Domenica, 12 maggio, durante un attacco terroristico contro la chiesa di Dablo, in Burkina Faso, sono stati uccisi, oltre al sacerdote don Siméon Yampa, anche cinque fedeli. A darne la notizia è stato il vescovo di Kaya, Théophile Nare, in un comunicato pervenuto all’Agenzia Fides.
L’assalto – riferisce l’Agenzia (lunedì 13 maggio) – si è verificato tra le 9 e le 10 del mattino, quando i terroristi, giunti a bordo di alcune moto, sono arrivati a Dablo, un villaggio che si trova a 90 km da Kaya, capitale della regione centro-nord, nella provincia di Sanmatenga. Il gruppo armato ha fatto irruzione nella chiesa dove si stava celebrando la messa domenicale, uccidendo cinque fedeli e l’officiante. Prima di fuggire hanno dato alle fiamme il luogo di culto, per poi saccheggiare e incendiare alcuni negozi e il centro sanitario.
Don Siméon Yampa era nato il 19 febbraio 1985 e ordinato sacerdote il 7 luglio 2014 a Kaya. «Era una persona umile – ha detto il vescovo – obbediente e pieno d’amore, amava i suoi parrocchiani, fino al sacrificio finale».
In Burkina Faso – 270.000 kmq di superficie e 19,7 milioni di abitanti – è dal 2015 che si moltiplicano gli attacchi terroristici. Già tre volte nella capitale Ouagadougou sono avvenuti episodi del genere. Sono stati presi di mira soprattutto un hotel, dei ristoranti e anche l’ambasciata francese. Nel nord del paese, ai confini con il Mali e il Niger, si verificano assalti più volte alla settimana contro posti di polizia e di gendarmeria.
Il giorno dopo l’uccisione di don Siméon Yampa, il 13 maggio ha avuto luogo un nuovo attacco contro i cattolici. Come riferisce sempre l’Agenzia Fides, mentre i fedeli stavano riportando in chiesa la statua della Vergine, dopo aver partecipato a una processione mariana dal loro villaggio di Singa, nel comune di Zimtenga (25 km da Kongoussi), nella regione del centro nord del Paese, a quello di Kayon, situato a circa dieci km di distanza, sono stati intercettati da uomini armati che hanno lasciato andare i minori, ma hanno giustiziato quattro adulti e hanno distrutto la statua della Vergine.
Soltanto due settimane prima, il 28 aprile, alla fine della celebrazione liturgica a Silgadji, nella provincia di Soum, a circa 60 chilometri dalla città commerciale di Djibou, nel nord del paese, un pastore protestante era stato assassinato insieme a cinque fedeli. Come a Dablo, anche lì uomini armati hanno attaccato una chiesa e aperto il fuoco durante la liturgia domenicale.
In precedenza, a metà febbraio, un sacerdote spagnolo e quattro doganieri erano stati uccisi in un attacco jihadista nella parte orientale del paese. Intanto, fino ad oggi non si hanno più notizie di don Joël Yougbaré, parroco di Djibo, il sacerdote scomparso nel nord del Paese, domenica 17 marzo.
Il 13 maggio, ai funerali delle vittime di Dablo, mons. Séraphin François Rouamba, arcivescovo di Koupéla e presidente della Conferenza episcopale di Burkina Faso-Niger, ha rivolto un appello alla pace e alla coesistenza pacifica. Alle esequie hanno partecipato cattolici, protestanti, musulmani e rappresentanti delle religioni tradizionali
Tutte queste notizie rivelano che attualmente la Chiesa e tutta la popolazione del Burkina Faso si trova in un contesto di estrema sofferenza. Crescono il terrorismo e l’estremismo religioso, vengono uccisi sacerdoti, rapiti cristiani, non sono risparmiate neanche le chiese che vengono distrutte.
Padre Donald Zagore, della Società per le Missioni Africane, ha dichiarato all’Agenzia Fides: «Avviene ancora una volta che, nel nome di Allah, il misericordioso, si continua a uccidere. La verità però è che Allah non manda nessuno ad uccidere per suo conto. Coloro che uccidono in nome di Allah sono solo criminali che meritano di essere arrestati e giudicati secondo le leggi in vigore».
Il Burkina Faso, fino a non molto fa, era considerato uno dei paesi più tolleranti dal punto di vista religioso, dove convivono pacificamente un 60% circa di musulmani, un 23,2% di cristiani e un 15% di animisti e aderenti a credenze tradizionali.
A turbare questo clima hanno contribuito almeno due fenomeni: anzitutto la vicinanza col Mali, paese diventato un covo di terroristi e dove dal 2012 c’è una situazione di guerra civile; in secondo luogo, il fatto che sono sempre più numerosi i giovani che dal Burkina Faso vanno a studiare nell’Arabia Saudita dove regna il wahabismo che è una forma rigida di islam. Questi giovani tornano poi indietro radicalizzati.
In questo contesto di violenza, dal 13 al 20 maggio, i vescovi delle conferenze episcopali e interterritoriali dell’Africa (RECOWA-CERAO) sono riuniti ad Ouagadougou per la loro terza Assemblea plenaria. «Oggi più che mai, – afferma p. Zagore – la Chiesa dell’Africa occidentale, attraverso i vescovi, vuole mostrare al mondo che i cristiani del Burkina non sono e non saranno mai soli in questa lotta contro l’estremismo religioso. La lotta sarà vinta perché restiamo vivamente consapevoli che il male, qualunque sia il suo contenuto, non avrà l’ultima parola nella nostra vita, Ma non possiamo affrontare questa sfida se i nostri governi non saranno coinvolti in modo concreto ed efficace».
P. Zagore conclude: «È tempo che i nostri governi della regione si uniscano veramente, dispiegando i mezzi necessari per mettere fine a questa tragedia umana. Nell’unità e nella solidarietà supereremo l’estremismo religioso».