare dal principio della separazione, dell’equilibrio e della leale collaborazione tra i poteri. Un/una presidente che si riconosca nel senso pregnante del principio secondo il quale il lavoro è il fondamento della cittadinanza politica.
Un/una Presidente che assicuri la difesa del principio di legalità, nonché l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, accompagnandola, in questa travagliata fase, nel necessario e urgente processo teso alla sua rigenerazione e al suo riscatto, senza i quali potrebbe lievitare una spinta al suo asservimento.
Un/una Presidente custode e interprete dell’unità e dell’integrità della nazione, che non misconosca le ragioni dell’autonomia delle comunità territoriali, ma evitando contrapposizioni e scontri fra poteri centrali e locali, che abbiamo talvolta scontato dentro il dramma della pandemia.
Un/una Presidente impegnato/a ad assicurare l’unità giuridica ed economica della nazione. Un/una Presidente che si adoperi per correggere le derive da tempo abbondantemente in atto verso un depotenziamento delle prerogative del parlamento e che, di conseguenza, prima, per esempio, di procedere a uno dei suoi atti più qualificanti, come il conferimento dell’incarico per la formazione dei governi, dia corso a effettive consultazioni dei presidenti delle Camere, nonché dei gruppi parlamentari.
Un/una Presidente che si situi nel solco dello storico europeismo del nostro paese, fondatore del processo d’integrazione europea, e dunque impegnato ad assecondarne il percorso teso a coniugare sovranità nazionale e sovranità europea nel quadro di «una unione sempre più stretta», in coerenza con un’interpretazione evolutiva dell’art. 11 della Costituzione.
Un/una Presidente che, a capo del Consiglio superiore della difesa, in conformità al dettato del suddetto art. 11, garantisca il ripudio della guerra e, positivamente, l’impegno per la giustizia e la pace tra le nazioni.
In una parola un/una Presidente non di parte, supremo arbitro della vita politica. Semmai Politico/a con la maiuscola, inteso/a cioè come interprete e attivo/a garante dei superiori interessi del paese. Una figura che unisca il paese anziché dividerlo e che lo rappresenti al meglio presso la comunità internazionale.
Dovrebbe essere superfluo – ma non lo è – aggiungere una sorta di precondizione fondamentale che attenga alla sua concreta persona: l’integrità personale attestata da una biografia specchiata. Come si conviene per chi siamo soliti definire «primo/a cittadino/a», da cui tutti possano, con orgoglio, sentirsi rappresentati e, perché no?, trarre esempio.
Associazione Città dell’uomo, fondata da Giuseppe Lazzati
Agire Politicamente (Roma)
Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi (Torino)
Centro per la Riforma dello Stato (Roma)
Centro Studi Giovanni Marcora (Inveruno – Milano)
Circolo Carlo Rosselli (Milano)
Comitati Dossetti per la Costituzione
Fondazione Achille Grandi (Roma)
Fondazione Lelio e Lisli Basso (Roma)
Fondazione Nilde Iotti (Roma)
Istituto Alcide De Gasperi (Bologna)
Istituto nazionale Ferruccio Parri (Milano)
Istituto Vittorio Bachelet (Roma)
Movimento Europeo Italia (Roma)
Rosa Bianca