Se si voleva conferma della gravità della crisi che ha investito il Csm, l’abbiamo avuta nelle ultime ore, con il maldestro tentativo di gettare un’ombra sul presidente della Repubblica. Secondo un’intercettazione, Luca Lotti, ex ministro e parlamentare Pd avrebbe millantato – il condizionale è d’obbligo – una sponda nel Quirinale nell’influire sulle nomine dei più importanti uffici giudiziari, compreso quello di Roma, ove Lotti è inquisito, e persino nell’interferire su procedimenti giudiziari. Ferma e tempestiva la smentita del Colle.
Teniamoci stretti Mattarella e la terzietà dell’istituzione Presidenza della Repubblica. Intanto, l’uomo. Non mi fa velo la vecchia amicizia che mi lega a lui, né la circostanza del mio piccolo contributo, con il voto in parlamento, alla sua elezione sei anni or sono. Persona limpida e integerrima, che si è impegnata nella politica e nelle istituzioni nel segno della fedeltà al sacrificio del fratello Piersanti ucciso dalla mafia. Custode attivo della Costituzione, nella sua azione di supremo arbitro e garante dell’equilibrio tra i poteri dello Stato. Un equilibrio che si nutre di separazione, ma anche di leale collaborazione tra loro. Nella convinzione, da lui più volte espressa e comunque sempre testimoniata, che caratteristica precipua di uno stato costituzionale di diritto sia il senso del limite da parte di ogni potere. Compreso quello in capo a lui, cioè al Presidente della Repubblica. Su questo punto, più scrupoloso di qualche suo predecessore. Ma – come dicevo – custode attivo della nostra Carta fondamentale, anche nella sua quotidiana… “catechesi repubblicana”.
Catechesi repubblicane
Una catechesi sempre politicamente situata. Mi spiego. Chi segue la cronaca politica non può non avere notato come i suoi moniti, sempre rispettosi dei limiti di cui si diceva, sono tuttavia puntualmente attinenti ai passaggi della vita politica e istituzionale. Una forma di accompagnamento autorevole e, quando necessario, correttivo dei comportamenti non in linea con lo spirito e la lettera della nostra Carta. Un servizio quanto mai prezioso in una stagione nella quale – diciamo la verità – il sistema politico-istituzionale sembra spesso discostarsi dai suoi binari costituzionali.
Solo qualche esempio: un parlamento depotenziato; un governo bicefalo che oscilla tra paralisi e prevaricazioni sulle Camere; un premier decisamente non in condizioni di «dirigere la politica del governo» come prescritto dalla Carta; un risparmio degli italiani (che la Costituzione impegna a tutelare) messo a rischio da una finanza pubblica fuori controllo; un ordine giudiziario nella bufera; un ancoraggio esile e incerto ai nostri obblighi internazionali ed europei, al punto da fare dell’Italia un osservato speciale nella UE.
Nello sbandamento della nostra attuale, indecifrabile politica estera, spesso Mattarella ha rappresentato un punto di riferimento sicuro per i nostri storici partner europei, in surroga o addirittura a rimedio di incidenti e sgarbi inferti ai nostri storici alleati, dalla UE, alla Francia, alla Germania. Come usa dire, una «risorsa reputazionale» ai vertici della Repubblica, un elemento di continuità-stabilità-affidabilità dello stato che deve trascendere l’avvicendarsi delle contingenti maggioranze politiche. Risorsa tanto più preziosa in un tempo politico nel quale, dietro la retorica del cambiamento, talvolta si celano semmai lo sbandamento e persino il deragliamento.
Dicevo: provvidenziale l’interpretazione che Mattarella sta dando della sua alta funzione costituzionale. Ma – è una mia opinione – provvidenziale anche che non sia passata la riforma costituzionale varata dal parlamento precedente, ma poi bocciata dal referendum. Dovrebbero con onestà riconoscerlo anche coloro che l’avevano sostenuta.
Essa, nella sua ispirazione iper-maggioritaria, ulteriormente rafforzata dalla legge elettorale concepita come associata ad essa, conferiva un esorbitante potere alle maggioranze di governo contingenti, al punto da mettere a rischio la terzietà degli organi di garanzia. Compresa la Presidenza della Repubblica.
In un tempo nel quale non possiamo escludere l’avvento di maggioranze politiche illiberali (facciamo che si stia pensando non a noi ma ad altri, a Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca…), teniamoci stretti Mattarella, ma ancor più la terzietà del nostro più alto organo di garanzia.