Chi vincerà la Guerra civile americana

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Attentato a Donald Trump: spari durante un comizio in Pennsylvania (AP Photo/Evan Vucci)

In queste ore sembra esserci soltanto una certezza nei primi commenti: l’attentato che Donald Trump ha subito in Pennsylvania, nella contea di Butler, gli agevolerà il ritorno alla Casa Bianca a novembre.

Da un lato c’è un candidato-martire, contro il quale non si potrà più usare la retorica del pericolo pubblico, dall’altro un anziano signore 81enne che cerca ogni giorno di convincere i suoi sostenitori di essere ancora capace di intendere e di volere. A leggere i social e i giornali italiani, le elezioni presidenziali 2024 sembrano già decise. Vincerà Trump.

Può essere che sia così, ma ci sono anche molte ragioni per credere che l’esito non sia così ovvio.

L’attentato a Donald Trump ha chiarito la natura di questa campagna elettorale e della contesa politica tra il trumpismo e gli altri, almeno dal 6 gennaio 2021, con l’assalto al Campidoglio: è una Guerra civile a bassa intensità con occasionali fiammate di violenza.

Donald Trump non è un candidato normale, è un golpista che legittima la violenza come strumento di lotta politica. E lo fa da anni.

Trump ha prima indicato i bersagli dell’odio, e quando i suoi sostenitori sono passati all’azione li ha di fatto legittimati, minimizzando, scherzando durante i suoi comizi: lo ha fatto quando ha parlato dei pazzi Wolverine Watchmen che volevano rapire nel 2020 la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, e quando ha commentato l’intrusione nella casa della speaker Democratica Nancy Pelosi, finita con le martellate di un certo David De Pape al marito Paul nel 2022.

L’ex segretario alla Difesa Mike Esper ha raccontato in un libro che Trump si era informato se era possibile sparare ai manifestanti di Black Lives Matter, un’intenzione confermata dal famoso tweet con l’espressione «when the looting starts, the shooting starts»: se partono i saccheggi, partono gli spari.

Una citazione dal 1967 e dalla repressione violenta da parte della polizia di Miami contro gli afroamericani che voleva indicare un sostanziale via libera alle forze dell’ordine nel reprimere in ogni modo le proteste per la morte di George Floyd, ucciso dai poliziotti di Minneapolis.

Durante i convulsi fatti del 6 gennaio 2021, con il tentato colpo di Stato dei sostenitori di Trump per ribaltare l’elezione che aveva perso, l’allora presidente in carica avrebbe espresso sostegno al suo popolo che voleva – nientemeno – impiccare il vice presidente Mike Pence. La colpa di Pence era di aver invece legittimato la vittoria di Joe Biden, mentre ancora Trump cercava di truccare il voto, per esempio in Georgia.

Questa è la politica di Donald Trump, un criminale condannato che ha ottenuto anche una sostanziale immunità per quello che ha fatto mentre era alla Casa Bianca e per quello che minaccia di fare quando ci tornerà grazie ai giudici iper-conservatori che ha nominato alla Corte Suprema.

La campagna elettorale 2024 non è un reality show che Trump può vincere grazie alla popolarità che l’attentato gli regala.

È una Guerra civile a bassa intensità che diventa violenta. E quando c’è la Guerra civile, muoiono anche gli innocenti, come il partecipante al comizio a Butler colpito da uno dei proiettili sparati da Thomas Matthew Crooks. La violenza di Trump genera violenza, e di violenza si muore.

I più cinici tra gli americani, specie tra i miliardari come Bill Hackman o il banchiere Jamie Dimon che sono disposti a tollerare l’attacco alla democrazia in cambio di tagli fiscali e sostegni vari, sono davvero disposti a rischiare la propria incolumità con Trump alla Casa Bianca?

Dopo la violenza, sia Biden che Kamala Harris hanno risposto in modo chiaro: hanno detto di pregare per Trump, e hanno chiarito che «non c’è spazio per la violenza in questo Paese». Hanno anche annunciato la sospensione degli annunci pubblicitari in televisione, come segno di rispetto.

J.D. Vance, il senatore dell’Ohio autore del bestseller Elegia Americana, ideologo del nuovo trumpismo e possibile vicepresidente, ha detto che l’attentato è colpa di Biden: «La premessa della campagna di Biden è che Trump è un fascista autoritario che va fermato a tutti i costi. Questa retorica ha portato direttamente al tentato assassinio di Trump».

È la diagnosi della Guerra civile e una minaccia: se Biden è il mandante dell’attentato, andrà trattato come tale.

Forse Trump avrà un aiuto nei sondaggi dopo l’attentato, che genera sicuramente empatia (anche se commesso con un’arma d’assalto acquistabile per l’instancabile azione di lobby pro-armi dei Repubblicani).

Ma da qui a novembre è lunga.

E a questo punto la vera domanda al centro delle presidenziali 2024 diventa: chi volete che abbia il controllo dell’esercito e il monopolio legittimo della forza che è proprio di ogni Stato? Preferite che sia Biden o chi per lui a cercare di contenere il caos che seguirà il voto, o volete che Trump abbia pieno mandato di vendicarsi?

Se la domanda al centro delle elezioni diventa questa e non «pensi che Biden sia rincoglionito?», allora anche l’esito del voto potrebbe essere meno scontato di come viene raccontato in queste ore.

  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 14 luglio 2024

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3 Commenti

  1. Gian Piero 15 luglio 2024
    • anima errante 16 luglio 2024
  2. Orso Garibozzi 14 luglio 2024

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