Conclusa in Sudan la missione del primo ministro etiope Abyi Ahmed (nella foto) inviato sul posto dall’IGAD, l’autorità intergovernativa degli Stati del Corno d’Africa, per tentare una mediazione tra la giunta militare al potere dopo l’uscita di scena dell’ex presidente Omar al-Bashir e l’Alleanza per la democrazia e la libertà, cartello che riunisce tutti i gruppi di opposizione.
L’IGAD e l’Agenzia Onu per i diritti umani hanno anche incaricato Ahmed di formare una commissione indipendente per indagare sulla repressione che nei giorni scorsi ha fatto almeno 120 morti solo a Khartoum. Il premier è poi ripartito per Addis Abeba. Il compito di Ahmed è arduo.
Non si tratta solo di una mediazione tra opposizione e militari, ma di trovare un punto d’incontro tra le potenze che sostengono l’una e l’altra parte. Cioè trovare il modo di conciliare Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto da una parte, dalla parte dei militari, e Qatar, Turchia, Iran che rovescerebbero il regime al potere, certamente non per metterlo in mano ai dimostranti.
Insomma, una mediazione interverrebbe su una questione enorme, di dimensioni più che regionali, che spacca il mondo arabo ed è responsabile in buona parte di ciò che accade in Libia, in Yemen, anche in Siria.
Poi la mediazione di Ahmed dovrebbe conciliare anche le posizioni interne. Da una parte il regime, militari onnivori che sono al potere da trent’anni, con i loro entourage e le loro famiglie allargate, e una società civile che chiede la fine della sharia e un governo civile autenticamente eletto.
Insomma, due mondi totalmente opposti. Un compito enorme anche per Abiy Ahmed che nel suo Paese è riuscito mettere d’accordo etnie e gruppi di potere radicalmente opposti. Vedremo nelle prossime ore.
Informazione ripresa dalla rivista dei padri bianchi Africa.