Verso le europee: la transizione ecologica e il nucleare

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Dal 2022, l’Unione Europea ha inserito – tra molte contestazioni – l’uranio nella tassonomia dei “combustibili” ammessi per la transizione verde nel nostro continente, mentre il nucleare è prepotentemente tornato nei programmi di diversi partiti in Italia. In vista delle elezioni europee e delle posizioni che i nuovi parlamentari europei saranno chiamati ad esprimere in proposito, ci sembra opportuno porre ancora qualche domanda di approfondimento della materia alla professoressa Margherita Venturi (qui il suo precedente intervento) del Dipartimento di Chimica dell’Università di Bologna, presidente dell’Associazione Energia per l’Italia. L’intervista è a cura di Giordano Cavallari.

  • Professoressa, quali sono le aree geografiche – e quindi i paesi della carta geografica mondiale – da cui si estrae maggiormente l’uranio?

Oltre il 65% dell’uranio viene estratto in Kazakhstan, Australia e Canada. Ma mi concentrerei sul Niger, che è uno dei paesi più poveri al mondo. L’uranio presente nelle sue miniere avrebbe potuto essere una sorta di volano per migliorare la vita dei suoi abitanti, ma non è andata così.

La Francia si è comportata come i grandi colonizzatori di un tempo: ha sfruttato al massimo il paese disinteressandosi delle conseguenze ambientali dovute ad un’estrazione mineraria predatoria, oltre che della salute dei lavoratori. Ha preso solo, senza dare nulla in cambio. E, ora, c’è il rischio che altre potenze, ad esempio la Cina, contribuiscano a impoverire ulteriormente il Niger.

  • I minerali che contengono uranio sono radioattivi, ed è, dunque, pericolosa l’estrazione?

Ovviamente i minerali estratti sono radioattivi, ma più che l’uranio stesso, per i minatori, sono pericolosi i prodotti del suo decadimento, in particolare il radon che è un gas che viene respirato.

  • Quali sono – per sommi capi – i processi che seguono alla estrazione dei minerali contenenti uranio?

I processi sono lunghi e molto impattanti per l’ambiente perché dai vari minerali contenenti uranio occorre ottenere UO2 utilizzando acidi o basi forti (dipende dal minerale); questo ossido, chiamato yellowcake, viene poi usato nel processo di arricchimento.

  • Cosa si intende per arricchimento dell’uranio

L’uranio naturale contiene prevalentemente l’isotopo 238, mentre solo lo 0,7% dell’isotopo 235 che è l’unico fissile; occorre, quindi, “arricchire” l’uranio aumentando la percentuale dell’isotopo 235, almeno fino al 3%: cosa che si fa appunto nel processo di arricchimento.

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  • In genere, le lavorazioni avvengono negli stessi paesi in cui si estrae o nei paesi importatori/fruitori?

La maggior parte dei paesi fruitori dell’uranio quale combustibile per le centrali nucleari compra uranio già pronto per alimentare gli impianti; la preparazione del combustibile avviene praticamente in un solo paese: la Russia.

  • Quali sono le principali compagnie che controllano il mercato mondiale?

Ancora oggi a dominare il mercato è la Rosatom, un’agenzia pubblica, appunto, russa, che fornisce le barre di combustibile praticamente a tutti i paesi “nuclearizzati”: Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.

Un’altra agenzia importante che produce combustibile è la Kazatomprom della Repubblica del Kazakhstan.

  • Chi lavora per le centrali nucleari francesi, le più numerose?

Il nucleare francese è praticamente in mano a Orano (ex Areva), una multinazionale francese che si interessa di tutto il ciclo di produzione del combustibile per le centrali, ricordando che l’uranio di partenza viene importato per ben il 15% dal Niger.

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  • L’impatto ambientale – e sulla salute – della estrazione, lavorazione e impiego dell’uranio chi lo paga maggiormente?

L’impatto ambientale viene pagato principalmente dai paesi in cui l’uranio viene estratto, processo che ha inoltre pesanti ricadute di tipo sanitario per i minatori, come accennato. Anche il processo di arricchimento, che usa prodotti radioattivi e fluoro (tossico e corrosivo), ha impatti dal punto di vista ambientale e sulla salute dei lavoratori, ma molto meno rispetto all’estrazione mineraria, perché avviene in impianti più controllati dal punto di vista della sicurezza.

  • È conveniente produrre energia dall’uranio in Europa?

Lasciando perdere l’Italia, che non ha più competenze per costruire e gestire centrali nucleari – e non ha neppure l’uranio – in Europa chi si affida pesantemente al nucleare è la Francia (anche se ultimamente con grosse difficoltà) che vende sottocosto la sua energia quando non serve (cioè di notte). Dall’Italia, per esempio, compriamo dalla Francia elettricità “nucleare” per circa il 6% del nostro fabbisogno: ma è una scelta soprattutto politica, poiché non ne avremmo assolutamente necessità, visto che i nostri impianti termoelettrici stanno funzionando in media al 25% delle potenzialità.

Teniamo presente che un impianto nucleare non è una “macchina” che si possa mettere da qualche parte, attaccare la spina e poi dimenticarsene. Una volta che si trovi nella nostra casa, si è costretti a decenni di manutenzioni con la gestione, insieme ad altri decenni di smantellamento e di bonifica del sito, con tutti i problemi politici, strategici e, soprattutto, economici associati. Tutto ciò è ignorato nell’attuale dibattito, che è di una superficialità impressionante.

  • Qual è il rapporto tra nucleare civile e militare?

Tutto è legato alla percentuale di isotopo 235 dell’uranio. Per le centrali nucleari, come detto, ne basta una percentuale che si aggira attorno al 3% (ma dipende dal tipo di centrale), mentre per produrre armi potenti tale percentuale deve superare anche il 90%.

Tutto ciò si fa negli impianti di arricchimento che possono facilmente diventare, da impianti per uso civile, impianti per uso militare, a seconda del livello di arricchimento. La commistione fra civile e militare può darsi anche nel processo di riciclo delle barre di combustibile esausto.

Ricordo, poi, che le centrali nucleari sono punti sensibili in caso di attacchi militari, come ben dimostra l’esempio della centrale di Zaporizhzhia, in Ucraina, bersagliata in vari modi negli ultimi due anni. La IAEA (International Atomic Energy Agency) ha dichiarato con grande preoccupazione: «per fortuna, non è ancora successo niente di grave, ma se gli attacchi diventassero “più mirati” le conseguenze potrebbero essere drammatiche per tutti».

  • Quindi, le maggiori potenze nucleari civili lo sono anche dal punto di vista militare?

È proprio così: chi ha centrali nucleari ha anche la possibilità di creare armi nucleari. Questo è il motivo per cui la IAEA ha, di per sé, la facoltà di non dare il permesso di costruire centrali nucleari nei paesi politicamente più “instabili”.

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